Δευτέρα 26 Φεβρουαρίου 2018

Il fenomeno culturale camp firmato Studio Prokopiou

 Αποτέλεσμα εικόνας για Studio Prokopiou

Un'esclusiva intervista al fotografo Phillip Prokopiou

Luca Cantarelli, 26-02-2018 

La nuova creatura dell’ondata camp sembrerebbe proprio essere lo Studio Prokopiou, duo di fotografi greci che padroneggiano abilmente un mix di teatralità classica, religiosità mistica e contestazione sessuale.

La loro visione onirica della realtà ci propone situazioni ovattate dai colori laccati, dove i soggetti immobili e drammatici si manifestano allo spettatore, pronti ad essere consultati come oracoli di un’altra epoca.

Nell’Olimpo dell kitsch, c’è sicuramente spazio anche per lo Studio Prokopiou che, a fianco ai nomi più blasonati del genere, da Pierre et Gilles a David LaChapelle, ci sorridono con le loro composizioni rivelatrici delle più affascinanti e variegate personalità contemporanee.

Chi è Phillip Prokopiou?

Phillip Prokopiou è fisicamente una metà dello Studio Prokopiou: condivido e pratico con il mio partner Panos Poimenidis l’arte fotografica e creativa. Sono nato e cresciuto in Sud Africa, i miei genitori erano immigrati greci.

Da bambino sono sempre stato affascinato dalle immagini che trovavo nelle riviste che le mie sorelle lasciavano in giro, come The Face e Vogue.

Mi Sentivo come un estraneo non solo per essere gay, ma anche perchè appartenevo a una cultura che era diversa da quella dei miei coetanei a scuola; ricordo che le immagini di quei giornali erano una finestra nel mondo al di là dell’ambiente conservatore in cui vivevo e crescevo.
Mi facevano sognare ma soprattutto capire che nonostante la mia diversità, potevo avere un posto nel mondo; che c’è spazio per tutti e che non ero solo.

Come hai iniziato la tua attività fotografca?

Il mio background si basa sul design e lo styling, ma ci sono voluti molti anni per capire che quello che mi interessava di più è creare l’immagine completa.

Alcuni anni fa, quando ero ad un bivio nella mia vita ho incontrato Panos. Ero frustrato creativamente e incerto su quale strada seguire.

Con il supporto e il senso per l’avventura di Panos, ho preso in mano una macchina fotografica per la prima volta nella mia vita e ho iniziato a scattare foto di amici nella scena dei club londinesi. Abbiamo creato scenografie improvvisate nel mio appartamento, usando i materiali più economici e facilmente reperibili. Una cosa ha portato l’altra e i nostri progetti hanno iniziato a diventare più ambiziosi.

Attraverso molte sperimentazioni, prove ed errori, abbiamo sviluppato la nostra visione, questo è stato il principio.

Essere completamente autodidatta in tutti gli aspetti della fotografia, dall’uso della fotocamera, l’illuminazione, alla scenografia e montaggio, ci ha dato la libertà di imparare dai nostri errori.

Parlaci del vostro stile.

Il mio lavoro nasce dall’ossessione per il glamour, il kitsch, il feticismo e la cultura queer accanto all’iconografia religiosa e alla storia dell’arte.

Il nostro lavoro trae molta enfasi dall’identità queer e dalla fantasia che può essere raggiunta attraverso la completa ricostruzione della propria espressione.

Una tipica immagine di Studio Prokopiou è quella che incorpora l’illuminazione teatrale e le pose plastiche dei modelli che possiedono una bellezza non convenzionale e un senso di alterità.

Nei nostri lavori c’è sempre una sensazione di fuga dalla realtà e i soggetti generalmente incarnano una fantasia. Qualcosa di simile a una fusione fra cinema, produzione teatrale e pittura classica.

Avete qualche progetto imminente da condividere con noi?

Avendo lavorato principalmente nella fotografia digitale, ho recentemente iniziato a esplorare la fotografia analogica di medio formato. La serie su cui sto lavorando ha anche una natura più personale rispetto alla sola enfasi sull’estetica degli ultimi lavori.

Sarà una serie di nature morte che esplorano la brevità del desiderio.

Parlaci del vostro processo creativo.

Il nostro processo creativo spesso inizia ispirandosi al personaggio che abbiamo davanti.

Usando la scenografia e l’illuminazione, con la collaborazione del modello, immaginiamo un’istantanea sul suo mondo così come noi lo vediamo.

Spesso immagino e fantastico su chi potrebbe essere questo personaggio e come potrebbe essere il suo ambiente naturale.

Questo può essere influenzato da un dipinto o film che ho visto o da un personaggio di un libro che ho letto.

C’è qualche messaggio sociale o politico nel vostro lavoro?

Cerchiamo di descrivere un mondo che è privo di limiti.
I nostri soggetti spesso rappresentano idee di genere e sessualità che sono in contrasto con gran parte di ciò che la società considera la “norma”.

Il punto è essere quello che vuoi, che sia una splendida star del cinema degli anni ’50, la Vergine Maria con i baffi o un anfibio fetish intergalattico, indipendentemente dal tuo genere, razza, classe o specie. Sii semplicemente favoloso.

Come avvine la scelta dei soggetti protagonisti delle vostre foto?

Solitamente i concetti e le storie fluttuano nella mia testa, scelgo i modelli e creo una vera e propria squadra con chi credo possa incarnare al meglio ciò che voglio narrarare.
Un po’come assemblare il cast e la troupe per una produzione cinematografica o teatrale, credo inoltre, che
anche i modelli possono essere creativi e devono cercare di rappresentare la loro bellezza sfidando le convenzioni.

Cosa pensi del fashion system?

La moda è un mezzo per esprimere un’idea o un’identità, serve a chi la indossa e non dovrebbe mai essere il contrario. In generale preferisco le persone eccentriche,individuali e sempre in contrapposizione con i “trend setter”.


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