Παρασκευή 12 Ιανουαρίου 2018

SULLE TRACCE DELL’ODISSEA. RISCOPRIRE NIKOS KAZANTZAKIS

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Nikos Kazantzakis è stato un genio indiscutibile. Ma è cosa poco nota. In Italia, pochissimi ne conoscono anche solo il nome. E tra quei pochissimi, la maggior parte non ha mai letto una sua opera e prevale semmai il vago ricordo dei titoli di coda di un film stratosferico interpretato da Anthony Quinn, Zorba il greco. 


Matteo Nucci - 18 dicembre 2017 

Questo pezzo è uscito sul Venerdì, che ringraziamo.

All’estero forse qualcosa cambia. Ma il problema è che nella sua stessa terra natale, Kazantzakis è stato osteggiato e continua a esserlo da uno schieramento di forze composite, a partire dalla potentissima chiesa ortodossa, passando per la destra, fino agli stessi intellettuali, giornalisti e scrittori, rosi dal livore dell’invidia nei confronti del genio. E tuttavia i suoi lavori restano per sempre a testimonianza di questa grottesca sorte di cui la storia farà giustizia.

Qui da noi, in Italia, presto una delle opere più eccezionali di questo intellettuale dalla versatilità mostruosa sarà disponibile in libreria. La rivalutazione deve finalmente cominciare. Nicola Crocetti usa parole di fuoco. Scrittore, editore, traduttore, Crocetti è oggi il più attivo a diffondere la poesia e in generale la letteratura neogreca in Italia. Ha tradotto i principali poeti greci del Novecento (su tutti Kavafis, Elitis, Ritsos e Seferis), sua è la splendida traduzione di Zorba il greco che ci ha permesso finalmente di leggere l’opera tradotta dall’originale, e sta ora portando a termine un lavoro immane: la traduzione dell’Odissea di Kazantzakis. Un poema di 33.333 versi di 17 sillabe per ricreare l’effetto dell’esametro antico. Bellezza e potenza difficili da definire, almeno come inquantificabili sono i problemi che il poema pone al traduttore.

“Kazantzakis innanzitutto aveva una capacità lavorativa immensa. Conosceva perfettamente sei lingue. Tradusse Odissea e Iliade, la Commedia di Dante, i poeti spagnoli della Generazione del 27. Portò in Grecia Nietzsche, il Faust di Goethe, Bergson, Machiavelli. Tradusse addirittura 12 volumi del vocabolario Larousse in dispense. Si guadagnava da vivere traducendo. E intanto creava. Diede alle stampe dieci romanzi, cinquanta opere teatrali, quattro biografie, diversi libri e racconti di viaggio (primo fra gli europei a raccontare Giappone e Cina del Novecento), centinaia e centinaia di articoli, e ciliegina sulla torta: quest’opera immensa che nel 1938 suscitò sconcerto pari solo all’Ulisse di Joyce.

In essa, Kazantzakis fa sua la raccomandazione di Dante “fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e conoscenza” e mette in scena un Ulisse che non ha più nulla dell’eroe omerico, ma in cui transustanzia se stesso e il suo ideale di uomo”. Difficile definire quest’ideale senza mettere accanto alla sete di conoscenza dell’Ulisse dantesco, il vitalismo che Kazantzakis sviluppò soprattutto leggendo Nietzsche, un vitalismo che si unisce allo spiritualismo ascetico messo alla prova dall’autore durante tutta una vita di viaggi e nomadismo (nacque a Creta nel 1883, visse fra Parigi, Berlino, Mosca, Italia, Spagna, Egina, Cipro, Egitto, Cecoslovacchia, Antibes). “Per definire l’eroe, Kazantzakis usa quasi centocinquanta epiteti. Il più frequente è l’Asceta”. Crocetti inizia a snocciolare a memoria e non si ferma più. “Mente di volpe. L’Amareggiato. Lo Spietato. Occhi di stella. L’Orgoglioso. L’Assediato dalle ombre. Il Volitivo. Il Subdolo. Il Combatti dèi. Il Paziente. L’Ambiguo. Il Solitario. Mente di Fiamma. Il Ladro di anime. Il Conosci Cuori. L’Eclettico… Ulisse è tutte queste cose assieme. Un Superuomo con virtù e difetti dell’uomo normale, con quella tensione ascetica tutta propria di Kazantzakis stesso, che possiamo ben ritrovare nella sua biografia di S. Francesco, in effetti quasi un’autobiografia”.

