La nave Saipem (foto dal web)
La Turchia, oltre a
bombardare le truppe di Assad in Siria, ha deciso di bloccare per altri dieci
giorni la nave Saipem 12000 a largo di Cipro.
GIULIO SAPELLI 21 FEBBRAIO 2018
La questione
cipriota è ritornata alla luce dopo troppo tempo in cui è rimasta, silente, a
minacciare un plesso geostrategico di enorme importanza. Nel triangolo
turco-greco-cipriota si incrociano le sorti tanto delle nuove risorse
energetiche mediterranee destinate a ridisegnare i rapporti di potenza tra
Russia ed Europa, con l'Orso che perde gran parte del suo potere di
negoziazione rispetto all'Europa del Sud, quanto della sicurezza atlantica ed
europea con il declino della capacità compulsiva della Nato che dimostra di non
saper più controllare uno dei suoi storici componenti al confine tra Europa del
Sud e Heartland con tutte le conseguenze immense che ne debbono scaturire.
E infine la
crisi cipriota insegna che i tempi storici sono diversi, ossia che il tempo
ancora non è giunto per la cosiddetta difesa europea: l'esercito franco-tedesco
a integrazione italiana è in ritardo rispetto al tempo dello spirito assoluto,
servirebbe oggi ma non c'è e quindi il destino europeo possibile - ossia di
governare l'imbocco della via per controllare l'Heartland - non può inverarsi
con conseguenze esiziali per la riproducibilità del sistema tecnocratico e
funzionale europeo e con conseguente aggravio dei fattori di rischio e di crisi
prossima. I nodi vengono al pettine.
L'indipendenza
di Cipro fu conquistata armi alla mano dagli insorti greci e dal loro capo
politico fine diplomatico, l'Arcivescovo Makarios, ortodosso e nazionalista
come tutto il clero ortodosso, con il Trattato di Zurigo del 19 febbraio 1959.
Un Trattato di Alleanza e un Trattato di Garanzia consegnavano il futuro della
Repubblica di Cipro a quello delle potenze protettrici, ossia a Regno Unito,
Grecia e Turchia. Senza il loro consenso, non sarebbe stato possibile riformare
la Costituzione o cambiare la natura dello Stato, e ovviamente non sarebbe
stata possibile la énosis, ossia la riunificazione di Cipro alla Grecia, ch'era
l' obbiettivo degli insorti. Una vittoria dimidiata, dunque.
Nel 1961 la
Repubblica di Cipro entrò nel Commonwealth, così da ben definire chi comandava
nell'isola e non solo per le basi militari del Regno Unito che ancora fanno
bella mostra di sé ad Akrotiri e Dhekelia (256 km² in tutto), vicine a Larnaca
e a Limassol, in funzione di controllo sul Medio Oriente e il confine
meridionale dell'Unione Sovietica, mentre sul Monte Olimpo e i principali capi
dell'isola furono e sono riservati a uso militare, punteggiati di antenne
anglo-americane. Di qui un insanabile conflitto permanente con la Turchia che
già si era vista sottrarre in quel plesso di terre e di mari l'isola di Creta
allorché nel 1898 essa si unì alla Grecia.
Questo fu
forse l'unico rilevante risultato raggiunto dal Regno Unito in un Mediterraneo
che aveva visto per secoli il suo ruolo egemonico, in conflitto con i francesi,
certo, ma sicuramente in funzione egemonica nel Golfo e nelle terre
mesopotamiche, dalla cui sfera di influenza si ritirò non a caso proprio nel
1963, con conseguenze di una tale gravità che solo oggi possiamo misurare,
perché di fatto quel ruolo di civilizzazione e di istituzionalizzazione non è
mai stato più ricoperto da nessuno, tanto meno dagli Usa e dall'Urss e oggi
dalla Russia.
Cipro fu
tuttavia territorialmente divisa solo nel 1974, quando la Guardia nazionale
cipriota e la giunta militare al governo in Grecia - il "regime dei
colonnelli" - organizzarono un colpo di stato. Il presidente cipriota,
l'Arcivescovo Makarios, fu deposto. In risposta al colpo di stato, il 20 luglio
1974 la Turchia invase Cipro occupandone il nord e insediandone guarnigioni
militari che non fece altro che via via incrementare sino ai 50.000 uomini
attuali. Nel 1983 fu proclamata la Repubblica Turca di Cipro, riconosciuta solo
dalla Turchia; la Repubblica Greca di Cipro, di contro, è riconosciuta da tutti
gli stati che siedono all'Onu tranne che dalla Turchia e dal maggio 2004 fa
parte dell'Unione europea. Nel dicembre 2002, infatti, l'Ue invitò formalmente
Cipro ad aderire all'Ue, insistendo che la partecipazione si sarebbe certo
applicata all'isola intera, sperando che ciò fornisse un incentivo
significativo per la riunificazione. Ma l'Europa sbagliava clamorosamente
disvelando di non conoscere a fondo la situazione cipriota.
