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Nell'Egeo,
un’isola di appena nove chilometri quadrati, con alle spalle una lunga storia e
numerose rinascite. Meta di velisti e intenditori di mare fino al film
Mediterraneo che l'ha fatta scoprire a tutto il mondo, oggi è il rifugio
barefoot di impenditori e intellettuali italiani
di Mariella Grossi
13 agosto 2015
L’ultimo
lembo d’Europa prima dell’Anatolia turca è un’isola di nove kmq: Kastellorizo.
Eppure questo fazzoletto di terra cambia sempre vita. Ora è alla sua quarta vita,
come rifugio barefoot di impenditori e intellettuali. Italiani. In pareo e
ciabattine, al sicuro da discoteche e locali hip, dove nessuno li riconosce
nell’unico supermercato, sull’unico taxi o sugli scogli bruciati dal sole.
Fino alla
Prima Guerra Mondiale qui si respirava ricchezza, grazie alla borghesia
armatoriale che ha trasformato Megisti, il porto a ferro di cavallo in un
gioiellino architettonico di case neoclassiche dai colori pastello. Poi il
dominio italiano dal 1921, i bombardamenti inglesi, l’esplosione devastante di
un deposito di munizioni l’hanno fatta scivolare nello limbo di un’isola
cenerentola. Fine della prima vita: inizia la seconda grazie alla sua posizione
strategica nell’Egeo, a tre km dalla costa turca e dalla cittadina di Kas. Un
ancoraggio fantastico per skipper, velisti, charter di caicchi in rotta tra il
Dodecanneso e per le meraviglie archeologiche dell’antica Licia. E Kastellorizo
si riscatta come crocevia nautico, si riempiono le taverne, gli ormeggi di Ro,
Agios Georgios, Strongyli, gli isolotti che la circondano. Ma resta una meta
defilata, per intenditori del mare.
Terza vita:
il film Mediterraneo (1991) fa scoprire Kastellorizo a tutto il mondo,
calamitando qui persone smarrite che si chiedevano come mai fossero capitati su
una roccia senza spiagge. Ma anche gente felice di ritrovare una Grecia
autentica e spartana, compreso lo stesso regista Gabriele Salvadores: “una
sensazione di libertà e di pulizia, di essenzialità e di profondità dei nostri
pensieri, un lasciarsi andare ai ritmi naturali del mare, del sole e della
luna, del vento caldo dell’Egeo”. Passato il film, finita la moda, l’isola
torna un’enclave del popolo delle barche. Anche nomi famosi, Dolce&Gabbana,
Loro Piana, Dave Gilmour dei Pink Floyd che ha scritto la canzone Castellorizon
nel suo album On an island.
Quarta vita:
il castaway comodo, per giornalisti notai, imprenditori e industriali che amano
l’understatment, hanno comprato (e restaurato) case, oppure trascorrono la
vacanza ormeggiati in porto, spostandosi con il tender fra Ro, lo scoglio di
Agios Georgios che nel frattempo si è organizzato una spiaggia di piattaforme
con ombrelloni e un bar con grill. Da Megisti salpano ogni venti minuti le
barchette veloci che portano alla Grotta Azzurra, alle isolette (pochi scelgono
Strongyli per il problema delle mosche cavalline), o alle plakas, nicchie fra
le rocce sul mare blu, a destra del porto. Non c’è tregua d’ombra, ma molti
amano fare il bagno qui perché l’acqua è calda. Il servizio delle barchette è fondamentale
per chi non ne ha una propria, ma vuole vivere un’esperienza di mare assoluto
ed essenziale.
Si arriva
sull’isola da Rodi con il traghetto (tre ore e mezza) o con i piccoli aerei
Olympic (20 minuti di volo). Ora si può finalmente contare su alberghi
piacevoli, concentrati a destra del porto dove si fa il bagno e non ormeggiano
le imbarcazioni. C’è il boutique hotel Mediterraneo di Marie Livalant, francese
e architetto che ha sposato il proprietario della taverna Lazarakis (gran
pesce, ma prezzi milanesi), il Megisti, con un’immensa terrazza sul mare. E il
Kastellorizo, orgoglioso di essere fra i 100 hotel greci che servono la
migliore prima colazione: da provare, soprattutto le marmellate e i dolci
casalinghi. Il consiglio è di prenotare le suite sul molo (costano da 100 a 160
euro in alta stagione) con il letto a soppalco, ombrelloni e chaise longues a
filo d’acqua. Per una giornata di pigrizia e tuffi, controllando solo che non
stia facendo il bagno anche la famiglia di tartarughe che vive qui.
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