Sono dappertutto nell'isola greca dell'Egeo svelata dal film di Salvatores.
L'antica Megisti, invasa da turisti e imprenditori, non ha perduto la
tranquillità e la pace.
Di Alessandro Robles - 03/01/2017
Tutta la vita si muove attorno al porto. Locande, piccoli hotel, bar,
ristoranti sono gestiti dagli eredi dei vecchi abitanti.
L'inverno dura poco. Il terremoto del 1926 e i devastanti bombardamenti
dell'ultima guerra mondiale, due tragedie di una lunga storia.
Il tramonto a Kastellorizo
Fiore di mare, vedetta lontana, l'antica Megisti sboccia di sole al mattino
e si chiude d'arancio al tramonto dietro le montagne. I suoi canti sono
racchiusi nei volti arsi e nei muri dai colori intensi. I ricordi sono sepolti
sotto le macerie vestite di sterpaglie. La storia, narrata da foto sbiadite e
impressa in pietre e legni, è custodita dalle nuove generazioni di un popolo
con i modi bruschi e gli occhi grandi.
Megisti (Meyis in lingua turca) dal nome del suo primo governatore
Megistea, è ancora Grecia, ultimo vessillo nel Mar Mediterraneo a poche
centinaia di metri dalla Turchia, terra in più del Dodecaneso, talmente
spostata a oriente da essere indicata in un riquadro a parte nelle carte
geografiche dell'Europa. L'isola, oggi chiamata Castelrosso o, alla greca,
Kastellorizo, nome dato dai Cavalieri di San Giovanni di Rodi che vi
approdarono nel 1306, è un avamposto col castello diroccato in cima alle case e
agli scogli che diventano rossi quando piove. Un castello che svetta contro
l'altra sponda che di rosso ha il colore della bandiera.
Il castello di Kastellorizo
Al centro dei commerci e del traffico marittimo, grazie all'insenatura
naturale e un mare profondissimo, Kastellorizo ha vissuto a pieno le vicende
del Mediterraneo: l'arrivo dei Veneziani, un lungo dominio ottomano e il
passaggio di mercanti fin quando, nel 1943, dopo le conquiste di francesi e
italiani, lo scalo marittimo fu occupato dalla resistenza greca..
Kastellorizo - Il porto in un immagine d'epoca - Da www.Kastellorizo.org
In quegli anni l'isola portava ancora i segni di una tragedia immane, il
terremoto del 1926, che aveva sgretolato un porto florido e fittamente abitato
da case semplici come i sogni di chi ha i piedi protesi verso la realtà ma le
mani segnate dalle reti e la pelle lucida di salsedine. E per poco bastò la
forza d'animo, il sangue di una razza testarda capace di riconquistare il
controllo della sua terra.
La Seconda Guerra Mondiale giunse dal cielo con un carico di distruzione.
Mentre i superstiti scappavano per mare alle isole vicine, il fuoco tedesco
lasciava un paesaggio devastato e desolante, un piccolo porto con una ferita
incommensurabile. Una ferita che ancora oggi ha cicatrici visibili, almeno fino
a quando non sarà completamente coperta dalla mano dell'opulenza, da
costruzioni che hanno un volto antico ma non il cuore, alloggi che spuntano dal
ricordo di una sofferenza che a breve solo le carte potranno raccontare.
Kastellorizo - Una scena del fil Mediterraneo di Gabriele Salvatores
L'edilizia di Kastellorizo è costituita da fronti continui di residenze
unifamiliari in stile neoclassico, simili a quelle di altre isole del
Dodecaneso, addossate al piccolo porto e lungo terrazzamenti che salgono sul
monte brullo. I tetti sono a due falde con un occhio rotondo sul frontone
triangolare che guarda il mare. Sul prospetto principale, un balcone in legno
segue lo stile mantenuto anche nelle nuove costruzioni, edificate da mani
straniere, specie albanesi. Una lenta e continua crescita che sta mascherando
ma non stravolgendo l'aspetto di uno scoglio dal fascino irresistibile.
Chi giunge in questa riva viene colto da un senso di smarrimento dapprima e
da un inspiegabile coinvolgimento appena s'immerge nel clima e nella vicenda
umana dell'isola. Kastellorizo è un approdo esclusivo, un luogo in grado di
ispirare memorabili produzioni artistiche. Innanzitutto Mediterraneo di
Gabriele Salvatores, premio Oscar come miglior film straniero, ambientato nel
1941. I fotogrammi di quella pellicola sono nella memoria di tutti, turisti e
isolani.
Kastellorizo - Panorama
"Mediterraneo, per informazioni rivolgersi a Chico" è la scritta
azzurra che ancora oggi appare su un muro bianco nella piazza principale del
borgo, una scritta rinnovata per tenere vivo il ricordo di un evento unico.
Attraversare i viottoli e immergersi nei mille volti dell'isola fa rivivere i
set scelti da Salvatores come la casa azzurra della "puta"
Vassilissa, i panorami che si scorgono percorrendo le salite, fino
all'aeroporto in cima al monte, il campo arido della partita a pallone di
Abbatantuono e compagni.
Da quel 1991 molto è cambiato. Allora poche e sporadiche case spuntavano in
un porto pressoché disabitato. In questi venti anni sono arrivati turisti,
imprenditori, personaggi famosi o semplici curiosi. Il film è stata una fortuna
e una condanna. Ma la ricrescita economica dell'isola non ha intaccato la
tranquillità e la pace che ancora avvolge muri, barche, sassi e mare. Ne sa
qualcosa David Gilmour, storico componente dei Pink Floyd, che cinque anni fa
da quel silenzio ha estratto On a island, terzo album da solista nel quale
spicca il brano Kastellorizon, opera venduta in un milione di copie e che ha
messo un sigillo da leggenda sulle note della fedele Stratocaster e sui
sessant'anni del musicista inglese.
