La firma dell'accordo a Pespes (foto Gov.
Rep. Macedonia)
Come era prevedibile l’accordo raggiunto tra
Skopje e Atene sul nome della Macedonia, ora (Nord) Macedonia, ha scatenato
polemiche interne in Grecia, evidenziando il tatticismo dei partiti politici.
29/06/2018 - Elvira Krithari, Atene
Il 24 gennaio, il WEF di Davos ha ospitato il
primo incontro bilaterale dopo anni tra il primo ministro greco Alexis Tsipras
e il suo omologo macedone, Zoran Zaev, sulla controversia sul nome. Sei mesi
dopo è stato firmato un accordo storico che, auspicabilmente, faciliterà sia le
relazioni tra i due paesi che le dinamiche nella regione.
Una controversia lunga 25 anni
La disputa sul nome risale ai primi anni '90,
quando il crollo della Jugoslavia creò nuovi paesi che avevano bisogno di
stabilire le proprie identità nazionali. La "Repubblica di Macedonia"
dichiarò l'indipendenza il 6 settembre 1991.
Negli anni successivi, la Grecia – la cui
regione settentrionale è chiamata Macedonia – si è opposta all'uso del termine
"Macedonia" su basi storiche, accusando il paese vicino di intenzioni
irredentiste.
Dopo l'accordo ad Interim del 1995, la Grecia
ha utilizzato il termine tecnico FYROM (ex Repubblica jugoslava di Macedonia) e
ha continuato a porre il veto all'adesione della Macedonia all'UE e alla NATO.
Nel frattempo, i due paesi hanno sviluppato
relazioni economiche e la Grecia ha adottato [già nel 1995, sebbene ufficialmente
solo dopo il 2008] un approccio più moderato, sostenendo la soluzione di un
nome composto con un qualificatore geografico che sarebbe stato utilizzato in
tutte le relazioni, a livello nazionale e internazionale [erga omnes].
Mentre tentativi di soluzione erano già stati
fatti in passato, il cambiamento politico del 2017 in Macedonia con il governo
di centro-sinistra di Zoran Zaev ha fornito lo slancio che avrebbe infine
portato all'accordo del 17 giugno 2018.
Alla fine, i due governi hanno firmato un
accordo preliminare reciprocamente soddisfacente a Prespes, sul confine,
sebbene le opposizioni di entrambi i paesi abbiano sollevato forti obiezioni.
Il contenuto dell'accordo
La disputa sul nome aveva principalmente
radici culturali. La società greca è sensibile alle distorsioni percepite della
storia greca. Le statue di Alessandro Magno in (Nord) Macedonia, fra le altre
mosse mirate a correlare la storia della Macedonia antica con il paese slavo,
hanno innescato i riflessi nazionalisti greci.
Come era successo negli anni '90, sono state
organizzate importanti manifestazioni attorno al mantra "la Macedonia è
greca", ma questa volta parte della società ha chiaramente sostenuto
l'accordo.
Nelle loro apparizioni sui media, Alexis
Tsipras e il ministro degli Esteri Nikos Kotzias hanno sempre assicurato ai
cittadini che l'accordo avrebbe salvaguardato il patrimonio culturale della
Grecia, in quanto la Macedonia (Nord) dovrà ritirare qualsiasi rivendicazione
sulla storia greca antica, esemplificata in particolare dalle statue del
periodo di Nikola Gruevski.
È interessante notare come la passione per
l'antica Macedonia da parte dello stato slavo sia un fenomeno relativamente
recente. Tassos Kostopoulos, giornalista e autore greco specializzato sul tema,
dice a OBCT: "Più la Grecia cercava di provocare asfissia diplomatica
all'ex Repubblica jugoslava di Macedonia, più la spingeva ad attaccarsi
all'antica Macedonia. Il rapporto del paese con l'antica Macedonia era
inesistente prima del 1991. Alessandro Magno è un simbolo importato dalla
diaspora di Toronto e Melbourne. Negli anni '80 a nessuno interessava il
problema, né qui né a Skopje, ma nella diaspora si litigava per questo. Ai
tempi di Tito, l'identità jugoslava fu costruita sull'identità slava e sul
passato slavo. La diaspora ha voluto rinunciare all'identità slava, in qualche
modo legata al comunismo, e mettere in risalto i tempi antichi, così hanno
fatto un grande salto (storico)".
Se l'accordo sarà ratificato, prima dalla
(Nord) Macedonia e poi dalla Grecia, la prima avrà accettato di cambiare non
solo il nome, ma anche la costituzione, e dichiarare di non avere interessi
territoriali sulla regione greca della Macedonia o legami storici e culturali
con l'antica Macedonia. Nel frattempo, i gesti di buona volontà hanno già
incluso la ridenominazione dell'aeroporto di Skopje e dell'autostrada
"Alessandro di Macedonia" in "Autostrada dell'Amicizia".
