Κυριακή 17 Ιουνίου 2018

Storie Mondiali: Argentina-Grecia, la collera degli dei ed il miglior tango di sempre

Αποτέλεσμα εικόνας για argentina grecia 1994

Gli antichi Greci temevano la collera di Zeus. Mai mandare su tutte le furie il Re degli Dei. Sarebbe stato un errore fatale. Lo confermavano diversi miti. 

di Federico Mariani, 17.06.2018 

Certamente, i discendenti di Pericle ed Alcibiade devono avere sulla coscienza ancora qualche peccato da scontare quando il 21 giugno 1994 si trovano al cospetto dell’Argentina nel primo incontro dei Mondiali statunitensi. Più che una squadra di calcio, un insieme di divinità del pallone. Ci sono i feroci mastini Oscar Ruggeri e Nestor Sensini, avidi di caviglie altrui e portentosi raccoglitori di palloni. C’è il rude vigile del centrocampo, Diego Simeone, detto il Cholo, coadiuvato dal “magister elegantie” Fernando Redondo. C’è l’attaccante polivalente Abel Balbo, capace di adattarsi ad ogni esigenza tattica. C’è il Re dei Re, Diego Armando Maradona, il leader albiceleste, assistito dal fido scudiero Claudio Caniggia nelle sue battaglie, in una sorta di rievocazione di Don Chisciotte e Sancio Panza, ma dai toni assai meno ironici e grotteschi. E poi c’è un ragazzo di bell’aspetto e dal talento sì cristallino, ma ancora non pienamente consacrato. Come Zeus, riesce a scagliare folgori micidiali. Il dio greco saettava dalle nubi, Gabriel Omar Batistuta, invece, fulmina direttamente con la potenza inflitta dai suoi calci alla sfera.

 La flotta del moderno Temistocle, l’allenatore Alkenas Panagoulias, comprende ben presto di trovarsi dinnanzi ad una tempesta di proporzioni inaudite. Dopo solamente due minuti, diluvia sul capo dei marinai greci. Da una palla persa, si scatena la burrasca con una discesa furibonda delle furie dalla casacca bluastra. Batistuta si avventa verso la porta e scarica la prima folgore. Prima imbarcazione ellenica colpita e affondata. Tuoni e fulmini per la Grecia, melodia pura per la banda di Alfio Basile, intenta ad eseguire una sinfonia fatta di colpi di tacco, passaggi di prima, intese al primo sguardo, veli, ricami e finezze. Il meglio del campionario viene sciorinato in 45 minuti, un tempo che coincide con il diluvio di Deucalione e Pirra per i Greci. Tuttavia, quando Batistuta decide di scagliare la seconda folgore vincente verso la porta dell’indifeso Antonis Minou, diventa chiaro che nemmeno il lancio delle pietre ripopolerà la penisola ellenica di speranze di rimonta.

Fine primo tempo, fine della parte iniziale del concerto. Si riparte ed il tango assume sfumature ancora più piacevoli. Gli strumenti si intrecciano, fanno scivolare sinuosamente le note in un’unione armoniosa e gradevole. Balbo, Redondo, Caniggia, Maradona, Redondo ed ancora Maradona. Sembra una filastrocca, ma con il giusto ritmo e l’accompagnamento musicale assume toni lirici. Un’azione tutta di prima, un pezzo di bravura concluso dalla staffilata urlante di Re Diego. Così è troppo per la flotta greca. Non ci sono scialuppe capaci di limitare la portata del disastro. Non c’è modo di far rivivere una seconda resistenza come alle Termopili. Anche perché Batistuta non conosce il sentimento della pietà e scarica il terzo fulmine nella porta oplitica, stavolta dagli undici metri. Finisce il concerto, termina la tempesta. Gaudenti ed euforici i componenti della band, bagnati ed affaticati i marinai dell’equipaggio. Sembra l’inizio di una gran tournée per l’Argentina. In realtà sarà solamente l’unica perla, con qualche strimpellata qua e là. Ma la musica celestiale del 21 giugno 1994 non verrà mai più suonata.


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