© AP Photo/ Boris Grdanoski
A Salonicco
il 21 gennaio c'è stata una grande manifestazione contro l'uso della parola
"Macedonia" del paese confinante.
24.01.2018
La protesta,
formalmente, non è associata ad alcun partito, hanno partecipato i
rappresentanti del clero, i membri dei sindacati, i politici locali
conservatori, i pensionati militari. Secondo diverse fonti, contro la
"componente macedone" del nord hanno marciato 100.000 persone. I colloqui di Skopje e Atene sul nome del
paese sono all'inizio, i greci stanno difendendo, come dicono, gli interessi
nazionali. Ad Atene si astengono da dichiarazioni radicali, il primo ministro
greco Alexis Tsipras ha detto che è necessario trovare la possibilità per
risolvere la controversia, ha promesso di prendere in considerazione tutte le
preoccupazioni della società greca.
Allo stesso
tempo, il nuovo governo della Macedonia, guidato dal leader dell'SDSM Zoran
Zaev è occupato a rendere l'albanese seconda lingua di stato, che, secondo
l'ultimo censimento ufficiale, è parlata dal 20% della popolazione. Questo
documento si rifiuta di firmarlo il presidente George Ivanov, il rappresentante
del partito di opposizione, il VMRO-DMPNE, che ha spiegato che questa decisione
"favorisce solo la lingua albanese".
L'analista
di Skopje Aleksandar Dastevski in un'intervista a Sputnik ha detto che le
manifestazioni in Grecia dimostrano che non c'è soluzione semplice.
"La
questione del nome non è facile decidere, la situazione è ancora più difficile
e complicata. Ci vorrebbero due referendum su questo tema, uno in Grecia e uno
in Macedonia. Secondo i rapporti ufficiali, Atene non ha intenzione di fare un
referendum. In estate la Grecia aspetta le elezioni, se vincerà la destra,
tutti gli accordi tra Atene e Skopje possono essere facilmente cancellati. Il
governo macedone ha una situazione ancora più interessante: si prevede che nel
mese di giugno, al vertice della NATO, il paese verrà invitato nell'Alleanza. E
questo non accadrà, se non verrà trovato un compromesso per quanto riguarda il
nome. Se la Macedonia non entrerà nella NATO, sarà un duro colpo per la
reputazione delle nuove autorità, che in un anno non sono riuscite a risolvere
molte questioni importanti. Tutto questo può portare a nuove elezioni
parlamentari".
Secondo
l'analista, il problema è che nel paese non c'è dialogo politico di qualità,
questo potrebbe portare ad un accordo sul nome del paese:
"In
ogni caso, può accadere quello che ha previsto la Russia: l'Occidente cercherà
tutti i modi possibili di risolvere questo problema, per prendere il nostro
paese nell'alleanza militare. Questo significherebbe per noi ancora più
pressione, mentre avverrebbe al contrario in Grecia. È una situazione pericolosa,
in quanto si può arrivare non solo a cambiare il nome del paese, ma anche a
creare un "nuovo" stato, che, temo, il popolo non chiede. A decidere
sarà la comunità internazionale" ha detto.
A seguito
della Terza guerra macedone, nel secondo secolo della nostra era, lo stato
allora chiamato la Macedonia, ovvero l'attuale ex repubblica jugoslava, che
rientra nella omonima storica area dell'antica Macedonia, ha perso contro Roma
ed è stata divisa in quattro parti. Non sappiamo se è stato un errore degli
antichi redattori delle mappe, pubblicate nella raccolta greca Eleftheri ora,
come affermano adesso la chiesa greco-ortodossa e i partiti di destra, ma anche
lì la Macedonia era divisa in quattro parti. È vero, a quanto pare, tenendo
conto delle due guerre dei Balcani all'inizio del ventesimo secolo e l'attuale
situazione nei Balcani, con componente albanese, serba, bulgara, greca.
"La decisione è sul confine con la Serbia", si legge nell'articolo,
che ha causato un grave scandalo nella stampa macedone.
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