Tiscali News ha chiesto all’economista Gianfranco Viesti un parere
sulla fine del commissariamento di Atene da parte di Bce, Fmi e Commissione
europea
di Michael Pontrelli, 22 giugno 2018
Dopo otto lunghi anni è ufficialmente terminata in Grecia l’era
della Troika. Atene riconquista la sua sovranità finanziaria e può finalmente
tornare a finanziarsi emettendo titoli di Stato. Dato che il governo guidato da
Alexīs Tsipras ha adottato tutte le 88 riforme è stato anche deciso il taglio
del debito pubblico (nonostante la contrarietà di Berlino) e l’allungamento di
10 anni delle scadenze. Tutto a posto dunque? Possiamo finalmente dire che la
Grecia sia ora un paese sano?
“Ancora no – ci ha risposto seccamente Gianfranco Viesti,
economista dell’Università Aldo Moro di Bari – perché restano problemi di
dimensione del debito, di stato complessivo delle finanze pubbliche, di
difficoltà sociali e di limiti competitivi dato che negli ultimi anni nel paese
si è investito molto poco. Sicuramente oggi è più debole di quanto fosse 10
anni fa quando è scoppiata la crisi”.
Complessivamente il salvataggio della Troika è stato positivo o
negativo?
"Non abbiamo mai la controprova ma io lo giudico più
negativamente che positivamente. Sono state chieste tante misure di austerità,
tutte insieme, che non hanno fatto bene. Hanno evitato il collasso finanziario
ma questo risultato si poteva ottenere anche in modo meno doloroso. Non c’è
dubbio che la Grecia doveva fare molto ma c’è anche tempo e modo di fare le
riforme”
Concretamente quali sono state le misure richieste?
"Un po’ di tutto. Le cose più importanti sono la riduzione
del perimetro pubblico con privatizzazioni molto forti. I tedeschi, per
esempio, si sono comprati gli aeroporti, i cinesi il porto del Pireo. C’è stata
una riduzione generalizzata del benessere dei cittadini. L’età pensionabile è
stata allungata, gli assegni pensionistici ridotti, e anche i salari si sono
abbassati. Tutti i dati che abbiamo a disposizione indicano un netto
peggioramento del benessere della popolazione a causa di questa cura da cavallo”.
Qualcuno afferma che l’azzeramento del debito greco da subito
sarebbe costato all’Europa meno di quanto poi effettivamente speso per il
salvataggio, e questo sia stato impedito dai tedeschi per motivi ideologici. E’
d’accordo?
"Non c’è dubbio. Un fallimento controllato della Grecia
sarebbe costato di meno. Ma ha prevalso l’ideologia dell’austerity per dare un
esempio punitivo a tutti gli altri”.
Esiste il rischio che un caso greco possa ripetersi in Europa,
magari proprio all’Italia?
"Il caso della Grecia è estremo perché non solo aveva un alto
debito ma anche un altissimo deficit. Probabilmente lo stato più debole
dell’Unione europea dal punto di vista della struttura produttiva. Una serie di
combinazioni che difficilmente si ritrovano negli altri paesi. La mia opinione
è che da questa esperienza si trae l’insegnamento che le politiche che mirano
esclusivamente al risanamento dei conti pubblici sono dannose. Assieme alla
tenuta dei conti bisogna mettere in campo anche ragionevoli politiche di
sviluppo, altrimenti succede che i cittadini vedano l’Europa come un nemico e
non come un amico”.
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