C'è un parallelismo interessante tra il ruolo simbolico
assunto dalla Statua della Libertà e il concetto di "ospitalità"
nell'antica Grecia.
Laura Benatti, 01/01/2018
Negli antichi l'ospitalità si reggeva su un sistema di
tre leggi non scritte: il rispetto del padrone di casa verso l'ospite, il
rispetto dell'ospite verso il padrone di casa, la consegna di un "regalo
d'addio" all'ospite da parte dell'ospitante. Un po' come, se vogliamo, è
successo in parte nell'America dal '900, in cui la Statua della Libertà è
divenuta simbolo di speranza per tanti emigrati che però hanno dovuto
sottostare a regole sempre più ferree.
È il 1886: irrompe nella Storia degli Stati Uniti d’America
la Statua della Libertà, probabilmente il monumento più noto al mondo, la
grande dea che scruta il mare a New York City, dai suoi 93 metri di altezza che
rendono Lady Liberty visibile da oltre 40 km di distanza, con i 47 metri di
piedistallo che la offre all’ ammirazione di tutti gli uomini. Si tratta di una
sagoma in acciaio rivestita di 300 làmine di rame. Tre grandi nomi sono legati
al destino del Colosso: René de Laboulaye, ideatore della Statua, Auguste
Bartholdi, scultore e Gustave Eiffel (creatore della Torre), ingegnere, che si
occupò della logistica delle 1.883 casse, numerate e catalogate per il futuro
assemblaggio (per far loro passare l’oceano, furono necessari molti viaggi di
una nave peraltro di stazza modesta e la Statua, che avrebbe dovuto esser
pronta per il centenario della Dichiarazione d’Indipendenza, nel 1876, fu
inaugurata solo dieci anni più tardi).
I nuovi immigrati, all'arrivo a New York, salutavano la
Statua della Libertà, simbolo di un nuovo inizio
La Statua della Libertà, al pari della piramidale Tour
Eiffel (la piramide-obelisco del Progresso che sfida il cielo) è un oggetto di
culto della “religione civica” che si esprime tanto spesso – almeno dalla
Rivoluzione francese in poi – attraverso un simbolismo neopagano. La Libertà,
come la Ragione, la Patria e la Natura, sono “figure femminili” che si possono
raffigurare come “dee” e che, sovente, assumono forme che rinviano all’archetipo
della Magna Mater – ad esempio, Iside, o a quello greco della saggia e
guerriera Athena. Nel 1924 Lady Liberty – ormai divenuta un simbolo di speranza
per tanti emigranti – fu dichiarata monumento nazionale: sappiamo che la
costruzione e la sistemazione erano state aiutate grazie a un’entusiastica
raccolta di fondi. Una poesia ad essa dedicata da Emma Lazarus, (1849/1887)
“The New Colossus”, recita fra l’altro: «…Datemi i vostri stanchi, i vostri
poveri, le vostre masse infreddolite desiderose di respirare liberi, i rifiuti
miserabili delle vostre spiagge affollate. Mandatemi loro, i senzatetto, gli
scossi dalle tempeste a me, e io solleverò la mia fiaccola accanto alla porta
dorata…».
Emma Lazarus
Dopo la sua morte, la portata della sua vita e della sua
carriera furono oscurate dalla fama di “The New Colossus”. Nel 1903, infatti,
alcuni versi del sonetto composto per la gara d’asta del 1883, vennero incisi
sul piedistallo della Statua della Libertà, per iniziativa di Georgiana
Schuyler, ammiratrice della giovane poetessa. Quando Emma compose il testo, non
aveva ancora veduto la statua di Bartholdi e, tre anni dopo, il 28 Ottobre
1886, mentre il Presidente Cleveland svelava la Libertà che illumina il mondo,
lei si trovava in Europa, già preda del male che di lì a poco l’avrebbe
divorata. Nel testo ritroviamo oggi tutto quanto per secoli gli Stati Uniti
hanno rappresentato per il mondo intero. Lady Liberty, messa a confronto con il
colosso di Rodi, incarna iconograficamente quel faro di speranza per gli
immigrati in cerca di una nuova casa. Una casa che è la terra di tutti, una
casa che si fa carico delle loro sorti…
“Non come il greco bronzeo gigante
Sopra ogni sponda despota predace:
Qui, su le soglie ove son l’onde infrante
S’ergerà la gran Donna dalla face
Che fe’ prigione il lampo, e un nome santo
Avrà: Madre degli Esuli. Il vivace
Suo faro invita il mondo, e il pio sembiante
Scruta il mar che tra due città si giace.
