LOUISA GOULIAMAKI / AFP
Sono ancora
drammatiche le conseguenze delle politiche di austerity sulla popolazione, con
il calo del 27% del reddito familiare, il 40% dei minori in stato di povertà,
mezzo milione di persone emigrate. Ma i dati cominciano a essere positivi su
Pil, avanzo primario, produzione industriale e consumi
di Fabrizio
Patti
“Il livello
più basso dal 2011”, “il livello più alto dal 2011”. È un refrain che torna
spesso, nelle notizie che hanno accompagnato i dati sull’economia greca nelle
ultime settimana. Finalmente si tratta di dati positivi, dal risvolto
psicologico importante. La risalita avvicina i dati al 2010, l’ultimo anno in
cui la vita in Grecia era simile a quella degli altri Paesi europei, prima che
scoppiassero gli scandali sui conti truccati dal governo Karamanlis, la fuga
dei capitali dopo il taglio del valore dei titoli detenuti da privati, la serie
di memorandum con la Troika che ha significato l’austerity applicata al massimo
grado.
Le riforme
hanno lasciato quelle che, più che cicatrici, sono ferite aperte. Il reddito
disponibile è sceso rispetto al 2010 del 28,5 per cento, per effetto della maggiore
disoccupazione, delle maggiori tasse sui redditi e sulle proprietà e di una
serie di tagli ai salari e alle pensioni, nel contesto di una contrazione del
Pil del 27 per cento. I risultati sono terribili: secondo le statistiche
dell’Unione europea, il 22,2 per cento della popolazione greca è “gravemente
materialmente povero”, ossia non è in grado di pagare un mutuo o un prestito,
di stare al passo con il pagamento delle bollette, non è in grado di
permettersi il riscarldamento, di comprare un televisore o una lavatrice o di
far fronte a spese inattese. Tra tutti i dati, quello che più turba è che il
40% dei bambini greci vive sotto il livello di povertà.
I reportage
dalla Grecia da anni traducono in volti questi numeri. L’ultimo in ordine di
tempo, quella della testata tedesca Deutsche Welle (DW). «È un momento di
umiliazione che non avrei mai pensato di vivere» è la frase chiave pronunciata
da un ex saldatore in pensione, Fotis. Poco prima aveva raccontato
dell’attività dell’azienda di famiglia ridotta a quasi zero, dell’intera
famiglia aggrappata alla sua pensione, tagliata del 30 per cento, dei risparmi
di una vita che si erano erosi e delle bollette che erano diventate impossibili
da pagare per intero. «È quello a cui le nostre vite sono state ridotte -
concludeva - per l’amore di mettere a posto i numeri».
Il fatto è
che i numeri stanno effettivamente migliorando. Il dato su cui si sono
concentrate le trattative con le “Istituzioni”, ossia l‘ex Troika formata da
Bce, Unione europea e Fondo monetario internazionale, è l’avanzo primario. Nei
primi nove mesi del 2017 è stato di 4,5 miliardi di euro (2,2% del Pil), una
cifra che proietta l’obiettivo a fine anno supra l’1,75% concordato con le
Istituzioni. Non è però l’unico dato importante, in vista dell’uscita del Paese
dal programma di aiuti internazionali, fissata per il 20 agosto 2018. È
positiva la previsione sulla crescita del Pil stesso, che grazie al miglior
primo semestre per crescita dal 2008, sarà pari prababilmente all’1,8% nel 2017
(dopo il -0,2% nel 2016) e vicina al 2,5% nel 2018; si tratta va detto di stime
riviste al ribasso rispetto alla scorsa primavera.
A spingere
il Pil sono diversi fattori. Le esportazioni nel primo semestre sono salite del
7,5 per cento. La produzione industriale a giuno è salita dell’8,5 per cento,
l’ottavo dato consecutivo con il segno più. Lo stesso mese le vendite al
dettaglio sono salite del 3,2%, sesto risultato positivo consecutivo. Quelle di
auto del 28 per cento. Sempre a giugno i ricavi del turismo avevano segnato un
+14% rispetto all’anno prima. L’indice Pmi Markit è a 52,8, ben oltre la soglia
di 50 che è il discrimine tra prospettive di crescita negative o positive. C’è
un movimento positivo dei depositi (2,6 miliardi tornati nelle banche tra
aprile e giugno), dopo anni di emorragia. Al contempo sta scendendo la liquidità
di emergenza della Bce, ossigeno pagato a caro prezzo. E altri segnali vanno
nella stessa direzione. La disoccupazione è scesa ai livelli del 2011, sebbene
sia sempre a livelli altissimi. È poco sopra il 21 per cento, due punti in meno
di solo un anno fa. Quella giovanile rimane altissima, sfiorando il 50% - pur
con le cautele metodologiche che valgono anche per il caso italiano -,
condizione che ha determinato un mezzo spopolamento della Grecia. Mezzo milione
di persone sono emigrate negli ultimi anni, sui circa 10 milioni totali.
L’evoluzione
della disoccupazione in Grecia. Fonte: MacroPolis
Le riforme
hanno lasciato ferite aperte. Il 22,2% della popolazione greca è “gravemente
materialmente povero”, ossia non è in grado di pagare un mutuo o un prestito e
di saldare le bollette, non è in grado di permettersi il riscarldamento, di
comprare un televisore o una lavatrice o di far fronte a spese inattese. Tra
tutti i dati, quello che più turba è che il 40% dei bambini greci vive sotto il
livello di povertà.
