La più
grande multinazionale nel settore dell’alimentare cede e fa sparire le croci
dalle confezioni di yogurt
Marco Gombacci
Anche la più
grande multinazionale nel settore dell’alimentare cede al politicamente
corretto. La Nestlè ha deciso di eliminare la croce cristiana dalla confezione
dello yogurt raffigurante le tipiche chiese ortodosse che si trovano in Grecia.
La Nestlè
non è la prima multinazionale a nascondere la croce cristiana dalle sue
confezioni. Ci aveva pensato prima di lei la Lidl, leader mondiale nel settore
dei supermercati, che era andata a colpire una chiesa cristiano ortodossa di
Santorini (Grecia) e la chiesa di Dolceacqua (Imperia), cancellando tutti i
riferimenti religiosi “per non offendere la sensibilità dei clienti non
cristiani”.
No, non
avviene in Siria o Iraq, ma a Bruxelles, capitale del Belgio e dell’Unione
europea dove, in nome del politicamente corretto, si nega tutto ciò che
riconduce alle nostre radici giudaico cristiane.
Lo stesso
politicamente corretto, che vorrebbe la religione e cultura cristiana relegata
a vergogna della società occidentale, tanto da cancellarne tutti i riferimenti.
Non solo
Bruxelles. Recente è il caso di divieto sancito dal Consiglio comunale di
Charnwood, villaggio inglese vicino a Nottingham, di vendere delle tazze di
caffè con la croce templare “perché i cavalieri templari hanno massacrato
migliaia di musulmani più di settecento anni fa durante le crociate”.
Sempre in
Inghilterra, in alcune scuole del Sussex, è vietato fare riferimenti temporali
“prima di Cristo” o “dopo Cristo”, rivoluzionando la dicitura del calendario
Gregoriano che vige dal 1582. “La religione cristiana viene utilizzata per
giustificare comportamenti omofobi o forme di neo-colonialismo,” si legge in un
testo di alcuni studenti dell’Università inglese di Oxford che metteva al bando
un’associazione studentesca cristiana.
Le polemiche
non sono tardate ad arrivare nemmeno in Germania quando a Karlsruhe, un artista
aveva vinto un bando pubblico per dipingere le fermate della metro con
affreschi che raffigurassero la Genesi, il primo libro della Bibbia. “Arte
troppo cristiana!” l’ignobile capo d’accusa che pendeva sul malcapitato
pittore.
In Italia
sono scoppiate le polemiche quando una giornalista del TG1 è andata in onda in
diretta con un crocifisso al collo ben visibile e sono immancabili le circolari
scolastiche sotto il periodo natalizio che annullano le recite di Natale o i
presepi.
In Belgio,
Francia, Inghilterra, le chiese vengono demolite o riconvertite. A Bruxelles
alcuni fedeli hanno bloccato la riconversione della chiesa di St. Catherine, a
pochi passi dalla Grand Place. Qualche ben pensante belga aveva pensato bene di
riconvertire in un mercato ortofrutticolo questa chiesa del secolo XIX con uno
stile unico misto gotico-romanico.
Eravamo
abituati a vedere i talebani e le bandiere nere dell’Isis cancellare tutti i
riferimenti storici, religiosi e culturali delle zone da loro conquistate per
reinventarsi una loro narrativa storica che li potesse agevolare nella loro
conquista del potere.
Ora dobbiamo
guardare casa nostra. Il politicamente corretto colpisce il mondo
dell’educazione, della cultura, dell’arte e persino la distribuzione di massa.
Se cancelliamo le croci dalle chiese su una confezione di uno yogurt, se
distruggiamo le statue di Colombo, di Nelson, di Italo Balbo quando sarà il
momento di distruggere le piramidi per colpa dei faraoni schiavisti o chiudere
San Pietro per via di Torquemada e dell’intera Inquisizione spagnola?
La sottile
linea rossa è quasi impercettibile ma la società occidentale deve reagire. Lo
deve fare per se stessa, per i suoi figli e per tutti coloro che ancora nel XXI
secolo sono orgogliosi della loro fede in Gesù Cristo ma vengono perseguitati e
uccisi in tutto il mondo per la sola colpa di essere cristiani.
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