Ripercorriamo la nascita, l’infanzia e l’adolescenza di Ercole,
un uomo che sarebbe diventato, nel giro di tempo, l’eroe più valoroso e più
importante di tutto il mito greco, e quindi di tutta l’umanità. Verità o
leggenda, il mito di Eracle (gloria di Hera),
latinizzatoErcole, è divenuto nei secoli uno dei personaggi
simbolo nel folklore popolare, come figura che osò sfidare l’egemonia degli dei
vincendo contro tutte le avversità terrene.
Marco Parisi - 13
gennaio 2018
L’inganno a Zeus
Dopo aver
fecondato Alcmena,
moglie di Anfitrione, con l’inganno, Zeus annunciò a voce alta agli dei: “Ascoltatemi,
dei e dee, che io possa esprimere ciò che il cuore mi ordina! Oggi la dea che
aiuta nei parti difficili, Ilizia, farà venire alla luce un uomo che regnerà su
tutti quelli che ci stanno intorno e che sarà del mio sangue!”
Hera, già al corrente dell’ennesimo tradimento
del marito, aiutata da Ate, la dea degli
inganni e degli errori, fa giurare al marito che l’uomo del suo sangue, nato
quel giorno cadendo ai piedi di una donna, avrebbe davvero regnato su tutti
quelli che stavano intorno. Il dio giurò ignorando che Ate si
era seduta sopra la sua testa per indurlo all’errore (quello di sedersi sulla
testa degli dei e degli uomini è la specialità della dea).
La nascita di Euristeo e di Ercole
Hera così lasciò la vetta dell’Olimpo ed
andò ad Argo presso
la corte di re Stenelodove
la moglie Nicippe era
al settimo mese di gravidanza. Stenelo è
figlio di Perseo, nato
appunto dal sangue di Zeus.
La fece così partorire e dopo un’ora circa nacque il figlio di Zeus avuto
da Alcmena,
ovvero Alcide,
nome derivato dal padre di Anfitrione Alceo.
Hera ritornò sull’Olimpo ed
annunciò a Zeus la
nascita dell’uomo che avrebbe regnato su tutti gli argivi, ovvero Euristeo,
il figlio di Stenelo e,
quindi, non Alcide,
“degradando” di fatto il semidio a servitore del sovrano legittimo di Micene e Tirinto.
Scoperto
l’inganno di Ate, Zeus l’afferrò
per i capelli e la scaraventò fuori dall’Olimpoespellendola
per sempre dal sacro monte, condannandola a vagare nel mondo per indurre così
all’errore solo i mortali.
Dato che non
poteva rimangiarsi la parola data, il dio
accettò il danno, però ottenne dalla moglie l’autorizzazione a “promuoverlo”
dio quando questi avesse completato le fatiche imposte da Euristeo.
Dopo Eracle,
nacque, sempre dal ventre di Alcmena, Ificle,
padre del futuro Iolao che
lo aiuterà a vincere contro l’Idra di Lerna (una
delle sue future fatiche).
L’inganno ad Hera e la nascita della “Via Lattea”
Dopo la
nascita, scoperta la verità sulla paternità del suo primogenito, Alcmena,
temendo la collera di Hera,
avvezza a far impazzire facilmente le rivali (v. Ino), espose il
piccolo su una pianura alle porte di Tebe completamente
privo di nutrimento materno.
Zeus così
convinse Atena ad accompagnare Hera a
fare una passeggiata nei pressi delle porte di Tebe. “Guarda, mia
cara, che bimbo eccezionalmente robusto!” disse la dea “glaucopite”
simulando una sorpresa. Raccolse il braccio da terra portandolo in braccio e
disse: “Sua madre deve
aver perduto il senno per abbandonarlo così in questo campo sassoso! Suvvia, tu
hai del latte, danne a questa povera creatura!”
La dea non
riconobbe il figlio di Alcmena, così
mostrò il petto per la poppata. Il bimbo però succhiò con tanta forza che la
dea non potette sopportare ed allontanò da sé il bambino; ma il latte della regina
degli dei lo aveva già reso immortale. “Quale mostro è
mai questo bambino!” gridò la dea ed uno schizzo di quel latte salì
in cielo ed arrivò ad un punto dell’universo che formò la “Via Lattea”.
Atena, quasi
ridendo, lo riportò dalla madre raccomandandole di averne cura.
Infanzia di Ercole
Una sera,
quando Ercole aveva
meno di un anno,Alcmena, dopo aver lavato ambo i gemelli ed
allattato i gemelli, li coricò sotto una coperta di vello di agnello in una
culla di bronzo che Anfitrione aveva
riportato come bottino dalla sua vittoria contro il pirata Pterelao.
