Πέμπτη 12 Οκτωβρίου 2017

“L’Italia finirà come la Grecia”, ecco i rapporti shock agli Usa sul governo Berlusconi

“l'Italia finirà come la Grecia”, ecco i rapporti shock agli Usa sul governo Berlusconi

Secondo dei rapporti inviati dall’ambasciatore Usa ad Obama, due ministri dell’allora governo Berlusconi si dicevano catastrofici riguardo il futuro economico dell’Italia.

Alessandro Cipolla

Nel 2011 l’Italia allora guidata da Silvio Berlusconi è stata a un passo da un tracollo finanziario simile a quello avvenuto in Grecia. Questo è quanto emergerebbe dalle mail inviate dall’ambasciatore Usa dell’epoca nel nostro paese a Barack Obama.

A fare lo scoop è il quotidiano La Stampa, che aggiunge anche un particolare non di poco conto: a fare la “spia” all’ambasciatore americano sui rischi che stava correndo il nostro paese furono due ministri proprio del governo Berlusconi.

Il grosso timore internazionale era che un eventuale “bail-out” dell’Italia avesse potuto avere conseguenze catastrofiche anche a livello globale, con un collasso economico del Bel Paese che avrebbe accentuato ancora di più la crisi finanziaria anche fuori dai nostri confini.

Una situazione questa talmente a rischio che alcuni collaboratori proposero a Obama un piano per far cadere Berlusconi, ma l’allora inquilino della Casa Bianca rifiutò anche se il governo di centrodestra ebbe ugualmente vita breve.

Una rivelazione questa che riapre il discorso su ciò che accadde nel nostro paese nel 2011. Dettagli questi di una sorta di ammutinamento interno che arrivano proprio quando Silvio Berlusconi sta per lanciare la sua nuova campagna elettorale, con gli ultimi sondaggi politici che vedrebbero la sua coalizione in testa rispetto al PD e ai 5 Stelle.

La fine del governo Berlusconi nel 2011

Per capire meglio il contesto in cui nacquero le mail che l’ambasciatore americano David Thorne mandò a Barack Obama, occorre fare un passo indietro fino alla famosa estate del 2011 quando tutta questa storia ha inizio.

Dopo la vittoria alle elezioni del 2008 Silvio Berlusconi aveva non poche difficoltà a guidare il paese. Oltre alla rottura con l’altro leader del centrodestra Gianfranco Fini, era la crisi economica e la crescita dello spread a creare i maggiori problemi all’allora premier.

Il governo quindi nell’estate 2011 pensò a una dura manovra da 60 miliardi, dove veniva tracciata la strada per quella politica di austerità richiesta a gran voce dall’Europa per salvaguardare i conti pubblici nostrani.

Il timore di Bruxelles era quello che un collasso anche dell’Italia, dopo quello che era in atto in Grecia, avrebbe potuto contaminare in maniera disastrosa l’economia non soltanto del Vecchio Continente, ma anche quella mondiale.

Con i dissapori all’interno della maggioranza che non mancavano, il Rendiconto generale al Bilancio ebbe un primo stop in Parlamento. Berlusconi allora rassicurò Napolitano sulla tenuta del suo esecutivo, riuscendo poi ad approvare in ottobre il testo.

Il leader di Forza Italia però fu costretto a scrivere una lettera a Bruxelles dove garantiva maggiori misure di austerità, tra cui il tanto ora discusso innalzamento dell’età pensionabile, con degli osservatori del Fondo Monetario Internazionale che furono incaricati di monitorare i nostri conti.

Questo però non bastò a evitare che la maggioranza iniziasse a perdere i pezzi: Silvio Berlusconi così dichiarò che avrebbe rassegnato le proprie dimissioni appena approvata la Legge di Stabilità, cosa che puntualmente fece il 12 novembre quando salì al Colle.

Appena quattro giorni dopo il 16 novembre ecco che il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano incaricò Mario Monti di formare un nuovo governo, dando il via così alla stagione dei tecnici che guidarono l’Italia fino alle elezioni del 2013.

Le confidenze dei due ministri

A rivelare però altri retroscena su quello che avvenne in quei mesi del 2011 è La Stampa, che è venuta in possesso di alcuni documenti che vennero all’epoca inviati dall’ambasciatore americano a Barack Obama.

La Casa Bianca infatti, vista la delicata situazione economica che abbiamo descritto in precedenza, era molto preoccupata sulla tenuta dell’Italia i cui conti pubblici erano più che a rischio default.

David Thorne quindi in una serie di mail informò il suo Presidente di alcune confidenze ricevute, in due momenti differenti, da altrettanti ministri dell’allora governo Berlusconi. La situazione paventata era molto allarmante.

Entrambi gli esponenti dell’esecutivo di centrodestra si dicevano più che scettici sulla reale efficacia delle misure messe in campo nella Legge di Stabilità. Anzi, il timore era che avrebbero potuto anche peggiorare la situazione.


I numeri sulla crescita usati come base per i pacchetti di austerità varati a luglio e agosto sono superati ed eccessivamente ottimistici. Lui teme che gli investitori smettano di comprare i bond italiani di lungo termine, perché gli acquisti del debito di Roma fatti dalla Banca centrale europea sui mercati secondari hanno generato una rendita artificialmente bassa.

Questa era una delle confidenze raccolte dall’ambasciatore e inviate ad Obama, con anche le altre mail che concordavano tutte nel definire l’Italia come un paese ad alto rischio di “bail-out” se non si fosse intervenuti subito.

Il timore degli Usa era che un collasso del nostro paese avesse potuto far saltare anche l’Euro, tanto che alcuni collaboratori proposero a Obama un piano per far cadere Silvio Berlusconi.

L’ex Presidente americano però rifiutò, anche perché le altre notizie che arrivavano da Roma parlavano di una maggioranza che sosteneva il governo ormai più che sfaldata nel nostro paese.

Come andò a finire poi lo sappiamo tutti con la caduta di Berlusconi e l’arrivo di Monti. Quello che però ora sembrerebbe emergere è il grande rischio che il nostro paese ha corso, tanto che i nostri conti pubblici ancora adesso non possono dirsi al sicuro nonostante gli anni di “lacrime e sangue” che i cittadini hanno dovuto sopportare.


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