Nate quasi tutte da esplosioni vulcaniche,
piccoli paradisi incorniciati fra l’azzurro di mare e cielo dove si avverte
ancora la presenza di divinità, le isole greche rievocano miti e leggende
nella...
di Maria Viveros, 26 giugno 2018
Nate quasi tutte da esplosioni vulcaniche,
piccoli paradisi incorniciati fra l’azzurro di mare e cielo dove si avverte
ancora la presenza di divinità, le isole greche rievocano miti e leggende nella
loro sfaccettata combinazione di paesaggi, storia e arte. “Esaltano la natura
arcana e misteriosa dell’Egeo”, “entità in perenne movimento, luoghi
variabili”, esercitano un fascino immutato nel tempo (a dispetto degli
stucchevoli stereotipi turistici di oggi), tanto che si può correre il
“rischio” di essere afflitti da una sindrome particolare, l’«isolomania», come
ci avverte Giorgio Ieranò in “Arcipelago. Isole e miti del Mar Egeo” (Einaudi,
pp. 288), il suo ultimo libro, che ha presentato ieri alla libreria Arcadia a
Rovereto.
Come già in “Olympos", “Eroi”, “Gli eroi
della guerra di Troia” (editi da Sonzogno), l’approccio di Ieranò, docente di
Letteratura greca presso il Dipartimento di Lettere e Filosofia dell’Università
di Trento, non è freddamente documentaristico o tecnicistico, pur offrendo
un’infinità di dati storici, letterari e artistici. Il suo è l’appassionante
racconto di un itinerario immaginifico fra passato e presente (che sia anche il
riflesso del nostro mondo interiore?), che parte dall’universo del mito,
affondando le radici in un tempo così remoto da apparire indefinito, per
arrivare ai giorni nostri. “Un isolario del XXI secolo”, lo definisce Ieranò,
proprio come uno di quei compendi usati dai viaggiatori occidentali nei mari
del Levante che accompagnavano la descrizione di approdi e luoghi con la
narrazione di eventi storici e leggende. “Isolario”, appunto, con tanto di dei
e dee, ninfe, pastori e strane creature (come i vampiri della lunare
Santorini), ma anche riferimenti a scrittori segnati dal loro viaggio nelle
isole greche (da Chateaubriand a Lord Byron, a Mark Twain), con ampie
incursioni nella storia (dalle crociate a episodi legati alle guerre mondiali).
Abbiamo posto a Ieranò alcune domande sui
luoghi emozionanti di cui ha parlato in “Arcipelago”.
Il mondo greco è da sempre fonte di ispirazione
e di continui rimandi per autori occidentali di epoche diverse, ma nel lungo
cammino della storia della Grecia è l’età remota dei miti che prevale
nell’immaginario collettivo. Come mai?
«Perché il mito non appartiene solo a
un’epoca remota ma a tutta la storia dell’ umanità. Attraversa tutta la poesia,
l’ arte e la letteratura della Grecia. “Mito” sono anche l’Iliade di Omero o le
sculture del Partenone. Il primo racconto sugli eroi e sulle divinità risalirà
anche alla preistoria ma per i greci erano storie vive, che parlavano all’uomo
contemporaneo. Lo stesso vale per noi. Il mito greco è sempre presente, come
simbolo, come tema letterario e iconografico. Del resto, basta andare in piazza
Duomo a Trento: la prima cosa che si vede è Nettuno col tridente».
In che misura il mito è un valore aggiunto
alla bellezza paesaggistica delle isole greche? Il turismo di massa, che si
muove spinto dalle mode, non rischia di offuscare il fascino che le avvolge?
«Ogni isola è legata a un mito, e ogni mito a
un luogo. Ogni paesaggio richiama un racconto, una storia. Il mio libro vuole
appunto mostrare i legami tra luoghi e mito. Certo, le isole sono piccole e
oggi la gente è troppa. Ma più del turista che vuole giustamente e onestamente
divertirsi io trovo fastidioso il viaggiatore finto-snob e finto-colto che
spesso coltiva un’immagine stereotipata della Grecia».
Lei ci racconta di Rodi, isola di “colossi e
cavalieri” e “rifugio mitologico degli eroi reietti e vagabondi”; di Kos, isola
di buoni medici; di Lesbo, isola dei poeti; di Naxos, isola dionisiaca… Ogni
isola, quindi, si attribuiva una particolarità che la rendeva unica. Una forma
di “promozione pubblicitaria” ante litteram?
«In un certo senso era così già
nell’antichità. Si andava a Kos per curarsi o per ricevere una grazia nel
santuario del dio Asclepio. A Rodi, c’ erano le migliori scuole di retorica,
anche Cicerone era andato a istruirsi lì. A Naxos, isola di Bacco, si era
sicuri di trovare buon vino. Gli uffici turistici oggi giocano ancora su queste
immagini tradizionali. Ma ovviamente la storia delle isole dell’Egeo non si
riassume in uno slogan: è molto più complessa e affascinante di come la
raccontano le guide turistiche».
Ulisse, prima ancora che per il puro piacere
di conoscere, è in viaggio per necessità: deve ritornare alla sua Itaca. Nel
mondo antico c’ era chi viaggiava solo per il gusto di farlo?
«Il saggio Solone andò in Egitto per scopi
che Aristotele descrive con le parole greche “emporia” e “theoria", cioè
sia per commerciare sia per vedere le bellezze dei luoghi. Secoli dopo,
Plutarco racconta le aspettative dei romani in vacanza alle terme di Edipsos in
Eubea: cercavano relax, mare limpido e pesce fresco».
Molte opere, parte integrante del paesaggio
che le ospitava (lei parla, per esempio, dei leoni di Delo), sono state
sostituite per motivi di conservazione da copie per essere chiuse all’interno
di musei. L’ambiente che ne era connotato perde la sua aura? Cosa possono
comunicare oggi delle opere decontestualizzate?
«Gli antichi vivevano di copie. Pensate ai
romani: copiavano un capolavoro greco e si sentivano come se avessero l’
originale. Poi c’erano statue speciali, come quella della dea Afrodite a Delo,
consacrata secondo il mito da Teseo, che era antichissima e insostituibile. Ma,
in genere, le opere d’ arte erano fatte per essere copiate o spostate. Uno dei
leoni di Delo oggi sta davanti all’ Arsenale di Venezia. Quella ormai è casa
sua. Nel libro racconto anche la storia avventurosa di queste opere d’ arte
che, dall’Egeo, arrivano a Venezia».
Lei scrive che “la storia, nell’Egeo, procede
per addizione”, che “le memorie si sovrappongono” e che “in ogni nuova forma
permane l’impronta del passato”. I racconti legati alle migliaia di migranti
che oggi stanno segnando la storia di Kos, Lesbo, Samo, Chio (non solo mete
turistiche, ma anche luoghi da incubo per gli hotspot sempre più affollati),
che tracce mantengono del passato?
«L’Egeo è mare di profughi da sempre. Il
troiano Enea, che fa tappa a Delo e a Creta abbandonando la sua patria
distrutta dalla guerra, è il profugo per eccellenza. Nel 1922 i greci d’Asia
vengono cacciati dai turchi e si mettono in mare lungo le stesse rotte seguite
oggi dai rifugiati siriani. Un giorno magari si scriverà un’ Eneide che
racconterà il viaggio dei migranti di oggi».
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