Τρίτη 13 Φεβρουαρίου 2018

L’esempio di Alekos, eroe moderno

Αποτέλεσμα εικόνας για Prigionia di Alekos

Al Niccolini di Firenze in prima nazionale la prigionia e la lotta di Panagulis contro la Grecia dei colonnelli 50 anni fa. 

DI MARCELLO LAZZERINI, 13 FEBBRAIO 2018

E’ Carnevale ma dallo storico teatro Niccolini di Firenze ci dicono che di questi tempi c’è ben poco da ridere e da scherzare. Semmai da riflettere su un passato che sembrava lontano anni luce e sul presente, carico di oscuri presagi, di terribili ombre mai del tutto scomparse. Dunque riflettere, come e su che cosa?  Sulla vicenda di un eroe forse dimenticato: Alexandros Panagulis, che condusse una lotta impari contro la dittatura dei colonnelli nella Grecia degli Anni Settanta, al quale Oriana Fallaci dedicò uno dei suoi libri più intensi: Un uomo. Ebbene, alla , è dedicata questa opera di Sergio Casesi, vincitore del Premio Pergola per la nuova drammaturgia, in prima nazionale dal 10 al 18 febbraio, per la regia di Giancarlo Cauteruccio.  “Quell’Uomo”, mi dice  Sergio Casesi  l’autore del testo, un giovane drammaturgo milanese, “era l’incarnazione dell’Eroe. Ed essendo il tema del concorso l’eroe, è stato naturale che proprio a lui mi sia ispirato  per questo lavoro. La coincidenza vuole che questo mio lavoro cada in un periodo in cui si celebrano i 50 anni del’ 68, ma non è una coincidenza che questo spettacolo nasca in un momento nel quale i rigurgiti fascisti pericolosamente si palesano”.

Αποτέλεσμα εικόνας για Panagoulis

Che idea si è fatto di Alekos?  “L’ho sempre considerato l’emblema dell’eroe moderno che si batte con le armi della fantasia e dell’immaginazione, per sopravvivere alle torture ed al carcere duro, in totale isolamento.  Qui non ho voluto raccontare solo la storia in sé, ma la  potente capacità di Alekos di  riuscire a sottrarsi all’orrore, usando le sue straordinarie ‘armi’: la creatività, la scrittura, il disegno immaginifico. È infatti con queste armi che Alekos riesce a liberarsi dalle pareti della ‘tomba’ e a inceppare il sistema della dittatura”. Contagiato dall’entusiasmo di Sergio  per la figura di  Alekos Panagulis,  gli racconto di averlo conosciuto: erano a passeggio lui a la Fallaci in piazza Duomo a Firenze, quando con il collega  Giovanni Errera (prematuramente scomparso)  li incontrammo. Lei ci presentò il suo Uomo.  Minuto, gentile, affabile. Poche parole di circostanza poi i due se ne andarono abbracciati e felici. Non pensammo allora che quella intensa storia d’amore avrebbe avuto un seguito doloroso (la perdita di un figlio da parte di  lei per una lite tra i due) ed un finale tragico per lui, dopo il  suo ritorno in Grecia, da cui se ne era fuggito proprio  insieme ad Oriana: ucciso in un incidente d’auto. Un vero e ben organizzato attentato. L’assassinio di un uomo libero e creativo, un eroe dei tempi moderni.

Questo lavoro di Casesi non vuole essere soltanto la rappresentazione di una vicenda crudele del nostro tempo, che altrove si è ripetuta sotto varie latitudini, ma un’opera di fantasia, di immaginazione tant’è che accanto alle figure reali di quella drammatica pagina di storia, vi sono tre figure di fantasia, la più importante delle quali è uno scarafaggio, che diviene l’amico di Alekos: ‘Ho idea che diventeremo grandi amici, ti chiamerò Dalì, hai proprio i  baffi di Dalì’, gli dice Alekos. Oltre all’uomo/scarafaggio, amico fedele, la cui presenza rimanda a Kafka, le altre figure di fantasia sono un indovino cieco, un moderno Tiresia stanco e deluso e poi i carcerieri fino a Caronte. La metamorfosi che qui si celebra è quella di un ribelle arrestato torturato e segregato in un loculo sottoterra e al buio, che con la poesia e la creatività, riuscirà a sconfiggere la dittatura dei colonnelli, suscitando un grande movimento di solidarietà internazionale che metterà a nudo l’odioso regime tirannico. “Tre personaggi immaginati da Alekos  per sfuggire alla solitudine, al dolore fisico, alla lacerante condizione psicologica in cui è costretto. È evidente”, aggiunge l’autore, “che tutto ruota intorno a questo moderno Prometeo incatenato, colpevole di aver difeso il fuoco sacro della libertà e dei diritti civili. E’ l’immaginario di Panagulis che viene messo in scena e che prende il sopravvento sulla realtà che pure c’è e si fa sentire attraverso la tortura, la privazione, l’incubo e l’umiliazione”.

