Sta per
concludersi il programma di aiuti con cui ha ricevuto oltre 300 miliardi di
euro, il piano di salvataggio più grande della storia.
Lunedì 22
gennaio i ministri delle Finanze dei paesi che usano l’euro come moneta hanno
raggiunto un accordo politico sull’erogazione di una nuova parte di aiuti alla
Grecia pari a 6,7 miliardi di euro, dopo aver concluso la terza verifica del
programma: dopo aver constatato, cioè, che il paese guidato da Alexis Tsipras
ha attuato la maggior parte delle nuove riforme imposte dai creditori
internazionali. Per l’erogazione effettiva dei nuovi fondi – che avverrà in due
fasi: la prima, più consistente, il prossimo febbraio, e la seconda in aprile –
mancano ancora poche riforme da approvare. Secondo il Commissario europeo per
gli affari economici e monetari, Pierre Moscovici, la Grecia ha adottato 95
delle 110 riforme richieste e che hanno causato scioperi e proteste in tutto il
paese.
Questo nuovo
esborso è stato ottenuto dalla Grecia con molta meno difficoltà rispetto al precedente,
pari a 8,5 miliardi di euro, che è stato concesso solo dopo lunghi mesi di
trattative. Un pagamento finale, il cui importo non è stato ancora deciso,
dovrebbe essere versato a giugno in cambio di ulteriori riforme. Il presidente
dell’Eurogruppo Mario Centeno ha anche parlato dell’avvio, in futuro, dei
lavori per valutare una riduzione del debito greco, una misura che Tsipras
chiede da tempo. Tsipras vuole cioè allungare la scadenza dei prestiti anche di
alcuni decenni, dando così più margine al governo per attuare politiche
espansive e permettere una loro maggiore sostenibilità (più spesa senza
rimetterci troppo, in pratica). Gli aiuti versati finora sono serviti – e
continuano a servire – per pagare i debiti ai creditori internazionali e in piccola
parte ai creditori interni, ma non permettono nuovi investimenti, né una
riduzione anche minima dell’austerità o spazi di manovra quando si presentano
delle emergenze.
L’operazione
di alleggerimento del debito, che un tempo sembrava impensabile, continua a
essere osteggiata da alcuni paesi (per esempio la Germania) ma è stata presa in
considerazione da altri ed è ritenuta necessaria anche dal Fondo Monetario
Internazionale. Molto probabilmente gli altri paesi dell’euro studieranno un
particolare un meccanismo proposto dalla Francia che prevede di collegare il
rimborso del debito al livello della crescita greca: a una crescita deludente
corrisponderebbe una riduzione del debito più significativa; se invece la
crescita fosse conforme alle aspettative, non ci sarebbero riduzioni.
Il programma
di salvataggio in corso – il terzo, approvato nell’agosto del 2015 e pari a 86
miliardi di euro – terminerà nell’agosto del 2018. Negli ultimi cinque anni i
fondi destinati al paese sono saliti a un totale di 326 miliardi di euro, la
più grande operazione di salvataggio finanziario della storia. Tra le richieste
fatte dai creditori ci sono state una severa riforma delle pensioni, l’aumento
dell’IVA, nuove leggi sul lavoro, l’innalzamento delle imposte indirette, la
riduzione della spesa, dei salari pubblici tra il 10 e il 40 per cento e la
privatizzazione di alcuni settori. In alcuni momenti particolarmente critici il
governo greco ha anche fatto ricorso a misure emergenziali, come il controllo
sui capitali imponendo limiti ai prelievi giornalieri dai conti correnti che
avevano causato code agli sportelli delle banche. La scadenza dell’attuale
legislatura è nel 2019, ma la fine del programma potrebbe comunque portare a
nuove elezioni.
Entrata nel
suo ottavo anno di riforme economiche imposte dai creditori internazionali, la
Grecia si ritrova in una situazione economica e sociale piuttosto fragile. Dal
2010 ad oggi ha perso un terzo del suo PIL, mezzo milione di persone è emigrato
all’estero e il 20 per cento più povero della popolazione ha perso il 42 per
cento del suo potere d’acquisto. Lo stato ha un debito pari al 180 per cento
del PIL e il tasso di disoccupazione – che è comunque diminuito – è ancora tra
i più alti d’Europa. Gli stipendi medi sono calati e la riduzione dei redditi
dei lavoratori e delle lavoratrici ha portato all’impoverimento delle famiglie.
