Il
provvedimento è senza precedenti: istituti scolastici chiusi per inquinamento
L’inquinamento
su Taranto
Il
provvedimento è senza precedenti: scuole chiuse per inquinamento. Oggi a
Taranto i cancelli di tutti gli istituti del quartiere Tamburi - asili,
primarie e secondarie - rimarranno chiusi.
25/10/2017
La misura è stata adottata dal
sindaco della città bimare, Rinaldo Melucci (Pd), una volta verificata l’incompatibilità
tra le condizioni ambientali registrate nelle ultime ore in riva allo Ionio e
l’esigenza di tutelare la salute pubblica dei più piccoli. Nell’ordinanza si
legge che «gli istituti della zona rimarranno chiusi ogni volta in cui sarà
preannunciato un wind day». In queste occasioni, che nella città bimare si
verificano ogni qual volta soffiano venti di tramontana o di maestrale, il
movimento dell’aria fa sì che le polveri accatastate nel parco minerali
dell’Ilva si disperdano sulla città: a partire dal rione Tamburi, adiacente
all’acciaieria e già funestato da tassi più alti di incidenza e mortalità per
diverse malattie rispetto ad altre aree della città. Condizioni che, come fa
sapere il Centro Salute Ambiente della Regione Puglia, «favoriscono la diffusione
di inquinanti di origine industriale: in particolare pm10 e benzo(a)pirene». Da
qui la decisione del primo cittadino. «Si tratta di un atto doloroso, ma
necessario - ha spiegato l’assessore all’ambiente Rocco De Franchi ai colleghi
di Inchiostroverde.it. Non possiamo fermare l’intera città, ma serve un atto
simbolico a tutela dei più deboli». Finora l’Asl, in concomitanza con queste
giornate, s’è limitata a consigliare di tenere le finestre chiuse, di non
praticare attività sportiva all’aperto nelle ore centrali della giornata e di
ridurre il ricorso ai mezzi di trasporto privati. Ma sulla base di questa
decisione, ci si attende il varo di un piano d’azione più restrittivo.
Comune in
prima linea contro l’inquinamento
La chiusura
delle scuole, adottata in Italia soltanto in occasioni eccezionali come
l’ultimo incidente di Mortara, è stata decisa al culmine di due giorni in cui
il maestrale ha sferzato l’intera città. I movimenti ambientalisti, che da anni
chiedono la chiusura delle fonti inquinanti, avevano alzato la voce già lunedì
pomeriggio, dopo che una buriana aveva creato uno scenario surreale: con l’Ilva
coperta dalle sue stesse polveri. La seconda giornata di «wind day», aperta con
la decisione del Comune di Taranto di impugnare il decreto per l’Autorizzazione
Integrata Ambientale concessa lo scorso 29 settembre, con cui il premier Paolo
Gentiloni aveva fissato le nuove condizioni del piano ambientale dell’azienda
in procinto di passare alla cordata Am Investco, s’è conclusa con la misura interdittiva.
Un provvedimento che, di fatto, sancisce la subordinazione del diritto allo
studio rispetto alle esigenze produttive di una fabbrica. Nell’occasione
Melucci, eletto al secondo turno a fine giugno, ha scritto anche una lettera
all’amministrazione straordinaria dell’Ilva, per chiedere di «provvedere alla
pulizia delle strade del quartiere attraverso lo spazzamento a umido in tutti i
giorni seguenti i wind day». Lo scontro con la grande industria è senza
precedenti. «Se non si darà seguito a quanto richiesto, Ilva dovrà rispondere
ai giudici», è quanto confermato da De Franchi. Il Comune di Taranto, dopo aver
assistito da spettatore alle vicende degli ultimi anni, ha deciso di scendere
in campo in prima persona in una vertenza storica, che ha una rilevanza che va
ben oltre i confini dell’ex Capitale della Magna Grecia. Al fianco di Melucci
s’è subito schierato il suo mentore, il presidente della Regione Michele
Emiliano: «Se non per le morti che si verificheranno a causa delle polveri
sottili, Ilva dovrà pagare almeno per ripulire la città». Una grana in più per
i nuovi proprietari, impegnati al tavolo dei negoziati con il Governo per
dirimere la matassa dei livelli occupazionali.
Ma da Roma
la politica storce il naso
La linea
dura sposata da Melucci, che prima di diffondere l’ordinanza s’è confrontato a
lungo con i vertici dell’Arpa e dell’Asl, non è stata gradita a Roma. «Non
comprendiamo a chi giovi una presa di posizione del genere», hanno messo nero
su bianco in una nota congiunta i ministri Gian Luca Galletti (Ambiente) e
Carlo Calenda (Sviluppo Economico), con riferimento alla decisione di impugnare
il decreto che, a detta dei rappresentanti del Governo, «rende ancora più
solido e rigoroso il piano ambientale per l’Ilva di Taranto». Ma è su questo
punto che verte buona parte del malcontento della popolazione locale, fiaccata
da cinque anni di incertezza su tutti i fronti: sanitario, ambientale e
occupazionale. Il gruppo acquirente - che ha come capofila Arcelor Mittal,
supportato dal gruppo Marcegaglia e da Banca Intesa - ha promesso un
investimento di oltre un miliardo di euro: di cui poco meno della metà
riservati alla copertura dei parchi minerali, che assieme alle cokerie
rappresentano le aree più inquinanti e pure più limitrofe alla città. Ma il
diavolo si nasconde nella tempistica, dal momento che ordinanze come quella
emessa ieri da Melucci potrebbero registrarsi a cadenza costante fino al 2023:
anno indicato nel piano ambientale per il termine dei lavori che porteranno
alla copertura dei depositi delle materie prime (essenzialmente minerali di
ferro e carboni). Sei anni durante i quali chi non andrà a scuola oggi farà
forse in tempo a diplomarsi: raffiche di maestrale permettendo.
FABIO DI TODARO
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