La visita di
Alexis Tsipras negli Stati Uniti ha dimostrato due cose: l’importanza
strategica del Mediterraneo orientale per Washington e i suoi alleati e la
necessità della Grecia di barcamenarsi fra gli enormi investimenti cinesi nel
Pireo e gli interessi dell’Occidente. Il premier greco è arrivato negli Stati
Uniti con poche certezze ma l’assoluta necessità di far comprendere a Donald
Trump che sì, Atene è sempre più un terminale degli interessi della Cina nel
Mediterraneo, ma che può ancora oggi essere una pedina fondamentale nello
scacchiere mediterraneo, soprattutto con l’aumentare delle tensioni con la
Turchia e con la Russia. Il tutto con uno sguardo al debito pubblico e ai
finanziamenti del Fondo monetario internazionale, altra tappa del tour
americano del presidente del Consiglio greco.
OTT 25, 2017
Tsipras e
Trump sono tecnicamente due leader agli antipodi. Il primo, nato dall’estrema
sinistra di un Paese mediterraneo al collasso, il secondo, un magnate
repubblicano avulso alla politica e a capo della più grande potenza militare
del mondo e alla guida dell’Alleanza atlantica. E non è da dimenticare quanto
Tsipras abbia speso parole assai poco favorevoli nei confronti del leader Usa
ai tempi dell’elezione alla Casa Bianca. Ma come sempre, al netto delle
divergenze, quello che conta sono gli interessi. E se Tsipras può anche fare il
duro, a parole, nei confronti del presidente degli Stati Uniti, sa benissimo
che poi, nei fatti, con Washington deve trattare. E lo deve fare perché si
trova in una posizione talmente scomoda, specie per il debito pubblico e il
piano di ristrutturazione, che non può prescindere dall’alleanza con gli Stati
Uniti. Alleanza confermata da Donald Trump che anzi, ha voluto ribadire come
sia assolutamente solida l’amicizia che lega Washington ad Atene. E del resto
non potrebbe essere altrimenti. La Grecia rappresenta per gli Stati Uniti uno
storico avamposto nel Mediterraneo orientale e un tassello fondamentale nelle
logiche energetiche e militari della parte orientale dell’Europa.
Sul fronte
energetico, la Grecia, come sostenuto da Trump, “sta contribuendo alla
sicurezza energetica dell’Europa”. Il che significa, in pratica, che la Grecia
rappresenta il terminale del gas che, nei piani degli Stati Uniti, si traduce
nella diversificazione delle fonti di energia e quindi nel distacco dell’Europa
dal gas proveniente dalla Russia. Il gasdotto Transadriatico (Tap),
l’interconnettore Grecia-Bulgaria (Igb), i piani per il trasporto di gas
naturale liquefatto su cui Trump sta puntando molto e, soprattutto, il gasdotto
East-Med fra Israele, Cipro e Grecia, sono tutte infrastrutture che vedono in
Atene un terminale geografico imprescindibile. Questa imprescindibilità
geografica mette Atene in una posizione di vantaggio rispetto ad altri Stati e
può attrarre soprattutto gli investimenti esteri necessari per sviluppare una
flebile crescita che risponda alle esigenze inflessibili del piano di
ristrutturazione.
Ma
l’importanza della Grecia non è solo energetica. Anche sul fronte della
cooperazione militare, i governi d Atene hanno sempre rappresentato un partner
molto utile ai piani degli Stati Uniti, soprattutto grazie alla spesa militare
con cui la Grecia ha da sempre risposto alle esigenze della Nato. Uno degli
obiettivi di Donald Trump in politica estera è quello di rendere la Nato
un’alleanza sempre meno a carico dei contribuenti americani e per questo ha
sostenuto che i Paesi membri aumentassero la percentuale di Pil con cui
finanziano il budget dell’alleanza. La Grecia, nonostante la crisi e le ridotte
capacità economiche, ha sempre avuto un rapporto Pil-spese militari superiore
alla media (2%) anche grazie all’incubo di un’eventuale guerra con la Turchia.
Sotto questo profilo, non deve quindi sorprendere che Trump abbia ottenuto da
Tsipras l’ennesimo semaforo verde all’aumento della spesa militare: questa
volta riguardo al settore dell’aeronautica. Il presidente Usa, ormai un vero
venditore di progetti statunitensi nel settore della Difesa, tra un complimento
e l’altro nei confronti della ripresa greca, ha ottenuto da Tsipras un
contratto da due miliardi di dollari per l’aggiornamento degli F-16 rendendoli
pronti per la configurazione a F 16 Block 5. L’aggiornamento consentirà agli
aerei greci di partecipare alle missioni Usa e Nato. Un accordo che, se
confermato, non solo collocherà la Grecia di nuovo al centro delle operazioni
nei teatri di guerra, ma che toglierà ancora altri soldi nelle già dissanguate
casse di Atene. Un’operazione che l’opposizione greca ha infatti già ampiamente
criticato.
Il governo
greco si trova in una posizione favorevole ma allo stesso tempo scomoda. Per
ora è al centro degli interessi di due superpotenze come la Cina e gli Stati
Uniti. Ed anche la Russia ha intrecciato con il governo Tsipras importanti
accordi di cooperazione. Tuttavia, come è chiaro, difficilmente può continuare
a sopravvivere in una posizione intermedia. La Cina sta investendo (comprando)
nello Stato greco soprattutto nel settore cantieristico. Il porto del Pireo è
un terminale fondamentale della Nuova Via della Seta marittima e i miliardi di
dollari cinesi servono a modernizzare la rete infrastrutturale greca.
Dall’altro lato, però è evidente che questo scivolamento a oriente di Atene si
rivela molto scomodo per gli Stati Uniti, che ci tengono a mantenere la loro
sfera d’influenza sul Mediterraneo. Per ora, Tsipras sta ottenendo l’amicizia
di Trump grazie all’alleanza militare e a quella energetica. Ma sappiamo anche
che la nuova era americana non è improntata alla diplomazia. Il Pakistan
insegna che per Trump o si è alleati o si è avversari, non c’è via di mezzo.
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