Alessandro
Magno è il dedicatario di uno scritto biografico di Plutarco di I-II secolo.
Egli giunse ai confini dell’India costruendo un impero immenso in pochissimi
anni. La sua spedizione generò una fioritura storiografica al limite del
romanzesco.
Da Rossella Famiglietti - 12 giugno 2018
Le fonti che
Plutarco utilizza sono dunque molto varie, spaziando dagli storici di
Alessandro agli scritti ufficiali. Egli non esita a mostrare dubbi
sull’autenticità storica di alcuni episodi. Tuttavia l’autore utilizza tutto
ciò che possa essergli utile a fornire un ritratto affascinante del
personaggio.
Alessandro
Magno il paidios, il figlio di Dio
La vita di
Alessandro Magno è costellata di prodigi, oracoli, una profonda devozione a
tratti superstiziosa. La sua stessa nascita è accompagnata da grandi rivelazioni,
come la presunta origine divina:
“FILIPPO
VIDE UN SERPENTE DISTESO ACCANTO AL CORPO DI OLIMPIA CHE DORMIVA. IN SEGUITO A
QUESTO EPISODIO EGLI ATTENUÒ LE SUE EFFUSIONI AMOROSE VERSO LA MOGLIE SINO A
DIRADARE I SUOI INCONTRI NOTTURNI CON LEI, VUOI PERCHÉ TEMEVA CHE LA DONNA
POTESSE FARGLI DEI SORTILEGI, VUOI PERCHÉ, CONVINTO CHE AVESSE RAPPORTI CON UN
ESSERE SUPERIORE VOLEVA EVITARE DI TOCCARLA. […]”
Un viaggio
all’insegna della conoscenza e della letteratura
L’Alessandro Magno di Plutarco è un uomo alla perenne ricerca della
bellezza. La ritrova ovunque, nello sfarzo dell’impero persiano come
nell’amicizia quotidiana che lo lega ai suoi soldati macedoni; nella
compostezza dei costumi greci come nel lusso orientale; nella ricchezza dei re
indiani e nella nobile povertà dei gimnosofisti.
Ricerca la
gloria come sete di conoscenza, superamento dei limiti umani ed emulazione
divina. Il chiaro modello di riferimento di Alessandro è Omero. L’Iliade, che
egli pone sotto il cuscino ogni notte, è un sogno luminoso le cui imprese egli
cerca di riprodurre nella propria esperienza di vita.
Il
personaggio a cui si ispira è chiaramente Achille, che ritiene un uomo ricco
perché da vivo aveva avuto un amico fedele, e da morto un grande cantore della
sua fama.
Alessandro
apre la sua spedizione in Asia con la visita al cippo d’Achille nella Troade.
Vuole dunque connotare la sua impresa in senso panellenico – come vendetta dei
Greci sui Persiani – ma anche come personalissimo omaggio al più grande eroe
della Grecia e punto d’ispirazione morale.
Il valore
della filantropia
Plutarco
tuttavia ci descrive un Alessandro che, al contrario degli eroi omerici, non
coltiva soltanto il culto della propria grandezza. La sua spedizione appare
quindi mossa dal desiderio – certamente anche strategico – di fondere culture
diverse nel nome della fratellanza.
Alessandro è
forse il primo a rompere in tal senso la logica del particolarismo della
società delle poleis greche.
La caducità
dei beni terreni e la ricerca della verità
Il forte
senso della misura, tutto greco, è il vero monito di Alessandro. Le grandi
ricchezze dell’impero persiano appaiono ai suoi occhi effimere. I valori e le
speranze che animano il suo viaggio sono invece inestimabili.
La
conoscenza e la filosofia sono in cima a questa gerarchia di principi morali.
Il grande ‘re d’Asia’ appare infatti capace di gesti di generosità esorbitanti,
che Plutarco ci racconta con una minuziosità volta a suscitare l’ammirazione
del lettore:
“PUR CON
QUESTE RISTRETTEZZE ECONOMICHE ALESSANDRO VOLLE PARTIRE COMUNQUE. MA PRIMA
D’IMBARCARSI, TENUTO CONTO DELLE CONDIZIONI ECONOMICHE DEGLI AMICI, DONÒ A
CIASCUNO QUALCOSA. A CHI UN TERRENO, A CHI UN VILLAGGIO, A CHI LE RENDITE DI UN
BORGO O DI UN PORTO. DOPO CH’EGLI EBBE ESAURITO LA DISTRIBUZIONE DI TUTTI QUEI
BENI, PERDICCA GLI DOMANDÒ: “E A TE MIO RE, COSA RIMANE?”, “LA SPERANZA”,
RISPOSE ALESSANDRO.”