Sono aumentati i problemi abitativi e i bisogni legati allo stato di salute,
che riguardano quasi una persona su quattro.
Dal punto di
vista finanziario la situazione è stata descritta e riassunta in cinque grafici
dal Financial Times:
1. Il
rendimento dei titoli greci è tornato normale
L’interesse
che il governo greco paga agli acquirenti del suo debito pubblico è calato
molto negli ultimi anni. I titoli che scadono dopo due anni hanno un rendimento
addirittura inferiore a quello degli equivalenti titoli del governo americano,
nota il Financial Times. Il loro rendimento è ancora molto superiore agli
equivalenti titoli tedeschi, che sono il riferimento continentale e hanno
rendimenti negativi. Probabilmente i titoli greci riprenderanno leggermente a
salire nei prossimi mesi, ma i mercati sono comunque tornati a fidarsi del
governo greco.
2. La borsa
greca è ancora in difficoltà
Mentre il
mercato dei titoli pubblici è migliorato, la borsa greca, dove si scambiano
titoli di aziende private, è ancora in grosse difficoltà e non ha assistito agli
spettacolari recuperi che si sono visti negli Stati Uniti e nel resto d’Europa.
Il Financial Times scrive che ci sono comunque segnali positivi, per esempio il
ritorno di investitori stranieri che vogliono approfittare dei prezzi ancora
molto bassi, ma la ripresa per il momento sembra riguardare solo una piccola
parte delle società greche quotate in borsa.
3. La Grecia
dovrà tornare a raccogliere capitali sui mercati
Entro la
prossima estate il governo greco prevede di ritornare sui mercati, vendendo titoli
di stato per finanziarsi e quindi essere indipendente dagli aiuti. Già nel 2017
la Grecia aveva fatto alcune operazioni sui mercati del debito, ma erano stati
soprattutto scambi tra vecchi titoli in mano ai privati e nuove emissioni,
un’operazione quindi più semplice. Nel corso del 2018 la Grecia dovrà rinnovare
circa 16 miliardi di euro di debito, una cifra considerevole: si parla di
titoli che scadono, quindi vanno pagati ai loro titolari e sostituiti da altri
titoli da mettere in vendita. Non è chiaro come i mercati reagiranno
all’offerta. Nei prossimi mesi sarà importante capire se i paesi membri
dell’Eurozona, che sono i principali creditori della Grecia, concederanno al
paese nuovi sconti sul debito, un passaggio che il Fondo Monetario Internazionale
considera fondamentale per far uscire la Grecia dal programma di aiuti.
4. Il
mercato dei capitali non è ancora in una situazione normale
Come abbiamo
appena visto, circa tre quarti del debito greco sono in mano ai paesi membri
dell’Eurozona e questo, spiega il Financial Times, è parte della ragione per
cui i rendimenti sono così bassi. I titoli non sono in mano ai privati che se
li scambiano tra loro sui mercati secondari, ma sono tenuti in mano dai fondi
di salvataggio dell’Unione Europea. Cosa accadrà a questo debito e se esiste
una domanda di debito greco sui mercati privati abbastanza alta da sostituire
il debito attualmente in mani pubbliche, sarà una questione fondamentale per il
futuro del paese.
5. La fine
non sembra ancora vicina
Nonostante tutto,
la quantità del debito greco in rapporto all’economia non ha ancora smesso di
crescere. L’anno prossimo si prevede che il rapporto debito-PIL raggiunga il
184 per cento. Visto che il 2018 o 2019 saranno anni di elezioni, alcuni
osservatori sono preoccupati che una nuova instabilità politica possa innescare
una nuova volatilità nei mercati: in altre parole, che possa costringere la
Grecia a offrire rendimenti più alti – e quindi pagare interessi più alti – per
convincere qualcuno a comprare i suoi titoli.
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