Secondo dei
rapporti inviati dall’ambasciatore Usa ad Obama, due ministri dell’allora
governo Berlusconi si dicevano catastrofici riguardo il futuro economico
dell’Italia.
Alessandro Cipolla
Nel 2011
l’Italia allora guidata da Silvio Berlusconi è stata a un passo da un tracollo
finanziario simile a quello avvenuto in Grecia. Questo è quanto emergerebbe
dalle mail inviate dall’ambasciatore Usa dell’epoca nel nostro paese a Barack
Obama.
A fare lo
scoop è il quotidiano La Stampa, che aggiunge anche un particolare non di poco
conto: a fare la “spia” all’ambasciatore americano sui rischi che stava
correndo il nostro paese furono due ministri proprio del governo Berlusconi.
Il grosso
timore internazionale era che un eventuale “bail-out” dell’Italia avesse potuto
avere conseguenze catastrofiche anche a livello globale, con un collasso
economico del Bel Paese che avrebbe accentuato ancora di più la crisi
finanziaria anche fuori dai nostri confini.
Una
situazione questa talmente a rischio che alcuni collaboratori proposero a Obama
un piano per far cadere Berlusconi, ma l’allora inquilino della Casa Bianca
rifiutò anche se il governo di centrodestra ebbe ugualmente vita breve.
Una
rivelazione questa che riapre il discorso su ciò che accadde nel nostro paese
nel 2011. Dettagli questi di una sorta di ammutinamento interno che arrivano
proprio quando Silvio Berlusconi sta per lanciare la sua nuova campagna
elettorale, con gli ultimi sondaggi politici che vedrebbero la sua coalizione
in testa rispetto al PD e ai 5 Stelle.
La fine del
governo Berlusconi nel 2011
Per capire
meglio il contesto in cui nacquero le mail che l’ambasciatore americano David
Thorne mandò a Barack Obama, occorre fare un passo indietro fino alla famosa
estate del 2011 quando tutta questa storia ha inizio.
Dopo la
vittoria alle elezioni del 2008 Silvio Berlusconi aveva non poche difficoltà a
guidare il paese. Oltre alla rottura con l’altro leader del centrodestra
Gianfranco Fini, era la crisi economica e la crescita dello spread a creare i
maggiori problemi all’allora premier.
Il governo
quindi nell’estate 2011 pensò a una dura manovra da 60 miliardi, dove veniva
tracciata la strada per quella politica di austerità richiesta a gran voce
dall’Europa per salvaguardare i conti pubblici nostrani.
Il timore di
Bruxelles era quello che un collasso anche dell’Italia, dopo quello che era in
atto in Grecia, avrebbe potuto contaminare in maniera disastrosa l’economia non
soltanto del Vecchio Continente, ma anche quella mondiale.
Con i
dissapori all’interno della maggioranza che non mancavano, il Rendiconto
generale al Bilancio ebbe un primo stop in Parlamento. Berlusconi allora
rassicurò Napolitano sulla tenuta del suo esecutivo, riuscendo poi ad approvare
in ottobre il testo.
Il leader di
Forza Italia però fu costretto a scrivere una lettera a Bruxelles dove
garantiva maggiori misure di austerità, tra cui il tanto ora discusso
innalzamento dell’età pensionabile, con degli osservatori del Fondo Monetario
Internazionale che furono incaricati di monitorare i nostri conti.
Questo però
non bastò a evitare che la maggioranza iniziasse a perdere i pezzi: Silvio
Berlusconi così dichiarò che avrebbe rassegnato le proprie dimissioni appena
approvata la Legge di Stabilità, cosa che puntualmente fece il 12 novembre
quando salì al Colle.
Appena
quattro giorni dopo il 16 novembre ecco che il Presidente della Repubblica
Giorgio Napolitano incaricò Mario Monti di formare un nuovo governo, dando il
via così alla stagione dei tecnici che guidarono l’Italia fino alle elezioni
del 2013.
Le
confidenze dei due ministri
A rivelare
però altri retroscena su quello che avvenne in quei mesi del 2011 è La Stampa,
che è venuta in possesso di alcuni documenti che vennero all’epoca inviati
dall’ambasciatore americano a Barack Obama.
La Casa
Bianca infatti, vista la delicata situazione economica che abbiamo descritto in
precedenza, era molto preoccupata sulla tenuta dell’Italia i cui conti pubblici
erano più che a rischio default.
David Thorne
quindi in una serie di mail informò il suo Presidente di alcune confidenze
ricevute, in due momenti differenti, da altrettanti ministri dell’allora
governo Berlusconi. La situazione paventata era molto allarmante.
Entrambi gli
esponenti dell’esecutivo di centrodestra si dicevano più che scettici sulla
reale efficacia delle misure messe in campo nella Legge di Stabilità. Anzi, il
timore era che avrebbero potuto anche peggiorare la situazione.
I numeri
sulla crescita usati come base per i pacchetti di austerità varati a luglio e
agosto sono superati ed eccessivamente ottimistici. Lui teme che gli
investitori smettano di comprare i bond italiani di lungo termine, perché gli
acquisti del debito di Roma fatti dalla Banca centrale europea sui mercati
secondari hanno generato una rendita artificialmente bassa.
Questa era
una delle confidenze raccolte dall’ambasciatore e inviate ad Obama, con anche
le altre mail che concordavano tutte nel definire l’Italia come un paese ad
alto rischio di “bail-out” se non si fosse intervenuti subito.
Il timore
degli Usa era che un collasso del nostro paese avesse potuto far saltare anche
l’Euro, tanto che alcuni collaboratori proposero a Obama un piano per far
cadere Silvio Berlusconi.
L’ex
Presidente americano però rifiutò, anche perché le altre notizie che arrivavano
da Roma parlavano di una maggioranza che sosteneva il governo ormai più che
sfaldata nel nostro paese.
Come andò a
finire poi lo sappiamo tutti con la caduta di Berlusconi e l’arrivo di Monti.
Quello che però ora sembrerebbe emergere è il grande rischio che il nostro
paese ha corso, tanto che i nostri conti pubblici ancora adesso non possono
dirsi al sicuro nonostante gli anni di “lacrime e sangue” che i cittadini hanno
dovuto sopportare.
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