(LOUISA GOULIAMAKI/AFP/Getty Images)
Il programma
di aiuti finirà nel 2018: alcune cose sono migliorate, ma alle prossime
elezioni il governo di Alexis Tsipras potrebbe pagare le politiche di austerità
degli ultimi anni
Atene, 11 ottobre 2017
La Grecia è
entrata nel suo settimo anno di riforme economiche richieste dai creditori
internazionali. Il programma di aiuti attualmente in corso – il terzo,
approvato nell’agosto del 2015 – terminerà nell’agosto del 2018. Subito dopo, o
nel 2019, al termine naturale della scadenza, ci saranno nuove elezioni. Alexis
Tsipras e la coalizione di sinistra che lo sostiene, guidata da Syriza, avevano
creato grandi aspettative di cambiamento per la Grecia, ma finora, per evitare
il rischio di default e sotto la pressione dei creditori, hanno approvato
diverse misure contrarie alle intenzioni annunciate: aumento delle imposte,
riduzione della spesa, revisione del sistema pensionistico, riduzione dei
salari pubblici tra il 10 e il 40 per cento, privatizzazione di alcuni settori.
Per i
creditori, Tsipras potrebbe dunque rappresentare una garanzia, anche se non
sembrano più rimandabili le richieste che il primo ministro (sostenuto anche
dal Fondo Monetario Internazionale) ritiene necessarie per una reale ripresa
del paese: cioè una ristrutturazione dei debito, che significa non restituire
parte del denaro ricevuto in prestito. Questa situazione ha portato a scioperi
e proteste e a un avanzamento dei partiti e dei movimenti di estrema destra. Le
domande che in molti si fanno sono: che cosa succederà in Grecia nel 2018? La
Grecia uscirà davvero dalla situazione critica nella quale si trova oppure
cercherà di tornare al modello economico che ha contribuito a creare la crisi
stessa? Sarà infine fondamentale sapere, dopo la fine degli aiuti, che forma
avrà la “supervisione” del paese da parte dei creditori.
L’economia e
la situazione sociale
Nell’agosto
del 2015, l’Unione Europea approvò il terzo “bail-out” per la Grecia, un
pacchetto di aiuti da 86 miliardi di euro. Negli ultimi cinque anni i fondi
destinati al paese sono quindi saliti a un totale di 326 miliardi di euro, la
più grande operazione di salvataggio della storia. Tra le richieste fatte dai
creditori ci sono state una severa riforma delle pensioni, l’aumento dell’IVA,
nuove leggi sul lavoro e l’innalzamento delle imposte indirette. In alcuni
momenti particolarmente critici, il governo greco ha anche fatto ricorso a
misure emergenziali, come il controllo sui capitali imponendo limiti ai
prelievi giornalieri dai conti correnti che avevano causato code e panico agli
sportelli delle banche.
Lo scorso
luglio la Grecia era tornata dopo tre anni sul mercato finanziario, iniziando a
vendere 3 miliardi di euro dei suoi nuovi bond a scadenza quinquennale. Il
tasso di interesse era poco più basso rispetto a quello degli ultimi bond
quinquennali venduti nel 2014, ma il governo aveva fatto sapere che erano
arrivate 200 offerte di acquisto e che la vendita era stata un grande successo.
Lo scorso settembre, poi, i ministri delle Finanze dell’Unione Europea avevano
dichiarato l’uscita della Grecia dalla procedura per deficit eccessivo, a cui
il paese era stato sottoposto nel 2009, quando il rapporto deficit-PIL era
arrivato oltre il 15 per cento. Sette anni dopo quel valore si è trasformato in
un saldo positivo: questa notizia e il fatto che sia nel 2017 che nel 2018 si
preveda un rapporto deficit-PIL sotto la soglia del 3 per cento (come previsto
dal Patto di stabilità e crescita degli stati dell’Unione monetaria) hanno
fatto dire al commissario per gli Affari economici dell’UE, Pierre Moscovici,
che la Grecia sta per «voltare la pagina dell’austerità e aprire quella della
ripresa».
Nella
pratica, la chiusura della procedura per deficit eccessivo non ha cambiato
molto. La Grecia deve rispettare le misure concordate con i creditori
internazionali nell’ambito degli aiuti finanziari e deve soprattutto fare i
conti con una situazione economica e sociale piuttosto fragile. Dal 2010 ad
oggi ha perso un terzo del suo PIL e mezzo milione di persone sono emigrate
all’estero. Nello stesso periodo, il 20 per cento più povero della popolazione
ha perso il 42 per cento del suo potere d’acquisto. Lo stato ha un debito di
320 miliardi di euro, pari al 180 per cento del PIL, il secondo rapporto più
alto del mondo, e il tasso di disoccupazione – sebbene sia diminuito e sia
attualmente al 21 per cento – è tra i più alti d’Europa. Gli stipendi medi sono
diminuiti e la riduzione dei redditi dei lavoratori e delle lavoratrici ha
portato all’impoverimento delle famiglie. Sono aumentati i problemi abitativi e
i bisogni legati allo stato di salute, che riguardano quasi una persona su
quattro. Il FMI ha poi rivisto al ribasso le stime sull’avanzo primario per il
2018 (fissandolo al 2,2 per cento del PIL, inferiore al 3,5 per cento previsto
dalle istituzioni europee e dal governo di Atene): è quindi possibile che il
FMI chieda al governo greco di intraprendere nuove misure per completare la
terza revisione del programma di salvataggio economico.
