Ecco cosa
c'è alla base delle proteste di Salonicco contro l'uso improprio del termine
'Macedonia' strumentalizzate dalla destra radicale, secondo Dimitri Deliolanes,
scrittore e giornalista corrispondente da Roma per l'emittente televisiva greca
'ERT'.
DI ALESSANDRO ALBANO - 23 GENNAIO 2018
Da 27 anni,
la Grecia e la Repubblica di Macedonia (FYROM) continuano a discutere sull’utilizzo
del nome stesso di Macedonia della regione a nord della Grecia, dove abitano
circa 2milioni di abitanti. Domenica scorsa, nella città di Salonicco, capitale
della regione greca della Macedonia e seconda città più popolosa dopo Atene,
hanno manifestato circa 90mila persone, secondo le stime ufficiali della
Polizia, per protestare contro un possibile accordo con la Repubblica di
Macedonia. Al centro del dibattito, il permesso per la FYROM di usare il nome
Macedonia anche per quella parte meridionale storica della regione che la
popolazione greca reclama come parte fondamentale dell’identità culturale ed
etnica della Grecia.
La diatriba
recente tra i due Stati risale a dopo l’indipendenza della Macedonia dall’ex
Jugoslavia nel 1991, quando vennero sollevate obiezioni riguardo il nome della
neo Repubblica. La Grecia ritiene che il termine ‘Macedonia’ sia appartenente
alla propria cultura, a causa dell’omonima regione settentrionale greca, la
Macedonia appunto, con capoluogo la città di Salonicco. Un ruolo e un peso
specifico nella questione attuale lo gioca anche la spartizione della
Macedonia, iniziata dopo la sconfitta ottomana, nel 1913, che ha suddiviso il
territorio macedone in tre parti: greca, serba e bulgara.
Fino ad ora,
la Repubblica di Macedonia non ha potuto prendere prendere parte né nella Nato
né nell’Unione Europea, proprio a causa della questione del proprio nome.
Problema sollevato anche dal Generale della Nato Jens Stoltenberg in visita a
Skopje nei giorni scorsi, dove ha dichiarato che prima di aderire all’Unione
Atlantica, la Macedonia deve risolvere la questione nominativa con la Grecia.
Per
rispondere a 10 anni di politiche nazionaliste dell’ex premier macedone Nikola
Gruevski, che di fatto si è appropriato della cultura ellenica come parte della
Macedonia ex Jugoslavia, il neo Primo Ministro Zoran Zaev ha aperto al Governo
greco in direzione di un accordo condiviso, al fine, anche, di far entrare
Skopje sulla scena internazionale. Da parte sua, il Premier greco Alexis
Tsipras ha accolto positivamente l’apertura macedone, ed ha proposto che
l’utilizzo del nome Macedonia non sia ad uso esclusivo di una regione, in
questo caso quella greca, a patto che vengano rispettate le origine storiche e
culturali della regione interessata.
Il
compromesso scelto dal leader di Syriza non ha, però, trovato un grande
riscontro nell’opinione pubblica, che in massa si è recata a Salonicco per
protestare contro l’uso ‘improprio’ del nome Macedonia da parte dello Stato ex
jugoslavo. Alla manifestazione di domenica, oltre ad una grossa fetta di
manifestanti senza appartenenza politica, tra cui anche macedoni, hanno preso
parte anche il movimento nazionalsocialista di Alba Dorata e il partito di
destra parlamentare Nea Demokratia.
Fondato da
Nikolaos Michaloliakòs nel 1993 ed entrato nel Parlamento greco dopo le
elezioni del 2012, Alba Dorata vede nella riconquista culturale della regione
una propria affermazione elettorale e patriottica, soprattutto alla luce degli
ultimi sondaggi che vedono il movimento fermo tra il 7 e 9%, e soprattutto dopo
la svolta radicale di Nea Demokratia sotto la leadership di Kyriakos
Mitsotakis, che ha inglobato nel suo bacino elettorali una buona parte degli
ex-sostenitori del gruppo nazista.