Ci sarebbe
da entusiasmarsi, se non fosse che le fragilità sono ancora moltissime. In
primo luogo per raggiungere l’avanzo primario, dato che le c’è stato un buco
nelle tasse rispetto alle previsioni di 682 milioni di euro (dato MacroPolis),
a causa di una evasione - anche di necessità - estesa, sono stati effettuati
tagli alla sanità e alla spesa per la sicurezza sociale.
Un altro
piolo tra gli ingranaggi del motore economico è la crisi persistente delle
banche. Nonostante una serie di fusioni che le hanno interessate e di
conseguenti tagli di costi, le banche sono affossate da montagne di crediti
deteriorati, con gli Npe nelle diverse forme che sono pari al 45% degli
impieghi. Non sorprendentemente c’è un credit crunch tutt’ora in corso dal
2011. C‘è poi un problema - per molti versi legato al precedente - che anche
l’Italia conosce bene: la discesa degli investimenti, pubblici e privati, che
pone un’ipoteca sulla crescita futura. Come ha sottolineato un’analisi di Bloomberg
citando fonti della banca centrale greca, finora l’occupazione è stata
assorbita dal settore del turismo e da altri settori ad alta intensità di
lavoro, che non portano aumenti di produttività. Quella è stata la parte
semplice, ora serve quella difficile ma necessaria per rendere la ripresa
robusta, quella delle imprese che riescono a ottenere incrementi di
produttività attraverso gli investimenti.
I dati
positivi hanno comunque generato altri processi virtuosi. Il rispetto
dell’avanzo primario ha contribuito a far sbloccare l’ultima tranche di aiuti
da parte delle Istituzioni. Sono gli 800 milioni di euro finali previsti
dall’ultimo memorandum di intesa (da 86 miliardi), che porta il totale degli
aiuti internazionali alla Grecia a 182 miliardi di euro. Come contropartita,
oltre all’avanzo primario, il governo di Tsiprasi si è impegnato a portare
avanti altre riforme. Da qui all’agosto 2018 sono inoltre stati richiesti nuovi
tagli alle pensioni e riduzione della fascia di reddito esente da tassazione.
L’evoluzione
dei depositi bancari. Fonte: MacroPolis
Nonostante
le condizioni della popolazione ancora critiche, i numeri stanno effettivamente
migliorando. Esportazioni, produzione industriale, vendite al dettaglio,
turismo, indice Pmi Markit, depositi e soprattutto disoccupazione mostrano
tutti miglioramenti netti
Quanto la
Grecia sia capace di tornare a stare sulle proprie gambe lo si vedrà nel mese
di agosto 2018, quando il Paese terminerà il programma di aiuti. Già dallo scorso
luglio sono stati emessi i primi bond, a un rendimento di circa il 4,5 per
cento. Per Tsipras la scommessa è che, se sulla scorta dei progressi degli
ultimi mesi e con una situazione dei titoli di Stato tornata alla normalità si
creino le condizioni per una crescita degli investimenti che porti benefici
anche all’occupazione e di riflesso ai consumi e al benessere dei cittadini
greci.
Di certo il
premier greco ha sacrificato la sua figura e il suo partito sull‘altare della
stabilizzazione economica e del ritorno nei binari tracciati dai creditori
internazionali, dopo l’estate del referendum anti-memorandum del 2015 - un
“Oki” smentito dai fatti e che ha portato alla fine a un conto ancora più
salato da pagare da parte della Grecia. Quello che stupisce è che il calo
verticale di Syriza e dei suoi alleati di Anel nei sondaggi - oggi al 17,
comunque in ripresa di due punti percentuali nell’ultimo mese sulla scorta dei
dati positivi dell’economia - non ha avvantaggiato molto formazioni
populistiche di estrema destra come Alba Dorata, o di estrema sinistra come il
partito dei Comunisti greci (Kke), entrambi attorno al sette per cento. A
svettare nei sondaggi è la formazione di centro-destra Nea Dimokratia guidata
da Kyriakos Mitsotakis (30% dei consensi), figlio di uno storico primo ministro
da poco scomparso. Il partito precedentemente guidato da Antonis Samaras e che
fu responsabile con Karamanlis dei conti truccati che generarono il disastro
greco affida al suo leader parole taglienti verso Tsipras, accusandolo di
nascondere la necessità di nuovi aiuti da parte delle istituzioni.
Comunque
vada a finire la sua parabola politica, è innegabile che Tsipras, superata la
fase avventuristica del tandem con Yanis Varoufakis, ha rispettato i diktat
della Troika alla lettera, salvo un bonus dato ai pensionati alla fine del 2016
e alla promessa degli scorsi giorni di utilizzare la parte eccedente l’avanzo
primario concordato con le Istitituzioni (pari a circa 800 milioni di euro) per
una redistribuzione verso le fasce più deboli della popolazione.
È arrivato
il momento, a fronte degli impegni rispettati, di ridurre il debito della
Grecia (haircut) senza parlare di “azzardo morale”? Le raccomandazioni in
questo senso dell’Fmi nell’ultimo anno si sono scontrate contro il muro della
campagna elettorale tedesca, perché in Germania l’argomento è come la
kriptonite. Se a Berlino si fosse formata nuovamente una coalizione tra Cdu e
Spd, si sarebbe potuti essere forse più ottimisti sull’esito del processo. Ma
nell’ottica di una coalizione Jamaica con i liberali dell’Fdp al governo, e
probabilmente al ministero delle Finanze, sembra improbabile che il Parlamento
tedesco lasci passare un provedimento del genere.
È arrivato
il momento, a fronte degli impegni rispettati, di ridurre il debito della
Grecia (haircut) senza parlare di “azzardo morale”?
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