Alla fine ha
ceduto anche lei: dal primo gennaio 2018 anche la Grecia si aggiungerà
all’elenco dei Paesi che applicano la tassa di soggiorno. L’imposta, introdotta
dal Ministero del Turismo per rimpinguare le esangui casse statali, verrà
estesa al 100 per cento del territorio ellenico e sarà valida non solo per le
sistemazioni alberghiere, ma anche per gli appartamenti turistici.
Come avviene già in altre destinazioni, Italia inclusa, lo schema applicato è quello delle stelle: l’importo, infatti, varia da 0,5 a 4 euro per notte, a seconda della fascia di appartenenza della struttura. In pratica, gli hotel di una o due stelle applicheranno una tassa di 50 centesimi a persona a notte; per quelli a tre stelle si dovrà, invece, pagare 1,5 euro a persona, 3 euro per i quattro stelle e 4 euro a persona a notte per gli hotel di lusso.
Gli ospiti
degli appartamenti dovranno invece versare 50 centesimi al giorno, indipendentemente
dalla categoria di appartenenza della struttura. L’imposta dovrà esser pagata
all’arrivo, direttamente all’albergo.
Lo scontro
con gli albergatori
La mossa del
Governo è stata oggetto di acceso dibattito fin da quest’estate. Secondo
l'Associazione delle imprese turistiche greche (Sete), infatti, l’estensione
dell’imposta tutto l’anno vanificherà gli sforzi del Paese di estendere la
stagionalità del turismo.
Per questo i
rappresentanti dell’organizzazione stanno chiedendo di applicare la tassa solo
nei mesi di luglio e agosto: l’obiettivo è quello di cercare di attirare flussi
turistici anche nei mesi di bassa stagione. Un’operazione che sembra non essere
ancora riuscita, dal momento che nel primo trimestre di quest'anno gli arrivi
in Grecia erano scesi del 4,2% e le spese diminuite del 5,2.
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