Un
personaggio che non poteva dunque non suggestionare Alessandro Magno è Diogene
di Sinope. Plutarco è in grado di regalarci una delle scene più famose della
letteratura mondiale, raccontandoci l’incontro tra i due, così opposti eppure
così vicini:
“DIOGENE
SOLLEVÒ UN PO’ LO SGUARDO, QUANDO VIDE TANTA GENTE VENIRE VERSO DI LUI, E FISSÒ
NEGLI OCCHI ALESSANDRO. E QUANDO IL MONARCA SI RIVOLSE A LUI SALUTANDOLO, E GLI
CHIESE SE VOLESSE QUALCOSA, EGLI RISPOSE “SÌ, STAI UN PO’ FUORI DAL MIO SOLE”.
SI DICE CHE ALESSANDRO FU COSÌ COLPITO DA QUESTA FRASE E AMMIRÒ MOLTO LA
GRANDEZZA DI UN UOMO CHE NON AVEVA NULLA MA SOLO DISPREZZO NEI SUOI CONFRONTI.
E DISSE AI SUOI SEGUACI, CHE RIDEVANO E SCHERZAVANO SUL FILOSOFO MENTRE SI
ALLONTANAVANO: “DAVVERO, SE NON FOSSI ALESSANDRO VORREI ESSERE DIOGENE.”
Un ritratto
a tinte fosche
Alessandro
MagnoAmore per la cultura, per la diversità, coraggio in battaglia e nobiltà
d’animo. Tuttavia queste caratteristiche non sono assolute. Lasciano infatti
spazio ad episodi che mettono invece in mostra il lato ‘negativo’ del grande
imperatore, o meglio quello ‘umano’.
Plutarco non
manca di ricordare gli atti di crudeltà che Alessandro Magno compie ai danni
dei suoi compagni. Suggestivo il racconto dell’uccisione di Clito, che aveva
osato ribellarsi. O ancora, la condanna a morte di Callistene, storico della
spedizione d’Asia e nipote di Aristotele, solo perché costui si era rifiutato
di piegarsi alla proskynesis, ritenuto dai Greci un gesto servile non adatto a
un uomo libero.
Plutarco
nelle Vite: personaggi “dipinti”
Nella
composizione delle Vite Plutarco indossa le vesti del pedagogo. Intende far
rivivere nel presente e nel futuro le gesta gloriose dei grandi statisti e
combattenti del passato.
Una missione
di alto impegno etico-pedagogico, portata avanti in una chiave di lettura
particolare che vuole spogliare i personaggi dei loro ruoli ufficiali e
consegnarli alla storia come uomini in carne ed ossa. Come lo stesso autore
evidenzia nel proemio dell’opera, il suo obiettivo non è quello di fornire una
trattazione fattuale, bensì un quadro caratteriale di Alessandro: “Io infatti
non scrivo storie, ma vite”.
Il biografo
si muove dunque come un pittore, cercando di riprodurre i dettagli più nascosti del suo soggetto e percorrendo le
vie meno battute:
“[…] SPESSO
UNA PICCOLA AZIONE, UNA PAROLA, UN MOTTO ARGUTO, DANNO UN’IDEA DEL CARATTERE DI
UNA PERSONA MOLTO MEGLIO DI QUANTO NON POSSANO FARE SCONTRI DI ESERCITI CON MIGLIAIA DI MORTI O ASSEDI DI
CITTÀ.”
Il ritratto
complessivo che la Vita di Alessandro ci fornisce non è dunque immacolato.
Plutarco si distacca così dal carattere adulatorio dei precedenti storici del
macedone. Altissime doti morali si alternano ad atti di crudeltà, spesso
impulsivi.
Eppure
dietro ad essi si intravede la profonda umanità dell’uomo, riesumato da
Plutarco in tutte le sue passioni.
Il merito di
questo storico risiede nell’aver interpretato la grandezza di un uomo elevatosi
a modello per la sua generazione e per le successive. A distanza di secoli
possiamo ancora ammirare il capolavoro eterno ma mai immobile che Plutarco, con
lungimiranza, ci ha regalato.
Rossella Famiglietti
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