La tecnica
di pesca è rimasta uguale e la qualità del pesce è speciale grazie ai metodi di
salagione.
Gabriele
Villa - 09/02/2018
«Siamo
rimasti pochissimi, una quindicina in tutto il Cilento, e se a Roma, al
ministero, i nostri politici continueranno a non capire che la nostra è la vera
pesca sostenibile e a perseguitarci con balzelli burocratici assurdi, per noi
sarà il disastro».
Vittorio
Rambaldo, 56 anni è una sorta di baluardo. La bandiera della resistenza alle
ottusità e alle difficoltà che da sempre sventola tra le onde di quel magico
tratto di mare che si affaccia davanti a Marina di Pisciotta, in provincia di
Salerno.
Fa il
pescatore, Vittorio, e con la moglie Donatella Marino e la figlia Serena ha
aperto nel 2001 un piccolo laboratorio per far conoscere le sue vere alici di
menaica diventando così il presidio slow food che fa gola all'Europa. Certo
bisognerebbe scoprire prima di tutto che cosa significa menaica. «Si chiamava
originariamente menaide quella barca - ci spiega Rambaldo - che in passato
solcava il Mediterraneo nei mesi primaverili, a pesca di alici. Montava appunto
la menaica, una rete a maglia unica tramandata fin dai tempi dell'antica
Grecia, che pian piano ha finito con l'identificare la barca stessa. Dopo aver
servito generazioni di pescatori per secoli, qualche decennio fa, la menaica
(tanto la barca quanto la rete) è stata semi abbandonata ma noi qui a Marina di
Pisciotta resistiamo. Dobbiamo resistere». Veniamo quindi ai vostri primi passi
«Nel 2001, per dare il via a un esperimento, ne abbiamo salate all'incirca 100
chili e cominciato la diffusione informativa di Slow Food sul prodotto e sulla
pesca. L'anno dopo abbiamo deciso di partecipare al primo Salone del Gusto di
Torino e, di conseguenza, anche al primo laboratorio del gusto. In questa prima
occasione di confronto con altri produttori mondiali di alici sotto sale, le
nostre alici di menaica si sono di fatto presentate al grande pubblico di
esperti degustatori rivelando le loro eccezionali qualità. Ed è proprio sulla
scia di quel primo successo che il nostro laboratorio è diventato una realtá.
Nel 2010, con l'impegno di medici veterinari e la collaborazione dell'Istituto
Zooprofilattico Sperimentale del Mezzogiorno, abbiamo varato uno studio sulle
alici di menaica che le monitora e le analizza dal momento della pesca fino ad
una stagionatura di 13 mesi.
Dalle
analisi che, mese dopo mese, vengono eseguite, i veterinari hanno appurato che
fino a 13 mesi di salagione le alici mantengono tutte le qualità organolettiche
che risultano al momento della pesca. Tutto ciò perché l'assenza di sangue nei
tessuti delle alici impedisce quella produzione di ossido che si avrebbe a
contatto con il sale. Quindi le alici di menaica sono un prodotto unico nel
loro genere».
Uniche?
«Esattamente, le alici di menaica diventano tali solo sotto sale e non potranno
mai avere un sapore amaro, né contenere istamina, fonte di mille allergie e,
peggio, di intossicazioni, perché al momento della pesca vengono private del
sangue». Vorremmo cercare di capirne ancor più senza però entrare in un film
dell'orrore, per favore. «No nessun film dell'orrore ma solo un metodo di pesca
che si tramanda da secoli, che hanno portato qui i greci e che si prende cura
della salute del consumatore. In buona sostanza le alici appena pescate vengono
scapate, cioè viene loro tolta le testa in modo che tutto il sangue fuoriesca e
così, appena portate a riva, le nostre donne in laboratorio possono cominciare
a lavorarle finendo la pulizia e a provvederne alla salagione. Dopodiché
possono essere confezionate e spedite. Il loro sapore sarà delicatissimo, le
loro proprietà inalterate, la salute del consumatore tutelata al meglio con un
prodotto genuino» E la sostenibilità che caratterizza la loro pesca dove
starebbe? «Gliela spiego subito: le alici di menaica si pescano in aprile,
maggio e giugno, quindi solo per tre mesi, quando, tre,quattro miglia al largo
del nostro mare, salgono in superficie a mangiare il plancton. Noi buttiamo le
reti appena individuiamo il branco ma, al contrario di ciò che fanno i
pescatori delle barche grandi che accerchiano l'intero branco e fanno quindi
pesca di circuizione, noi andiamo a pescare solo il 10-15 per cento del branco
e non andiamo a distruggere il patrimonio ittico. Peschiamo solo le alici più
grandi, infatti e le nostre reti sono fatte in modo che i buchi piccoli siano
sufficientemente larghi perché le alici più piccole possano uscire
tranquillamente. I nostri avi ci hanno tramandato anche questa forma di
rispetto verso il mare».
Pesca
limitata a tre mesi, piccole quantità, sono pochissime quindi le alici di
menaica che finiscono, quindi, nelle vostre reti. «In effetti i numeri non sono
certo da capogiro ma il rispetto dei requisiti che ho esposto prima diventa per
noi fondamentale. Tanto per darle un'idea nelle più fortunate notti, che sono
rarissime, possiamo pescarne anche 100-150 chili, ma in media siamo sui 30-40 chili
e ci sono anche uscite molto misere con una pesca anche solo di un chilo».
Scusi ma adesso che non pesca alici che cosa fa? «Continuo a pescare, ovvio,
per esempio, in questo periodo i merluzzi, e poi do una mano in laboratorio
nell'approvvigionamento del pesce perché con la modesta quantità di alici di
menaica non riusciremmo ad andare avanti quindi prepariamo anche alici marinate
e tonno sott'olio».
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