La Grecia accetterà quindi l'adesione della
(Nord) Macedonia a UE e NATO.
Le reazioni interne
Venerdì 15 giugno Nuova Democrazia (ND), il
principale avversario di SYRIZA, ha presentato una mozione di sfiducia,
respinta con 153-127 voti, mentre 20 parlamentari non si sono presentati al
voto.
Nelle parole del professore di diritto
internazionale e politica estera Angelos Syrigos , che ha prestato servizio come alto
funzionario ministeriale nel governo di ND, "la mozione è stata sollevata
per mettere in difficoltà ANEL (partner di coalizione di SYRIZA, ndr). Nessuno
si aspettava che il governo sarebbe caduto, ma che la mozione avrebbe rivelato
le contraddizioni di ANEL". In effetti, un parlamentare di ANEL è stato
espulso dal partito dopo aver votato a favore della mozione, riducendo la maggioranza
del governo.
L'accademico Dimitris Christopoulos,
presidente della FIDH ed esperto della questione macedone, osserva inoltre che
"l'accordo crea un problema politico nel governo perché destabilizza
l'alleanza SYRIZA-ANEL. Effettivamente ci saranno alcune perdite nella Grecia
settentrionale, ma SYRIZA non è un partito dominante come quelli del passato,
che avevano il 48%. Ora i partiti al potere hanno la metà dei voti, quindi i
sostenitori di SYRIZA rimarranno: non andranno via a causa dell'accordo".
Inoltre, gli elettori progressisti di SYRIZA sembrano sostenere l'accordo.
Mentre i media sono sommersi da dibattiti e
ampie analisi sul tema, la disputa (ora interna) si concentra principalmente
sulla denominazione della lingua della (Nord) Macedonia come esclusivamente
"macedone" e della cittadinanza ["macedone" invece che
"macedone del nord"].
Secondo il professor Syrigos la condizione
erga omnes, che è stata la posizione negoziale nazionale per anni e che il
governo considera una delle virtù dell'accordo, non è stata realmente
raggiunta: "Per esempio, i residenti del Sud Africa sono chiamati
sudafricani, ma nella Nord Macedonia saranno indicati come macedoni.
Evidentemente il governo non è riuscito a negoziare con successo questo
punto", dice.
Syrigos sottolinea che l'accordo è servito a
SYRIZA come mossa tattica per dividere l'opposizione. "Credo che SYRIZA
abbia agito con un'agenda interna. Credeva di poter frammentare l'opposizione e
dividerla in due fazioni (...), quella ragionevole e l'estrema destra",
dice.
Secondo il giornalista Kostopoulos, "la
riattivazione della frattura sinistra-destra va a favore del governo. Ispira i
sostenitori (di SYRIZA) o riconquista quelli delusi dalla firma degli accordi
di salvataggio".
Gli analisti stranieri sembrano ritenere che
il leader dell'ND, Kyriakos Mitsotakis, alla fine sosterrà l'accordo anche se
ora ha messo in campo l'estrema destra del proprio partito. Ciononostante, in
un'intervista rilasciata al canale televisivo greco SKAI lunedì 25 giugno,
Mitsotakis è sembrato inflessibile sul fatto che non avrebbe votato per il
nuovo accordo in parlamento. Ha sottolineato che l'accordo lascia spazio a
rivendicazioni irredentiste attraverso il riconoscimento di una “nazione
macedone”.
"Nuova Democrazia ha seguito una
politica intransigente proprio per evitare la frammentazione. Se Mitsotakis
avesse seguito una politica di consenso, avrebbe avuto un problema con l'ala
destra. Questa politica mirava a evitare shock a breve e medio termine e ci è
riuscita. D'altra parte, questo dimostra che il partito conservatore
difficilmente può avere un leader veramente liberale e l'immagine di ND
all'estero è ora di un partito che ha le caratteristiche della vecchia noiosa
Grecia, e questo non sarà facile per lui da gestire in seguito", conclude
Dimitris Christopoulos.
Poiché i recenti sviluppi economici in Grecia
dominano l'agenda politica, il dibattito sull'accordo sul nome tornerà
nell'ombra finché non sarà nuovamente utile per servire vari interessi
politici. Ciò che l'accordo ha offerto davvero, oltre alla svolta per i due
paesi, è un'occasione per osservare le tendenze politiche in Grecia
evidenziando la vera agenda dei partiti.
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