La Grecia di
Tsipras è riuscita a uscire dalla sua morsa, un programma di lacrime e sangue.
24 06 2018
Il calvario
della Grecia non è proprio finito, ma il cappio si è almeno allentato. Per la
prima volta da otto anni Eurogruppo e Troika hanno stabilito che il Paese
ellenico può fare da solo, uscendo dal programma di aiuti. In cambio di appena
88 nuove riforme approvate dal parlamento greco i ministri delle Finanze dei
paesi dell’Unione hanno sbloccato l’ultima tranche di prestiti, pari a 15 mld.
La Troika, a propria volta, ha disposto una dilazione di 10 anni nel pagamento
dei prestiti da parte dell’allora “Fondo salva- Stati” a cui vanno aggiunti
altri 10 anni nei quali l’eventuale mancato pagamento non comporterebbe
sanzioni. Il tutto a a fronte di un debito pubblico greco che ammonta al 190%
del Pil. Grecia “promossa”, ma sempre sotto stretta sorveglianza. Ci saranno
ogni anno frequenti esami per assicurarsi che le riforme siano attuate davvero
e nei tempi stabiliti. Il semaforo verde è costato carissimo. La Grecia ha
chiesto tre tranche di prestiti, per complessivi 274 miliardi di euro.
La
concessione di ogni tranche è stata subordinata a condizioni capestro che hanno
portato a impoverimento della popolazione come mai si era verificato in un
Paese occidentale nel dopoguerra. La frase “come in Grecia” è diventata uno
spettro, particolarmente spaventoso in Italia, Paese in cui il rapporto debito/
Pil è al 132%. Tanto da mantenere sempre presente il rischio Troika. La
definizione Troika fu coniata dalla stampa nel 2010, quando i rappresentanti
della Commissione europea, del Fondo monetario internazionale e della Bce
iniziarono a considerare gli interventi per la Grecia. In concreto, la Troika
prepara i piani di salvataggio per i Paesi che rischiano il default, o
fallimento che dir si voglia.
Al piano di
salvataggio si accompagna puntualmente la richiesta tassativa di un rigore
estremo al fine di ripianare il debito: un commissariamento che comporta la
completa sospensione della sovranità dei Paesi “da salvare”. La crisi dei
debiti nei paesi europei è stata una conseguenza della Grande Recessione
partita nel 2007 dagli Usa e trasformatasi l’anno successivo nella più grave
crisi da 1929 con il fallimento della Lehman Brothers. La sfiducia degli
investitori nella possibilità degli Stati con elevato debito pubblico e/ o in
condizioni di crisi grave per lo scoppio della cosiddetta ‘ bolla immobiliare’,
la stessa che aveva provocato la crisi del 2007- 2008 negli Usa, e la
conseguente impossibilità per gli Stati in questione di finanziare il proprio deficit
con i titoli di Stato ha costretto tra il 2010 e il 2011 alcuni Stati a
rivolgersi alla Troika.
Il primo,
nel 2010, fu l’Irlanda. La ‘ tigre celtica’ era da vent’anni un fenomeno
persino superiore all’India e alla Cina. Fu messa in ginocchio proprio dall’esplosione
della bolla immobiliare e chiese un prestito di 78 miliardi. In cambio furono
chiesti interventi draconiani sui salari. L’Irlanda ha saldato il debito nel
2013 e ha ripreso a correre. Oggi è l’economia più in crescita d’Europa, però
la mazzata ha lasciato il segno. A guidare la ripresa sono adesso le grandi
multinazionali è per la grande maggioranza delle persone la situazione è
rimasta difficilissima: “la cura si è rivelata spaventosa quanto la malattia”,
commentava desolato l’economista Dermot O’Leary. Poi arrivò il turno del
Portogallo: 78 mld e in cambio pugno di ferro. Furono tagliate le pensioni e
gli stipendi dei dipendenti pubblici, privatizzazioni a man bassa, pressione
fiscale al 47%. Oggi il Portogallo, dopo aver ripagato il debito nel 2013 e
dopo un procedura d’infrazione per deficit eccessivo nel 2016, è piena ripresa,
ma anche grazie a un governo di centrosinistra che ha invertito la marcia in
direzione antiausterity, pur con massima prudenza.
La Spagna è
uno di quei Paesi che aveva tenuto i conti pubblici in ordine e vantava un
debito più che contenuto. Anche qui la bomba fu la bolla immobiliare e per
ottenere un prestito di 40 mld il Paese promise, e poi effettuò tagli per 65
mld in due anni. Oggi la situazione economica è migliore di quella italiana, il
Paese è fuori dalla crisi ma le cicatrici sono profonde. Il debito è al 100%
del Pil, centinaia di migliaia di aziende hanno chiuso, i salari sono fermi a
dieci anni fa. L’Italia, tra i Paesi travolti dalla crisi del 2011 è l’unico ad
aver evitato il commissariamento della Troika, sia pur a prezzo di misure
severe dettate dal memorandum firmato nel 2011 da Trichet e Draghi, presidenti
uscente ed entrante della Bce, e poi applicate da Monti. Ma è proprio lui ad
avvertire, rivolto al governo: “Siate cauti oppure arriverà la Troika”.
Δεν υπάρχουν σχόλια:
Δημοσίευση σχολίου