Antiche terre, – ella con labbro muto
Grida – a voi la gran pompa! A me sol date
Le masse antiche e povere e assetate
Di libertà! A me l’umil rifiuto
D’ogni lido, i reietti, i vinti! A loro
La luce accendo su la porta d’oro”.
L’ospitalità un tema attuale molto dibattuto, soprattutto
oggi, con le sue motivazioni giustificabilissime sia favorevoli sia contrarie,
ma soprattutto un leit-motiv classico: com’era intesa dai Greci antichi?
La “xenia” (in greco “xenía”) riassume
il concetto dell’ospitalità e dei rapporti tra ospite ed ospitante nel mondo greco
per il quale esso costituiva un aspetto di grande rilievo. Essa si reggeva su
un sistema di leggi non scritte che si possono riassumere in tre regole di
base: il rispetto del padrone di casa verso l’ospite, il rispetto dell’ospite
verso il padrone di casa, la consegna di un “regalo d’addio” all’ospite da
parte dell’ospitante. Il padrone di casa doveva essere molto gentile e
disponibile e fornire a colui che aveva accolto in casa cibo e bevande, la
possibilità di lavare il corpo e indossare vesti pulite. Non era considerato
comportamento educato porre domande fino a che l’ospite non lo avesse
“concesso”. Ciò era molto importante perché si pensava che gli dei potessero
assumere sembianze umane: se il padrone di casa avesse trattato male un ospite
dietro le cui vesti ci fosse stato un dio, sarebbe potuto incorrere nella
terribile punizione divina. Il dono finale d’addio dimostrava che il padrone di
casa era stato felice di avere accolto
l’ospite. Da parte sua l’ospite doveva essere assolutamente corretto, non
invadente, e doveva rispettare tutte le regole e le tradizione della “oikìa”
(in greco “casa”) che l’aveva ospitato. La xenia comportava anche il dovere di
ricambiare l’ospitalità ricevuta e quello di badare a qualunque ospite. Il dio
greco Zeus veniva a volte indicato con l’epiteto di “Xénios” “ospite” ad
indicare, fra gli altri suoi attributi, anche quello di protettore dei
viandanti. Questo mostra come il concetto di ospitalità fosse incarnato
profondamente nella spiritualità greca.
Odisseo mentre scaglia la freccia contro Antinoo
Nell’”Odissea” del poeta greco Omero troviamo un episodio
significativo: Antinoo, uno dei Proci, cioè dei Pretendenti della regina
Penelope, insulta e colpisce brutalmente un viandante che si è presentato a
palazzo in misere vesti di mendico, sotto cui si nasconde naturalmente il vero
padrone di casa, Odisseo, ma il suo comportamento è disapprovato fortemente
persino dai suoi compagni, gli altri Proci, ben consapevoli di come dietro ad
un viandante potesse celarsi la presenza di una divinità, in una di quelle
frequenti teofanie intente ad osservare gli uomini e i loro comportamenti,
retti o turpi che essi fossero. Si può osservare che la guerra di Troia,
descritta nell’ ”Iliade” di Omero, contiene una chiave interpretativa che la
legge come il risultato di una violazione delle norme della xenia. Paride
Alessandro, troiano, ospite del re greco di Sparta, Menelao, infrange
gravemente i vincoli dettati della xenia, seducendo Elena, la bellissima moglie
del re, e sottraendola al padrone di casa. Siccome una simile violazione della
sacralità della xenia si risolveva in un’offesa all’autorità di Zeus, gli
Achei, dunque, nel vendicare questa trasgressione, obbedivano ad un dovere
religioso che ritrovava nella famosa guerra di Troia, a tutti ben nota, la sua
logica conseguenza. Ancora nell’Odissea, ricordiamo l’episodio in cui Ulisse,
dopo varie peripezie, naufraga presso le terre di Alcinoo, re dei Feaci, e
viene accolto con tutti gli onori possibili nel palazzo reale dalla figlia del
re, Nausicaa.