Con Dimitri
Deliolanes, scrittore e giornalista greco da anni corrispondente da Roma per
l’emittente , abbiamo discusso delle ragioni storiche dietro la diatriba sul
nome della Macedonia che hanno portato alle proteste di sabato, e sulla
presenza strategica dei partiti di estrema destra, come Alba Dorata e Nea
Demokratia,
Agli occhi
dell’Europa, e del mondo, la disputa intorno al nome della Macedonia, FYROM,
può sembrare una semplice questione politica. In realtà, le ragioni vanno
ricercate nella storia recente, e passata, delle due regioni. Perchè, per i
greci, è così importante la questione macedone?
I Balcani
sono famosi per le controversie nazionali che li hanno sempre infiammato. La
questione macedone è una di queste, anche piuttosto recente, se consideriamo
che ammonta appena ad un secolo fa la spartizione della Macedonia ottomana in
tre parti, una (quella con maggiore estensione) alla Grecia, una alla Serbia e
un’altra alla Bulgaria. Da allora non ha mai smesso di esserci un movimento
politico slavo, che si autodefinisce ‘macedone’, che promuove una politica
irredentista, rivendicando l’’unificazione’ delle tre parti sotto un’unica
bandiera. E’ evidente che tale progetto politico non ha alcuna possibilità di
riuscita, ma riesce benissimo a creare un clima di tensione e di sospetto.
Bisogna quindi risolvere il problema del nome della Macedonia ex jugoslava in
maniera che gli estremisti irredentisti non abbiano alcun appiglio per la loro
propaganda destabilizzante.
La protesta
è iniziata dopo che il primo ministro greco Tsipras ha aperto alla possibilità
di trovare una risoluzione condivisa per il nome della regione macedone. Che
strada intraprenderà dopo gli avvenimenti dell’altro giorno? Sceglierà una
soluzione più nazionalista andando verso l’approvazione dell’elettorato?
Per la
verità Tsipras ha corrisposto alle aperture che sono venute dal nuovo governo
di Skopje, il quale ha voluto cambiare radicalmente direzione rispetto al
governo nazionalista precedente e si è dichiarato disponibile a trovare un
compromesso onorevole che non umili nessuno dei due paesi coinvolti. Sarebbe
stato un errore non corrispondere a un’apertura del genere. Credo quindi che
Atene parteciperà ai negoziati con spirito costruttivo in modo da risolvere la
questione nella maniera migliore.
Il Premier
macedone ha dichiarato di essere da quella parte irredentista della questione,
ritendendo infatti che la Macedonia si una repubblica indipendente dalla Grecia
anche culturalmente. Crede che le posizioni dei due premier potranno avvicinarsi,
anche alla luce delle ultime proteste?
L’indipendenza
della Repubblica ex jugoslava nessuno la mette in discussione. Nè sono state
avanzate da parte greca delle rivendicazioni di tipo territoriale. La
controversia riguarda il nome e l’identità culturale ed etnica dei nostri
vicini. La Grecia ritiene che non possano pretendere di avere il monopolio del
nome –carico di storia e di civiltà- di Macedonia, nè i loro cittadini possano
essere gli unici macedoni, a discapito dei macedoni greci ed anche di quelli
bulgari. Quindi da parte greca si è proposto un nome composto in cui la
Macedonia ex jugoslava sia ben definita in termini geografici, quindi ben
distinta dalle altri parti della regione storica della Macedonia. Secondo
alcuni media di Skopje, il mediatore dell’ONU Matthew Nimetz avrebbe proposto
nomi del tipo “Nord” oppure ‘Alta Macedonia’ oppure ‘Vardarska Makedonija’, dal
fiume Vardar (in greco Axios) che la attraversa. Tutti in lingua slava, non
tradotti, ed in vigore erga omnes. Sembrerebbe che i negoziati si muovano su
questa direzione. Quelli che hanno protestato domenica a Salonicco non vogliono
che sia presente il nome Macedonia. Ma arrivano in ritardo: già dal 1995 Atene
e Skopje hanno relazioni diplomatiche sulla base del nome provvisorio di
Repubblica ex jugoslava di Macedonia’, in inglese FYROM.
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