Un piano
delle Nazioni Unite promosso dal segretario generale Kofi Annan, fu sottoposto
a entrambe le comunità in referendum separati il 24 aprile 2004. Furono proprio
i greci a respingere il progetto di unificazione, mentre la comunità turca vi
aderiva invece calorosamente riconoscendo in esso una prospettiva di
riappacificazione con l'Europa e la cancellazione delle polemiche che s'erano scatenate
in Germania e in Francia determinando l'ostilità generale dell'opinione
pubblica europea contro la Turchia e la sua intransigente posizione
storicamente contraria alla riunificazione di Cipro. La motivazione
preponderante contro l'unificazione - addotta da parte greca - fu quella che il
programma di Annan non prevedeva né il ritorno di tutti i rifugiati
greco-ciprioti nelle loro case, né il rinvio in Turchia di tutti i coloni
turchi, né il ritiro di tutte le truppe turche di occupazione, né la smilitarizzazione
dell'isola.
Nel valutare
il risultato è anche interessante notare che mentre ai coloni turchi (che
compongono la maggior parte degli abitanti del nord occupato) fu permesso
votare, i rifugiati che erano fuggiti da Cipro per i disordini violentissimi
non ne ebbero il diritto in un referendum che infine avrebbe determinato il
loro futuro (il loro diritto di ritornare in possesso delle loro proprietà).
Nel maggio 2004, Cipro è entrata nell'Ue, anche se in pratica ciò si applica
soltanto alla parte del sud dell'isola. Nel riconoscimento del sostegno della
Comunità cipriota turca alla riunificazione, l'Ue aveva indicato chiaramente
che concessioni commerciali sarebbero state raggiunte per stimolare lo sviluppo
economico nel nord e che sarebbe rimasto l'impegno a una riunificazione in
termini accettabili.
Finora i
negoziati per la riunificazione di Cipro sono sempre falliti. La Turchia
rivendica tra l'altro il controllo su una parte della Zona economica esclusiva
attorno alle coste, compreso il blocco sorto in questi giorni agli altari della
notorietà e in cui l'Eni dovrebbe condurre le esplorazioni. Gli interessi sono
moltissimi, visto che la zona è ricca di giacimenti. La Zona economica
esclusiva è un'area del mare in cui uno Stato ha diritti sovrani per la
gestione delle risorse naturali e in cui ha giurisdizione in materia di ricerca
scientifica. Ma la situazione attuale dimostra che, come fu sempre nei momenti
topici della storia cipriota del secondo dopoguerra, decisiva è l'egemonia
degli Usa nel Mediterraneo. Essa un tempo, dopo il declino del Regno Unito, non
soffriva di sbavature o veniva messa in discussione, come oggi invece accade
con una non completa integrazione militare tra l'Europa alla ricerca di una sua
identità delle armi e una grande nazione come gli Usa alla ricerca di una
stabilità politica interna che non ne faccia diminuire il potere di ordinamento
gerarchico dell'ordine internazionale.
Questo
potere di ordinamento gerarchico internazionale è importantissimo in zone ad
altissima frammentazione com'è sempre stata la via di accesso all'Heartland,
ossia il Nord Africa e il plesso di potenze regionali mesopotamiche oggi
distrutto e dall'incerta ricostruzione e dove la Turchia ha costruito un
potenziale egemonico neo-ottomano che è costituzionalmente distruttivo del
sistema di pesi e di rilevanze in un complesso di nazioni e di stati che oggi -
per le guerre nordamericane (ossia promosse dagli Usa) - distruttrici delle
vertebre dell'ordine - ossia eserciti e polizie - sono state tremendamente
de-istituzionalizzate
In questo
orizzonte le questioni energetiche e non solo quella off-shore mediterranea
sono ridivenute centrali. Ma esse necessitano della riscrittura dell'ordine di
gerarchia nella zona. E questo può solo essere fatto con l' accordo tra Usa e
Russia. Tutta la storia di Cipro dimostra questo mio assunto. Tutto il resto
sono piume che volteggiano nell'aria.
Terminato
che fu il riparo che l'ombrello americano offriva dai fuochi accecanti e perso
il contatto tra Turchia e Nato dopo il tentativo di colpo di Stato - che Ankara
sospetta sia stato alimentato dagli Stati Uniti - tutto l'ordine politico è
imploso. La Russia è stabilizzante per un verso, ma per un altro verso è
destabilizzante. Tutto tornerebbe in equilibrio se americani e russi
decidessero di lavorare insieme. Potrebbero convincere i turchi ad abbassare i
toni e Netanyahu ad avere atteggiamenti comunque attenti vista la presenza
sempre minacciosa dell'Iran. Mentre lo sfruttamento dei giacimenti potrebbe
essere fatto in modo congiunto facendo intervenire non solo compagnie già
esistenti - Eni, Total e russi -, ma anche coinvolgendo interessi israeliani,
turchi e libanesi. Le soluzioni sono quelle che ci insegna la grande
contrattualistica del petrolio e del gas: quando non si trova un accordo a somma zero occorre trovare un
accordo a somma multipla in cui lavorando insieme tutti guadagnano qualcosa.
Quello che
invece suona terribile è il silenzio dell'Europa. La Farnesina ha preso una
posizione troppo debole: Gentiloni incontra Erdogan e dopo poco quest'ultimo dà
ordine di fermare con delle navi militari la Saipem 12000 che è una nave
italiana. Incredibile, nessuno può credere alla casualità dell'evento.
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