Statua della Libertà
Molto suggestiva per la storia dell’antropologia, la
“teoria del dono” di Marcel Mauss, anche
se oggi viene tuttavia considerata superata da qualcuno: lo scambio dei beni,
anche se non fondamentale, è uno dei modi più comuni e universali per creare
relazioni umane, ma se l’equilibrio non viene ristabilito ricambiando il dono,
lo scambio viene interrotto e la forza si scatena contro il trasgressore. Il
modello concettuale della Statue of Liberty è il famoso Colosso di Rodi, cioè
l’immensa statua-faro raffigurante il dio Apollo che nell’antichità dominava il
porto dell’isola di Rodi e che era ritenuta una delle sette Meraviglie del
mondo. La sua concezione simbolica è ispirata ad un semplice, elementare
classicismo il messaggio del quale è comprensibile a tutti. Fasciata in un
semplice peplo greco, cinta di una “corona radiale” la severa figura muliebre
ritratta rappresenta la Libertà che con la sua face luminosa illumina il mondo
mentre, col braccio destro, sorregge le due tavole mosaiche della Legge le quali
recano la fatidica data del 4 luglio 1776, il giorno della Dichiarazione
d’Indipendenza degli Stati Uniti d’America. Se la forma delle tavole rimanda
alla tradizione mosaica, quindi biblica, la statua appare invece ispirata nel
suo complesso alla cultura classica, in particolare ad Athena, dea della
saggezza, della sapienza, delle arti e della guerra, nota anche come Pallade,
figlia prediletta di Zeus. Athena è nata, infatti, armata completamente dal
cervello di Zeus, spaccato con un’accetta da Efesto, dopo che Zeus aveva
inghiottito la prima moglie Metis. Athena è una divinità che difende gli eroi
positivi, le donne industriose e gli artigiani, protettrice del lavoro,
dell’operosità, dell’ intraprendenza, dello spirito d’imprenditorietà, del
commercio e dell’industria, tutti caratteri che connotano il popolo americano.
Lei insegnò agli uomini la navigazione, ad arare i campi, ad aggiogare i buoi,
a cavalcare,mentre alle donne a tessere, a tingere e a ricamare. È venerata presso i Romani col nome di Minerva.
A lei sono simboli sacri: la civetta, la vite, l’ulivo; l’elmo, la lancia e lo
scudo; indossa un mantello indistruttibile realizzato con la pelle della capra
Amaltea, che aveva protetto e nutritoil padre Zeus. Ma era anche una dea fiera
che puniva severamente chi osava competere con lei; numerosissimi sono i miti
greci che la vedono in competizione con chi ha osato sfidarla:
l’orgogliosissima Pallade trasformò in ragno la fanciulla Aracne (vd.aracnidi)
solo perché aveva osato dichiararsi più abile della dea stessa nella tessitura.
E così gli italoamericani, richiamati da intere
generazioni dalla fiaccola della Statue of Liberty e accolti con generosità in
una terra bellissima e ricca di promesse, sono magnanimi, laboriosi, ricchi di
iniziative e fanno onore alla loro terra d’origine, l’Italia, con il suo
glorioso e nobile passato.
LAURA BENATTI
Dopo essermi laureata in Lettere Classiche all’Università
Cattolica di Milano, ho iniziato subito ad insegnare lingua e civiltà latina e
greca al Liceo Classico e vi assicuro che in 30 anni di esperienza (arricchita
da continui aggiornamenti e concorsi) si è rafforzata sempre più in me l’idea
che la vera bellezza non è quella che al momento toglie il respiro, che
abbaglia, ma quella che non riesce ad essere scalfita minimamente
dall’implacabile trascorrere del tempo. Ed è questo che cerco di trasmettere
quotidianamente ai miei studenti e che proverò a raccontare con la mia rubrica
“Brand e Mito” ai miei lettori internazionali. A proposito, cari lettori,
scrivetemi tutte le vostre domande e curiosità: vi risponderò sicuramente e con
grande gioia!
sturmunddrangbenatti@gmail.com
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