Παρασκευή 29 Ιουνίου 2018

Frine: l’irraggiungibile bellezza dell’Etera Greca accusata di Empietà


Ogni epoca ha avuto i propri ideali di bellezza femminile, e ogni epoca ha visto emergere donne dotate di straordinaria bellezza, divenute muse ispiratrici per celebri scultori, pittori e scrittori. Nell’antica Grecia, le più famose di queste donne erano chiamate “etère”, e il loro compito era intrattenere con sofisticata compagnia (talvolta tramutata in passione) i loro signori. Come scritto dall’antico commediografo Posidippo, la più nota di loro fu Frine, passata alla storia per il suo splendido aspetto e per un controverso processo che la vide protagonista.

Di Cecilia Fiorentini, 27 06 2018 

Originariamente chiamata Mnesarete (in greco, “colei che fa ricordare la virtù”), Frine nacque probabilmente nel 371 avanti Cristo, a Tespie in Beozia (regione storica della Grecia antica). In seguito alla distruzione di Tespie da parte di Tebe, gli abitanti della città vennero allontanati da essa. Così la famiglia di Frine, di probabile estrazione aristocratica, si rifugiò ad Atene, dove la giovane crebbe.

Non si sa molto sull’infanzia di Frine; in base ad alcuni cenni fatti su di lei dal commediografo Timocle, pare che la bambina trascorse la gioventù in povertà, coi soli guadagni derivanti dalla raccolta e vendita dei capperi.

In seguito, cresciuta e sbocciata in tutta la sua bellezza e sensualità, Frine divenne famosa tra gli uomini ateniesi; gli sguardi erano tutti per lei, e ben presto questi le fecero ottenere una buona considerazione da parte dei nobili cui prestava compagnia.

L’origine del soprannome, che significa “rospo”, fa sorgere ancor oggi qualche dubbio; secondo Plutarco, Frine veniva così chiamata per via del colore olivastro della sua pelle, il quale faceva ricordare quello del manto dell’anfibio. Secondo invece la professoressa di lingua e cultura greca Eleonora Cavallini (Università di Bologna), Frine era un soprannome utilizzato dalla giovane per nascondere il suo vero nome, Mnesarete, il cui significato era antifrastisca rispetto alla professione da lei esercitata (“colei che ricorda la virtù” con un mestiere simile alla prostituta).

Della sua bellezza scrissero in molti, tra cui il medico Galeno di Pergamo, il quale raccontò di un aspetto talmente perfetto da non indurre Frine a coprirlo col trucco, com’era invece usanza delle donne ma soprattutto delle Etere dell’epoca.

Lo scrittore Ermippo di Smirne ha saputo riportare un’istantanea della donna davvero suggestiva; sempre abbigliata con vesti aderenti, ella evitava di mostrarsi svestita, non frequentando nemmeno i bagni pubblici. Questo, secondo lo scrittore, veniva fatto da Frine per creare un alone di mistero attorno a sé, capace di incantare gli uomini.

L’unica occasione in cui Frine si mostrava completamente nuda in pubblico, bagnandosi in mare, era durante le feste di Eleusi in onore di Demetra, chiamate Eleusinie, e durante le Posidonie.

Ormai largamente nota tra l’élite ateniese, Frine raggiunse il picco della sua celebrità quando si legò, forse professionalmente, forse sentimentalmente, allo scultore Prassitele. Secondo alcune fonti, lo scultore utilizzò il corpo di Frine come modello per la sua celebre “Afrodite cnidia”. Per via dello scandalo che destò la notizia del suo aver posato nuda e per l’aver ritratto la dea Afrodite senza vesti, opera giudicata dai più come oltraggiosa, Frine e Prassitele finirono sulle bocche di tutti. 

Tuttavia, circa nel 350 Avanti cristo, la fama costò cara a Frine; dopo aver trascorso molto tempo con l’antimacedone Iperide, ella venne accusata di empietà, all’epoca crimine che poteva prevedere la pena capitale. Malvista da numerosi uomini (forse amanti respinti?), secondo un trattato anonimo, ella era stata accusata di aver partecipato a feste erotiche nel Liceo di Atene, nel quale avrebbe corrotto alcuni giovani ateniesi, e di aver introdotto una nuovo culto religioso (culto misterico di Isodaite).

Celato dietro le accuse, si ritiene che i conservatori ateniesi volessero affossare l’immagine di Frine, stufi della sua presenza ingombrante e sfrontata, e forse invidiosi dell’enorme ricchezza da lei accumulata.

Sotto, Il Processo di Frine, olio su tela (1861) di Jean Léon Gérôme (1824-1904) Kunsthalle, Amburgo. Immagine di Popszes, Pubblico Dominio via Wikipedia

 

Sebbene difesa dall’oratore Iperide, probabilmente suo amante, anche la donna giocò un ruolo importante per la propria causa; mostrandosi disperata, secondo quanto riportato da un frammento del 290 avanti Cristo attribuito a Posiddipo, Frine prese, ad uno ad uno, la mano destra dei giudici, piangendo e supplicandoli di clemenza.

Nonostante vi siano pareri contrastanti su come ciò accadde (qualcuno dubita addirittura della veridicità del fatto), l’atto più eclatante perpetrato in sua difesa fu quello di mostrare il seno della donna ai giudici.

Che fosse stato Iperide, o la stessa donna, non è tuttavia ben chiaro

La scena è stata dipinta da numerosi pittori, affascinati dalla storia della splendida donna e da un gesto così impetuoso. 

Dopo essersi consultati lungamente, i giudici, per timore religioso, si convinsero che mandare a morte una donna legata irrimediabilmente all’immagine di una divinità (il corpo di Frine era stato utilizzato per scolpire quello della dea Afrodite), avrebbe costituito per loro più rischi che benefici, sacrificando alla propria “codardia” un presunto benestare cittadino.

Simbolo di un’epoca e modello di bellezza sopravvissuto al tempo e alla storia, Frine è solo uno dei tanti esempi di femme fatale finiti alla gogna per esser riuscita ad elevarsi socialmente ed economicamente in un modo impensabile per una cortigiana.

Fra le molte opere ispirate a Frine ricordiamo anche il Paeplum del 1953 “Frine, Cortigiana d’Oriente”:

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