Ha fatto
pensare, forse persino sorridere, il caso di doping del campione di curling
russo Alexander Krushelnytsky, medaglia di bronzo nella specialità mista (vinto
insieme alla moglie Anastasia Bryzgalova) ai Giochi Olimpici in corso in Corea
del Sud.
Mauro Berruto, 21 febbraio 2018
Viene da chiedersi se davvero non esista più limite alla frontiera del
doping o che cosa ci possa essere dietro a questa vicenda, se così non fosse.
Sta di fatto che, ancora una volta, se pensiamo che questa sia una
degenerazione dei nostri tempi, sbagliamo mira. Lo sport non è un mondo
perfetto e, soprattutto, non lo è mai stato. Due storie che arrivano
dall'antichità ci costringono a fare i conti con una ricerca dei... pionieri
dell'intrallazzo!
La prima,
tanto per partire con un vip, riguarda l'Imperatore Nerone. Il suo essere stato
un po' prepotente ce lo conferma anche la storia dei Giochi Olimpici antichi,
la cui 211° edizione, che avrebbe dovuto svolgersi nel 65 d.C., venne rinviata
di due anni per ordine del despota romano. Nerone aveva infatti espresso il
desiderio di parteciparvi, ma impegnato in altre "faccende" cambiò idea.
Pare che giunto a Benevento decise di tornare indietro per ragioni che
rimangono ancora oscure e che si suppone abbiano a che fare con una sorta di
malcontento che serpeggiava negli ambienti vicini al Senato. Chissà, forse non
si sentiva ancora pronto, nonostante si fosse a lungo allenato a Roma, dove
aveva fatto costruire un meraviglioso ginnasio e aveva istituito, sin dal 60
d.C. un appuntamento sportivo e artistico che, con scarsa modestia, aveva
denominato "Neronia".
In ogni caso
tornò indietro, convinse (decisione senza precedenti) un'organizzazione
compiacente a spostare i Giochi al 67 d.C. (che ne approfittò persino per
costruire, a Olimpia, un arco di trionfo e una residenza su misura per
l'Imperatore, abbattendo un padiglione riservato ai giudici: una specie di
villaggio olimpico ad personam, diciamo così).
Nel 67 d.C.
Nerone si presentò puntuale, placando la sua vorace fame di vittorie. Spopolò
aggiudicandosi nientemeno che sei allori olimpici. Fu primo, infatti, nella
quadriga, nella quadriga dei puledri, nel tiro a dieci dei puledri, nella gara
degli araldi, nella prova dei tragedi (i compositori delle tragedie, appunto) e
nella competizione dei citaredi (i suonatori della cetra, successo che suona un
po' sinistro se pensiamo all'incendio di Roma di tre anni prima dove, si dice,
l'Imperatore suonasse proprio quello strumento, ammirando le fiamme che
divoravano la città eterna). Se state paragonando Nerone a Mark Spitz, Michael
Phelps o Usain Bolt, per correttezza di informazione devo riportare che tre gare
furono create su misura per lui e che, pare, durante una delle corse di
cavalli, caduto dal cocchio, fosse atteso da tutti i suoi avversari, divisi fra
il fair play e qualche preoccupazione in caso di un'eventuale sconfitta del
loro potente avversario. Qualcuno, insomma, espresse qualche dubbio sulla
legittimità di quelle vittorie e gli Elei si rifiutarono di enumerare le
Olimpiadi del 67 d.C. nelle liste ufficiali.
Se nel caso
di Nerone nessuno ebbe a ridire apertamente, almeno nell'immediato, un vero caso
di corruzione venne denunciato, tra l'indignazione generale, alla 98ª
Olimpiade. Colui che ce ne parla è un reporter di eccezione: niente di meno che
Pausania nella sua Periegesi della Grecia. Protagonista dell'episodio, che
venne definito "disgustoso", fu Eupolos di Tessaglia che conquistò il
titolo nel pugilato dopo aver pagato tre avversari, tra i quali il vincitore
delle Olimpiadi precedenti. I giudici, avuta la prova certa del misfatto,
inflissero a Eupolos (e anche ai suoi tre compari) una multa salatissima, il
cui importo fu impiegato per erigere simulacri di Zeus. L'episodio dimostrò
come, dalla fame di potere e imperitura gloria, si stava scivolando verso una
più disincantata valutazione economica del successo. I vincitori, infatti, non
si arricchivano a Olimpia, dove non esistevano premi in denaro, ma il successo
nella manifestazione più importante faceva salire i prezzi d'ingaggio in altre
gare.
Un'iscrizione
dell'Asia Minore testimonia che, nel II secolo d.C. una stella dell'atletica
guadagnava, in una sola gara, quanto lo stipendio che un legionario avrebbe
accumulato in cento anni di servizio. In sostanza, che cosa non si sarebbe
fatto (e ancora non si farebbe) per una corona di ulivo!
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