Mentre in Italia ci si affannava per la
campagna elettorale e si cercavano improbabili mandanti morali di gesti da
psichiatria criminale, CounterPunch ci ricorda che in Grecia il governo di
Syriza, obbediente all’Unione Europea, sta portando avanti la distruzione dei
diritti dei lavoratori. I provvedimenti di limitazione del diritto di
sciopero imposti da entità esterne
durante un periodo di crisi, sono un fatto gravissimo, ma sono esattamente in
linea con i provvedimenti da sempre voluti dalle istituzioni europee.
di Will Podmore, 26 giugno 2018
Seguendo le istruzioni della Commissione
Europea, della Banca Centrale Europea e del Fondo Monetario Internazionale,
lunedì 15 gennaio il governo greco è riuscito a fare approvare la legislazione
più antisindacale d’Europa.
La mossa è stata richiesta, assieme ad altre
misure draconiane, come condizione per l’ultima tranche di quello che viene
definito il “salvataggio” [bailout, NdT] della Grecia, ma che in realtà è solo
il salvataggio delle istituzioni finanziarie europee, che hanno incautamente spinto
i greci a indebitarsi.
Il punto fondamentale richiesto dal governo
di Syriza era che le azioni sindacali dovessero essere approvate con il voto
favorevole di almeno la metà più uno del numero totale dei membri dei sindacati
nel luogo di lavoro [mentre prima la soglia era di un terzo, NdT], e a
prescindere dall’effettiva partecipazione al voto. Questo provvedimento è
ancora peggiore di quelli previsti dall’accordo sindacale Trade Union Act
entrato in vigore nel Regno Unito nel marzo 2016.
Sorprendentemente (o forse no) il Trade Union
Congress [la federazione sindacale britannica, NdT] non ha speso una sola
parola su tutto questo, mentre continua a spargere allarmismo sugli effetti che
la Brexit dovrebbe avere sui diritti dei lavoratori. Mentre il Trade Union Congress continua con
le sue chiacchiere, l’Unione Europea sta stringendo le viti sul più basilare di
tutti i diritti dei lavoratori, il diritto di sciopero, e sta usando la Grecia
come banco di prova per le politiche che vorrebbe attuare in tutti i paesi
membri.
Senza il diritto di intraprendere azioni di
sciopero, i lavoratori non hanno alcuna protezione tranne quella del tribunale,
e i tribunali dei capitalisti tendono decisamente a favorire gli imprenditori.
La Corte Europea di Giustizia ha decretato
(nel caso Laval, 18 dicembre 2007) che gli imprenditori hanno il diritto di
importare lavoratori da paesi UE a basso salario verso paesi UE ad alto
salario, pagandogli il salario del più economico dei due paesi,
indipendentemente da qualsiasi accordo di contrattazione collettiva presente
nel paese a salari maggiori. Ha decretato inoltre (nel caso Viking, 11 dicembre
2007) l’illegalità di qualsiasi politica industriale tesa a impedire
l’esternalizzazione verso i paesi a basso costo.
Nel caso Alamo-Herron (18 luglio 2013), in
cui alcuni membri del sindacato Unison erano stati trasferiti fuori dalle
amministrazioni locali, ha decretato che indipendentemente da ciò che dicesse
il loro contratto, i benefici contrattati collettivamente a favore dei
lavoratori degli enti locali potevano essere ignorati dai loro nuovi datori di
lavoro. “Questo caso è un attacco spaventoso alla contrattazione collettiva ed
è almeno altrettanto grave dei casi Laval e Viking”, ha scritto John Hendy, il
celebre avvocato del lavoro britannico.
Hendy ha poi aggiunto che “la UE è diventata
un disastro per i diritti collettivi dei lavoratori e dei loro sindacati”.
Come abbiamo già detto, organizzazioni
sindacali forti sostenute da efficaci politiche industriali quando necessarie
sono l’unico modo per garantire e difendere i progressi sui posti di lavoro. La
UE si limita a mormorare sui “diritti”, e nel frattempo aggredisce alla base e
con determinazione le organizzazioni dei lavoratori.
Non una sola riga del Trade Union Act
introdotto dal governo Cameron, o ancora peggio della White Paper che l’ha
preceduta, era contraria alla legge della UE. Prima la Gran Bretagna esce dalla
UE, meglio sarà per i membri delle organizzazioni sindacali (sebbene alcuni
cosiddetti leader dispiaccia essere cacciati fuori dal ricco treno di
Bruxelles). Almeno poi potremmo vedercela direttamente coi nostri imprenditori.
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