In questa
situazione ci sono però dei settori dell’economia greca che sono rimasti
stabili o che sono migliorati, come quello della produzione di alcolici: i
produttori hanno infatti aumentato le loro esportazioni del 64 per cento negli
ultimi cinque anni e sette bottiglie prodotte su dieci sono attualmente
esportate. Anche l’industria chimica non è stata particolarmente colpita dalla
crisi, così come l’industria dei trasporti. Una ripresa nel settore agricolo ha
poi contribuito a elevare la qualità di alcuni prodotti, come l’olio d’oliva.
Infine c’è il turismo: ogni anno milioni di persone vanno in Grecia,
raddoppiando la popolazione del paese. Un ambito invece in forte ritardo è
quello della giustizia: affrontare le cause in modo efficace è positivo per
un’economia sana e i giudici greci impiegano in media più di quattro anni
(1.580 giorni) per arrivare a una risoluzione delle controversie commerciali.
Politica
Alexis
Tsipras era stato eletto primo ministro della Grecia nel gennaio del 2015. Dopo
aver perso la maggioranza al parlamento ed essersi dimesso, era stato rieletto
nel settembre dello stesso anno. Tsipras è leader del partito greco Syriza, che
nel 2004 era nato come unione di vari movimenti e partiti indipendenti di
sinistra. Tsipras aveva vinto promettendo di opporsi a nuovi tagli e misure di
austerità imposte dall’Europa, di introdurre un reddito minimo e di riassumere
i lavoratori del settore pubblico licenziati negli anni precedenti: nel suo
primo discorso dopo la vittoria aveva detto che la sua era stata «la vittoria
di tutti i popoli europei che lottano contro l’austerità».
Tsipras però
ha accettato l’imposizione dell’austerità. In parlamento si è alleato con ANEL
(Greci indipendenti), partito nazionalista e di destra, secondo alcuni facendo
una scelta responsabile, secondo altri poco coraggiosa. Comunque sia andata,
questi anni gli costeranno probabilmente molto alle prossime elezioni. Da
alcuni recenti sondaggi risulta che solo il 3,5 per cento degli intervistati si
è detto «soddisfatto dei risultati ottenuti della coalizione Syriza-ANEL». Tra
gli elettori di Syriza alle scorse elezioni, l’89,5 per cento ha detto di
essere deluso dal governo. Attualmente il partito di Tsipras è al 15,5 per
cento, mentre il partito di centrodestra Nea Demokratia risulta primo con il 33
per cento. Alba Dorata, partito di estrema destra di orientamento nazionalista,
è terza con il 7,5 per cento.
Uno degli
obiettivi principali di Tsipras nei negoziati è stato comunque quello della
ristrutturazione del debito: Tsipras chiede cioè di allungare la scadenza dei
prestiti anche di alcuni decenni, dando così più margine al governo per attuare
politiche espansive e permettere una maggiore sostenibilità (più spesa senza
rimetterci troppo, in pratica). Gli aiuti servono al governo per pagare i debiti
ai creditori internazionali e in piccola parte ai creditori interni, ma non
permettono nuovi investimenti, una riduzione anche minima dell’austerità o
spazi di manovra quando si presentano delle emergenze. L’operazione di
alleggerimento del debito, che un tempo sembrava impensabile, è ora presa in
considerazione da alcuni paesi europei e ritenuta necessaria anche dal Fondo
Monetario Internazionale.
Politica
estera
In politica
estera Tsipras è stato piuttosto abile. In questi anni la Grecia è riuscita a
mantenere le sue alleanze tradizionali e a non creare rotture in un contesto
piuttosto complicato. Il ministro degli Esteri greco, Nikos Kotzias, ha anche
tentato di aprire dei canali diplomatici con l’Iran, Israele e la Russia. Il
governo greco ha in generale avuto posizioni più morbide della maggior parte
dei paesi membri dell’Unione Europea nei confronti della Russia: Tsipras è
stato a Mosca, ha criticato il governo ucraino con l’accusa di ospitare
elementi “nazisti” e diversi membri che hanno fatto parte dell’esecutivo greco
hanno avuto rapporti con alcuni elementi della destra nazionalista russa, come
il filosofo Alexander Dugin, che fu invitato nel 2013 dal ministro degli Esteri
Kotzias a un seminario al Pireo.
Allo stesso
tempo, come ha spiegato l’analista politico George Tzogopoulos, «nonostante la
sua opposizione ideologica alle politiche statunitensi, Syriza ha contribuito a
un notevole miglioramento delle relazioni con gli Stati Uniti». Negli ultimi
giorni Alexis Tsipras è stato in visita ufficiale negli Stati Uniti: ha
incontrato la direttrice del Fondo monetario internazionale Christine Lagarde e
il presidente Donald Trump. Lagarde ha ribadito che l’attuazione del programma
di salvataggio greco insieme alla cancellazione del debito sono i fattori decisivi
per portare il paese fuori dalla crisi e Trump ha detto che la Grecia «offre
immense opportunità per il commercio e gli investimenti. Stiamo anche facendo
grandi passi in avanti nella nostra cooperazione economica». Tsipras, da parte
sua, ha detto che «le relazioni tra Grecia e Stati Uniti hanno raggiunto il
livello più alto dalla Seconda guerra mondiale».
La Grecia ha
parlato positivamente dell’accordo del 2016 tra l’Unione Europea e la Turchia
per la gestione dell’arrivo dei migranti sulle coste greche (negli ultimi anni
la Grecia ha accolto decine di migliaia di rifugiati con l’aiuto di gruppi di
di volontari e delle ONG). E poi c’è Cipro e il lavoro per la sua
riunificazione che – anche se non è andato finora a buon fine – ha occupato
molti degli sforzi diplomatici del paese.
Δεν υπάρχουν σχόλια:
Δημοσίευση σχολίου