A mezzanotte circa Hera mandò
due serpenti nella casa diAnfitrione per
uccidere Ercole.
I rettili arrivarono sin nelle culle dei due gemelli. Ificle lanciò
grida terribili che svegliarono i due coniugi. Anfitrione scalzo
si precipitò nella stanza dei figli dove vide Ificle riverso
a terra atterrito perché caduto dalla culla, mentre Ercole,
per nulla spaventato, anzi divertito, teneva ambo i serpenti uno per mano morti
strangolati. Il bimbo appena vide il padre glieli gettò ai suoi piedi.
Il mattino
seguente, Alcmena chiamò Tiresia e gli spiegò
gli avvenimenti della notte prima; egli parlò di un prodigo e vaticinò le
grandi imprese a cui era destinato. Consigliò inoltre alla donna di compiere un
sacrificio bruciando le spoglie di quei serpenti alla mezzanotte del giorno
successivo, di portare poi le ceneri sulla roccia che la Sfinge fece sua
dimora e spargerle in cielo senza mai voltarsi indietro a guardare.
I precettori di Ercole
Poco più che
bambino, Ercole ebbe
numerosi precettori che gli insegnarono sia le abilità nel combattimento che
nello studio delle arti.
Il primo
maestro fu il padre Anfitrione che
gli insegnò a guidare il cocchio ed a girare attorno alla meta senza sfiorarla.
Il secondo fu il dioscure spartano Castore che
gli diede lezioni di scherma, lo istruì nell’arte di maneggiare le armi e nella
tattica di cavalleria e fanteria. Arpalico poi
gli insegnò il pugilato ed infine Eurito gli
insegnò a maneggiare l’arco diventando in poco tempo il miglior arciere del
mondo.
Ebbe anche
come mentori Eumolpo e Lino.
Il primo era insegnante di canto e di musica – la sua mansione era quella di
insegnargli a suonare la lira –, mentre il secondo di letteratura. Un giorno, Eumolpo s’assentò
e Lino fece
da supplente, però Ercole si
rifiutò di seguirlo perché riteneva fuorviante la lezione del docente rispetto
a quelle impartite da Eumolpo;
così Lino lo
mise in punizione ed Ercole,
per ripicca, gli ruppe la lira in testa uccidendolo sul colpo.
Salvato da
una postilla del “codice di Radamanto” che
assicurava la “legittima difesa” contro un aggressione, Ercole,
seppur ragazzino, riuscì a cavarsela dal processo per omicidio. Il padre,
temendo che il figlio potesse uccidere ancora, anche involontariamente, lo
mandò a pascolare le mandrie in un possedimento agreste e colà visse sino alla
maggiore età.
Tespio e la nascita degli Eraclidi
Ercole, compiuti i
18 anni, lasciò le mandrie ed andò ad affrontare un leone che stava facendo
razzie alla mandrie sia del padreAnfitrione che
a quelle di Tespio,
sovrano di Tespie,
una piccola città in Beozia ai
piedi del monte Elicona,
il cui patrono era Eros, il dio
dell’amore e della passione carnale.
Quivi Ercole trovò
ospitalità presso il re perché il leone si rifugiò sull’Elicona.
L’eroe gli diede la caccia per ben cinquanta giorni e per cinquanta notti, a
sua insaputa, giacque con ognuna delle figlie che il re ebbe dalla moglie,
ingravidandole tutte.
Nacquero
così cinquanta figli denominati in futuro “Eraclidi”.
Il ritorno a Tebe, la guerra contro Orcomeno e la follia
Ucciso il
leone e vestito con la sua pelle, Ercole lasciò Tespie,
e ritornò a Tebesottomessa
da un’orribile immolazione di bestiame da versare alla vicina Orcomeno. Così
l’eroe organizzò il contrattacco riuscendo a vincere e liberare la stessa Tebe perdendo
però in battaglia l’amato padre Anfitrione.
Creonte così gli
diede in sposa la figlia Megara con
la quale ebbe due figli. Hera però
si vendicò sull’eroe rendendolo pazzo; Ercole, in preda al delirio, uccise i
figli.
L’eroe fu
così espulso dalla città, si recò a Delfi e
la Pitonessa gli
ordinò prima di cambiare il nome: da Alcide ad Ercole (latinizzato)
e poi di recarsi a Tirinto da Euristeoil
quale gli avrebbe ordinato di scontare la pena attraverso delle “fatiche”.
Bibliografia:
Karoly Kerenyi, Gli dei e gli eroi della Grecia, Il Saggiatore
Robert Graves, I miti greci, Longanesi e C.
Δεν υπάρχουν σχόλια:
Δημοσίευση σχολίου