Kastellorizo - Le case colorate
Tutta l'isola vive e si muove nel porto, dal minareto della moschea ora
adibita a museo fino all'eremo dello scultore con la barba lunga. Locande,
ristoranti, bar, tabaccherie e piccoli hotel, sono gestiti dagli eredi dei
vecchi abitanti o, solo in alcuni casi, da chi all'isola ci è arrivato dopo. Il
porto è l'approdo di panfili con alberi altissimi che scintillano solo di
metalli e traghetti di linea che di traverso sembrano toccare gli estremi del
molo.
Sbarchi e partenze accompagnano i giorni di commercianti, pescatori, reti e
gatti. Gatti dappertutto. Si possono trovare sulle matasse lasciate nei
viottoli, sotto i tavolini al ciglio della banchina, a decorare
involontariamente ogni immagine fotografica o in attesa del pesce che il
ristoratore pulisce all'imbrunire davanti ai passanti per attirarli alla
propria locanda. A Kastellorizo il porto è l'anima che dà il ritmo al giorno,
lo spirito che alita nella notte, la vita e la morte.
Kastellorizo - Il porto
Oltre l'insenatura che guarda la Turchia non c'è nulla di abitato. Le
costruzioni si limitano a qualche chiesa, come quella di Santo Stefano,
raggiungibile in barca nei tour organizzati che ti portano anche alla Grotta
azzurra. E poi ci sono ruderi, tratturi, arrampicate. Alla principale insenatura
segue un'altra più piccola e meno ventilata dove l'estate avverti un'oppressiva
canicola. Qui regna una particolare quiete, quella del ricordo e del culto dei
morti, sepolti nel piccolo camposanto in fondo alla strada, a pochi passi dal
mare. Qui coesistono le radici nelle bare sotterrate e sovrapposte, nelle
lapidi che qualcuno va a pulire dalla polvere o a benedire di preghiere. Al
cimitero degli uomini in basso fa da contraltare il cimitero delle cose in cima
alla montagna.
Scendendo a piedi dall'aeroporto, sotto lo sguardo sgomento di chi ci
passa, appare una distesa di rifiuti d'ogni tipo lanciati lungo un dirupo. È la
faccia triste di un territorio esclusivo. Ma forse è proprio la somma delle
contraddizioni che crea un magnetismo fortissimo, come il clima di pace
all'ombra di una caserma, un esteso insediamento militare che finisce fin nelle
viscere del monte. Perché qui la guerra dicono non sia mai finita. E la vicina
Ro, isola che la signora Despina abitò da sola fino all'ultimo respiro, è frequentata
solamente da militari greci. La costa è impraticabile e l'isola si può
circumnavigare con le imbarcazioni dei pescatori, figli di chi questa terra non
l'ha mai abbandonata.
Kastellorizo - Le tipiche case colorate
Residenti alla vicina Rodi, schedati nei censimenti e nelle pubblicazioni,
i greci di Castelrosso sono la presenza fissa d'ogni estate e i pendolari di un
inverno che da queste parti dura poco davvero. Durante la stagione turistica,
si spostano ogni venerdì mattina alla dirimpettaia città di Kas per comprare
frutta e verdura al mercato turco. Anche chi è andato molto lontano, dall'altra
parte del mondo, è tornato o ci torna ogni tanto. Sono i Kassies, greci
emigrati in Australia. Mori e chiari, lingue e dialetti tra il greco e l'inglese
si miscelano fino a confondersi nelle voci dell'isola.
C'è anche chi decide di sposarsi a Kastellorizo, come l'australiana di
origini greche e il giovane italiano emigrato in Oceania, quel sabato di fine
settembre. Un sodalizio che ha un sapore universale in una terra di confine. Il
rito ortodosso si celebra con formule antichissime, canti a più voci in greco
arcaico e un ritmo serrato nello svolgimento. Gli sposi hanno addosso il fiato
dei parenti mentre giurano l'amore per sempre. Non ci sono auto fiammanti
parcheggiate fuori alla centrale chiesa di San Nicola. Si arriva a piedi
all'unico hotel con la terrazza grande. E si festeggia.
Kastellorizo - Le barche dei pescatori
Kastellorizo appare immersa nella quiete di pochi abitanti, ma la notte il
mare ti parla delle sue anime. Se non ti coglie il sonno, in una di quelle
costruzioni addossate al porto puoi ascoltare nella piccola camera col soffitto
di legno le voci dell'isola che vive appena sotto il tuo letto. L'acqua, smossa
dal vento e dalle correnti, scivola e sbatte contro muri e scafi, le
imbarcazioni con alberi e funi producono sulla parete ombre rapide e oblunghe
d'inquietudine marina. Kastellorizo è una terra fra le terre, mediterranea come
nessun'altra, in mezzo alle vicende delle civiltà, un porto di colori accesi
rinati dalla cenere.
L'antica Megisti è la convivenza degli opposti, l'equilibrio delle
distanze, la storia di storie fra gloria e disperazione, separazione e ritorno,
custodite in una quiete straordinaria. È brezza, sole, remi e tartarughe
marine. È il segreto celato dietro i calli dei pescatori e quello che non sanno
più esprimere gli sguardi freddi dei soldati. Un'isola che rivela, a chi la
cerca, la sua grande certezza: non c'è vicenda né volontà in grado di strappare
un germoglio che la sola acqua del mare può far rifiorire.
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