Il caso del
nome per Skopje la dice lunga: la stabilità politica passa da quella sociale,
non da soluzioni pasticciate.
di Francesco De Palo, 15/06/2018
I soliti
megafoni con il sole in tasca si affrettano a pontificare sul caso Macedonia,
in sospeso da 27 anni per via di un difetto di forma sul nome, sostenendo che
alla fine dei conti è solo un nome. Dimostrando ancora una volta la sciatteria
di certa presunta intellighenzia italiana che affolla le spiagge di Capalbio
anziché andare nei luoghi di cui si scrive.
La questione
sul nome da dare a Skopje è controversa semplicemente perché c'è stato un
clamoroso furto di identità. La Macedonia è una regione della Grecia, ha dato i
natali ad Alessandro Magno ed alla sua dinastia, così come sostenuto tra gli
altri da duecento tra i più insigni storici e archeologi mondiali che scrissero
un appello pubblico all' allora Presidente americano Barack Obama (ovviamente
inascoltato) per impedire un clamoroso falso storico. Che si è puntualmente
verificato.
E invece non
solo i due premier Tsipras e Zaev si sono accordati sul nome Macedonia
settentrionale, ma hanno mostrato tutti i propri limiti culturali e
geopolitici: il dramma sociale successivo alla guerra nella ex Jugoslavia non
potrà essere definitivamente sanato se non rispettando le diversità dei singoli
attori in un clima di cooperazione e convivenza.
Stupri della
storia come quelli accaduti a Skopje fanno solo male alla verità dei fatti e a
chi subisce la sciatteria di una politica mediocre e tutta dedita alla
conservazione della propria fetta di sterile potere.
Stephen
Miller insegna archeologia all'Università della California ed è considerato
universalmente come uno dei massimi studiosi in vita. Nell'appello che assieme
a 200 colleghi ha rivolto alla Casa Bianca ha scritto che la provincia
settentrionale della Grecia è stata chiamata Macedonia per circa 3.000 anni,
inoltre “è noto alla storia che i macedoni erano greci e che, di fatto,
Alessandro Magno si considerava un discendente di Achille ed Ercole: c'è
qualche dubbio su questi fatti storici?”.
Tra l'altro
ha più volte osservato come non vi fosse alcuna lingua macedone distinta dal
greco, e Alessandro Magno, la cui statua oggi troneggia a Skopje per fini
unicamente turistici, certamente si è identificato come greco. “E voi pensate
che il suo tutore, Aristotele, gli diede lezioni in slavo?”. E certifica che la
motivazione principale per cui oggi la Fyrom ha aperto il capitolo sulle
rivendicazioni storiche fasulle è solo di tipo territoriale.
“L'obiettivo
originale di annessione era finalizzato all'accesso al Mar Egeo – ha detto – ed
è ancora oggi alla base della questione. Più difficile da affrontare è la
questione dell'identità rubata. La gente pretende un'identità. La loro è stata
rubata, e loro lo sanno, ma non possono rinunciare a Alessandro e sostituirlo
con Patraos, uno dei re di Paionia che è una parte del loro vero e proprio
patrimonio, ovvero la loro vera identità. Credo che la gente di Skopje abbia
bisogno di istruzione”.
E
sottolinea: “Per motivi di accuratezza storica, si deve comprendere che la
Macedonia era ed è greca. Spiacente di andare avanti così ma devo difendere la
precisione storica se la mia professione ha un qualche valore. La storia
virtuale che la Fyrom sta praticando ci lascia galleggiare senza una bussola”.
Nonostante
tutto Grecia e Fyrom sono giunte a quell'accordo, con le opposizioni dei
rispettivi parlamenti che promettono strali contro Tsipras e Zaev per una mossa
senza basi storiche e sociali.
Proprio ciò
che non serviva ad una macro regione che invece è sempre più strategica per il
versante euromediterraneo e per gli scenari futuri che investono anche l'Italia
(e ciò che resta dell'onestà intellettuale).
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