La storia che racconta questo poema debordante parte dalla fine dell’Odissea omerica. Ulisse è costretto a ripartire quando scopre un complotto delle donne di Itaca che assieme a Penelope e allo stesso Telemaco si preparano a ucciderlo. Mette assieme una ciurma di cinque uomini, costruisce una nave e la prima meta è Sparta dove Menelao, vecchio e imbolsito, lo delude. Elena invece è ancora bellissima e Ulisse la porta via con sé. A Creta però Ulisse cede Elena a un biondo giardiniere e si lancia in Egitto dove prende a risalire il Nilo in cerca delle sue sorgenti (tema che all’epoca tormentava molti esploratori).

Combatte, rovescia governi, incontra la Morte e passa una giornata in sua compagnia (si addormentano assieme, in un brano fenomenale, e la Morte sogna, e l’incubo da cui desidera risvegliarsi al più presto è il contraltare degli incubi umani: essa infatti sogna la vita). Incontra filosofi, Gesù Cristo, personaggi mitologici. Il viaggio si trasforma in un viaggio nel tempo in cui Ulisse e i suoi compagni si disfano delle enormi ricchezze accumulate a Eliopoli. Arrivano in Sudafrica. Di qui Ulisse s’imbarca su una specie di kayak, da solo. Naviga verso l’Antartide e l’aurora australe, infine muore schiacciato da un iceberg mentre la sua anima si fa fiamma, luce, spirito.

“Oltre alla ricchezza dei temi, è la lingua che Kazantzakis usa a sconcertare. Più di 8000 sono i lemmi introvabili su qualsiasi dizionario greco che rendono la lettura difficile per i greci stessi. Parte sono conii dell’autore. Parte sono termini dialettali che Kazantzakis raccolse in un’opera infaticabile dal lessico di pescatori, contadini, mestieranti cretesi. Si era accorto che una lingua intera sarebbe morta. Pensò di salvarla in un vocabolario. Poi creò l’Arca di Noè del suo poema. Un mondo intero salvato alla distruzione”. Al tempo stesso una fatica immane per i traduttori. “L’ottima versione inglese di Kimon Friar  ha venduto oltre 200.000 copie. La versione tedesca ne ha vendute 80.000. I lettori sono entusiasti. Non potevo sottrarmi. Avevo cominciato fin da ragazzo ma mi accorsi in fretta di essere del tutto impreparato. Mi sono rimesso all’opera tre anni fa, dopo aver finito il lavoro su Zorba. In un anno conto di finire e in massimo due anni il libro sarà disponibile”.

Si potrà cominciare anche da noi a restituire a Kazantzakis quel che non ebbe mai? Lui che perse il Nobel per un voto quando fu Camus a vincere. Lui che terminò il poema chiudendosi in una solitudine estrema sull’isola di Egina dopo dodici anni di riscritture. “Difficile dire quel che accadrà. I meriti sono indiscutibili. A me l’unica certezza l’ha data il traduttore svedese: non conosceva neppure il neogreco quando andò in pensione lasciando l’insegnamento in un liceo e cominciò a studiare solo per tradurre quest’opera unica. Oggi ha superato abbondantemente i cent’anni e sta lavorando a una revisione. È in forma perfetta. Quando gli ho chiesto qualche consiglio si è limitato a dirmi: “Bravo. Traduci l’Odissea. È un lavoro immane. Ma allunga la vita”.

Matteo Nucci

Matteo Nucci è nato a Roma nel 1970. Ha studiato il pensiero antico, ha pubblicato saggi su Empedocle, Socrate e Platone e una nuova edizione del Simposio platonico. Nel 2009 è uscito il suo primo romanzo, Sono comuni le cose degli amici (Ponte alle Grazie), finalista al Premio Strega, seguito nel 2011 da Il toro non sbaglia mai (Ponte alle Grazie), un romanzo-saggio sul mondo della moderna tauromachia: la corrida. Nel 2013 ha pubblicato il saggio narrativo Le lacrime degli eroi (Einaudi), un viaggio nel pianto che versano a viso aperto gli eroi omerici prima della condanna platonica. Nel 2017 è uscito il romanzo È giusto obbedire alla notte (Ponte alle Grazie). I suoi racconti sono apparsi in antologie e riviste (soprattutto Il Caffè Illustrato e Nuovi Argomenti) mentre gli articoli e i reportage di viaggi escono regolarmente su Il Venerdì di Repubblica.


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