Il dittatore Ioannis Metaxas
Η Ελλάδα
γιορτάζει την Ημέρα του Όχι. Στις 28 Οκτωβρίου 1940 οι Έλληνες είπαν Όχι
στον φασισμό (La Grecia festeggia la giornata “No”. Il 28 ottobre 1940 i greci
hanno detto no al fascismo) si legge in un tweet dell’ambasciata della
Federazione Russia ad Atene. C’è poco da fare: chi accusa Putin e i russi di
oggi di essere autoritari e fascisti non ha capito granché della Federazione,
il cui Ministero degli Esteri fino a tempi non sospetti esponeva sulla pagina
ufficiale un vistoso banner celebrativo della Grande Guerra Patriottica contro
il Fascismo.
Già perché in Russia “fascismo” è sinonimo di “nazismo” e
Grande Guerra Patriottica sostituisce il più “internazionale” Seconda Guerra
Mondiale: definizioni e percezioni di un popolo che ha profondo rispetto per il
proprio passato e per la sua identità, sovietica e zarista. Amore che, suo
malgrado, non ripara da potenziali gaffe: il “No” greco fu indirizzato non al
Fascismo, come si legge nel tweet, ma più semplicemente al Governo di Roma.
Perché questa distinzione? Perché Ioannis Metaxas era un dittatore che aveva
modellato la sua politica su quella di Mussolini in Italia. Che poi i greci
riuscirono ad opporre strenue resistenza all’invasione straniera fino al 1941
(anno dell’intervento tedesco) nessuno può negarlo, tuttavia è importante
raccontare il passato per ciò che è stato, evitando di promuovere
interpretazioni che odorano più di speculazione che di reale testimonianza
storica. Dunque un abbaglio quello russo che, per spezzare una lancia a loro
favore, non hanno preso i soli diplomatici del Cremlino: infatti, essendo il 28
ottobre festa nazionale greca chiunque, profilo istituzionale o semplice utente
di Twitter, ha postato parole di elogio per quel “no” al fascismo che fu
pronunciato, da un fascista, 77 anni or sono.
Allora
perché invadere un paese orientato al fascismo? Strategica, interessi economici
e militari: come Re Francesco I di Francia che ospita a Tolone la flotta
ottomana per saccheggiare le italiche (e cristiane) coste della Penisola; come
la Germania nazista che invade l’autoritaria (e fascista) Polonia; come l’Urss
che chiama “fascista” Tito e invade l’Ungheria di Nagy (non era certo un
controrivoluzionario come lo definì l’Unità); come la guerra sino-vietnamita.
Casi ce ne sono tanti a dimostrazione che i conflitti non sono mai davvero
ideologici, se non nella testa degli ingenui, dei perbenisti e dei nostrani
antifascisti.
Di Marco
Petrelli
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