La storia  reale di Alexandros Panagulis è quella di un giovane studente di ingegneria  arrestato ( 1967) e condannato a morte, accusato di aver preso parte al tentativo, fallito, di uccidere il tiranno Georgius Papadopoulus. Sentenza sempre rinviata per il danno d’immagine che avrebbe recato al regime dei colonnelli, ma nei cinque anni di detenzione non gli sono  risparmiate  le torture e il carcere duro: ma  nonostante tutto lui non si piega al regime. Gli ultimi due anni è rinchiuso in una cella costruita apposta per lui e chiamata La Tomba, perché poco più grande di un sepolcro. Alla caduta del regime è liberato da quella che considera una finta democrazia contro la quale continuerà la lotta. Qualche giorno dopo l’uscita dal carcere incontra la giornalista fiorentina per un’intervista. Nasce così la loro   storia d’amore che durerà  fino alla sua  tragica morte. E che Oriana farà rivivere nel libro a lui dedicato: Un uomo, appunto.

“Nel suo libro Oriana Fallaci dimostra che la libertà di un solo individuo può inceppare il sistema, far saltare le certezze di un regime totalitario, smascherare e forse superare, le miserie degli uomini di regime. Ed è proprio la volontà dell’immaginazione che si è voluto inscenare“, afferma il regista Giancarlo Cauteruccio. “E’  con le  straordinarie ‘armi’, della fantasia che Alekos riesce a liberarsi dalle pareti della ‘tomba’ e a inceppare il sistema della dittatura. E proprio come lui rompe con l’immaginazione i confini dello spazio in cui è rinchiuso, anche qui si superano i confini fisici della scena, creando una relazione tra spazio fisico e spazio immateriale. Così facendo, l’attore e lo spettatore vivono il medesimo spazio e possono avvertire le stesse vibrazioni, le stesse energie”.

Cauteruccio è noto per aver dato vita, in anni lontani all’esperienza di Kypton, laboratorio per l’esplorazione e l’uso di nuove tecnologie ma soprattutto per aver inventato e gestito per un lungo periodo il Teatro Studio di Scandicci, noto luogo di sperimentazione teatrale. Ora, Marco Giorgetti, Direttore generale Fondazione Teatro della Toscana gli ha affidato la  regia  di questa nuova produzione della Fondazione stessa, che inaugura un ciclo dedicato alla drammaturgia contemporanea in uno dei più antichi teatri di Firenze, restituito dopo 25 anni di chiusura alla città da  un imprenditori come  l’editore  Mauro Pagliai.  “Molte domande si incrociano oggi sul teatro”, riprende Cauteruccio,  “sul ruolo sperduto del drammaturgo, sullo scrivere. E molte domande sul ruolo politico del teatro, sulla sua mancata centralità. Sembra indebolirsi l’idea di teatro come luogo della coscienza, della riflessione. Come luogo della parola, del gesto, dell’incontro e della coscienza.

Prigionia di Alekos “tenta di porsi nel punto di intersezione di queste domande e lo fa attraversando il mito moderno di Alexandros Panagulis, nuovo Prometeo, come descritto da Oriana Fallaci in Un Uomo. Il racconto di colui che sconfisse la dittatura dei colonnelli con la poesia e la creatività ci permette di indagare i valori profondi dell’esistenza umana, i fondamentali della vita, elevando la libertà individuale a spazio politico condiviso, a pensiero etico e spirituale. Se tornassimo alla poesia anche del teatro si vivrebbe meglio. Solo la cultura”, conclude Cauteruccio, “può aiutarci a comprendere   i fenomeni che ci saltano addosso.

Chiedo al regista: quale messaggio o aspetto su cui riflettere, oltre al tema della fantasia che supera ogni confine e di una drammaturgia che ricerca uno spazio etico e politico condiviso, ci può fornire questa Prigionia di Alekos?  “Che anche la cella carceraria da ‘non luogo’ muta in paesaggio, quando il pensiero poetico del protagonista nega la sua condizione, inoltre  rivela la fragilità e stupidità del potere quando questo viene affrontato in un corpo a corpo spietato, e  riafferma la forza visionaria dell’arte, che attraverso la parola poetica si fa generatrice di vita, quando questa viene messa a repentaglio dall’umana inimmaginabile violenza. Casesi contrappone con saggezza la poesia alla miseria del potere, della politica, dei totalitarismi, di cui oggi siamo costretti ancora a parlare”.

“Infine, un lavoro come questo”, conclude il regista, “ci dice che in un’epoca di macerie  si può ricostruire  una comunità”. E oggi viviamo in un’epoca di macerie. Alekos è interpretato da Fulvio Cauteruccio, con lui in scena  Roberto Visconti, Domenico Cucinotta, Carlo Sciaccaluga, Francesco Argirò, alla fisarmonica Francesco Gesualdi, voce off Claudia Ludovica Marino, musiche Ivan Fedele, scene André Benaim, costumi e immagini Massimo Bevilacqua. Repliche fino al 18 febbraio al Teatro Niccolini di Firenze.


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