Con effetto
simile ad alcuni fotogrammi di 2001: Odissea nello spazio, una muta, espressiva
sequenza di primissimi piani archeologici (foto di Luigi Spina) apre il
catalogo della mostra Pompei e i greci, in corso fino al 27 novembre a Pompei,
a cura di Massimo Osanna e Carlo Rescigno, allestimento di Bernard Tschumi
(Milano, Electa, 2017, pagine 360, euro 55). «Sotto i nostri occhi si compone
un mondo variegato di genti, che parlano lingue diverse, manipolano gli stessi
oggetti, ma ne personalizzano l’uso adattandoli alle proprie esigenze,
praticano un commercio per piccoli scali, dove il sapere si mescola con le
partite di merci. Nei porti di Pompei e Sorrento, a Partenope o presso il rione
Terra di Pozzuoli, allora sede di un piccolo scalo cumano, avremmo potuto udire
parlare greco, etrusco, italico».
Il racconto
della mostra restituisce la magia e le asprezze di un panorama multiculturale
con la sua “grammatica” di oggetti, spazi, linguaggi, santuari, dove «il sapere
greco diversamente incontra il mondo indigeno» e Oriente e Occidente «si
toccano, per aprire un nuovo mondo».
Inserita in
una stagione di rinascita del sito archeologico, la mostra, ribadiscono i
curatori, pone un case study metodologico e interpretativo focalizzato sul tema
degli incontri di culture. A Pompei, insediamento «di sostrato italico su cui
agisce un collante istituzionale etrusco e su cui si muovono presenze greche
diffuse», l’epoca della “fondazione” non circoscrive l’influenza greca: il
contatto inizia molto prima, con i villaggi sparsi nel territorio, dove fin dal
V millennio prima dell’era cristiana si hanno tracce di frequentazione umana.
È con le
società nel retroterra che i greci di Pithecusa (Ischia, VIII secolo) scambiano
manufatti ceramici; e probabilmente nell’alta valle del Sarno fanno conoscenza
con i dauni che giungono dall’Adriatico per transumanza mutuandone i
caratteristici recipienti che ritroviamo nelle sepolture dell’isola. Con queste
società del retroterra, più a nord, hanno rapporti gli etruschi dal loro
caposaldo di Capua. Il perdurare di contatti e scambi con greci ed etruschi e
probabilmente anche mutamenti idrogeologici portarono alla fine di quegli
insediamenti e, tra lo scorcio del VII e inizio del VI secolo, all’istituzione
di nuovi, tra cui Pompei.
«Ci si può
chiedere se abbia ancora senso parlare di indigeni e greci come di due entità
contrapposte, considerando che si tratta di una distinzione moderna che non
trova necessariamente riscontro nella realtà antica»; tra l’altro, «né le
popolazioni locali, né i greci, che sin dall’viii secolo si installano lungo le
coste tirrenica e ionica della penisola, avevano un’identità etnica culturale
unitaria, ma erano divisi in innumerevoli piccole realtà» (Gabriel
Zuchtriegel). C’è chi ipotizza di applicare a Pompei il concetto di middle
ground coniato da Richard White (1991) per descrivere gli incontri tra i nativi
americani e gli europei nella regione dei Grandi Laghi tra il 1650 e il 1815
(Irad Malkin).
La Magna
Grecia, più che un dato assodato, appare così un punto di partenza per indagare
«quel mondo fluido del Golfo di Napoli, fatto di accentuata mobilità,
migrazioni, incessanti processi di contatti e trasformazioni, dove i porti
marittimi e gli scali fluviali hanno per secoli generato una cultura
estremamente dinamica» nella quale «anche lo scontro militare non ha impedito
il transitare incessante di tradizioni artigianali e modi di pensare»,
mostrando come «le identità chiuse appaiano parassitarie rispetto ai fenomeni
culturali» (Francesco Remoti).
Lo spazio
espositivo è sottolineato da una cornice multimediale (a cura di Graphic
eMotion) che immerge il visitatore nella ricostruzione di eventi e stati
d’animo: l’emozione degli antichi navigatori nell’avvistare la prima volta il
golfo di Napoli; la battaglia di Cuma che seminò morte e distruzione in mare
segnando il declino di Pompei e l’ascesa di nuovi centri urbani; la città che
rifiorisce dopo circa un secolo, con le più svariate influenze e l’ispirazione
greca che traspare nei manufatti artistici, nelle ville e nei giardini.
di Isabella
Farinelli
Δεν υπάρχουν σχόλια:
Δημοσίευση σχολίου