Τετάρτη 3 Ιανουαρίου 2018

LE FIGLIE DI GORGO: DONNE NEL KOSMOS SPARTANO


Un giorno una straniera avrebbe detto a Gorgo, moglie del re di Sparta Leonida I: “Voi spartane siete le sole donne che comandano i loro uomini”. Gorgo rispose: “Sì, ma siamo anche le uniche capaci di generare dei veri uomini” (Plutarco, Moralia, 225A – 240E)

24 dicembre 2017

A Sparta il rapporto fra i due sessi era assolutamente paritario e complementare. Questa circostanza era inusuale per la Grecia, tanto da spingere molti osservatori antichi ad esercitare un malevole sarcasmo sul fatto che le donne incarnassero il kosmos di Sparta nella medesima misura degli uomini. Ma per una analisi sulle fonti antiche ci arriveremo dopo.

Prima di tutto, alcune linee guida sulla posizione istituzionale (e morale) della donna nella polis.

In primo luogo bisogna sottolineare che, dopo la nascita, le femmine, non diversamente dai maschi, venivano sottoposte all’esame di idoneità e registrate ed educate con la stessa cura dei bambini.

Scrive Senofonte: “In primo luogo Licurgo stabilì che il sesso femminile dovesse essere allenato fisicamente non meno di quello maschile. Poi istituì agoni e gare di forza per le donne come per gli uomini, perché egli credeva che se entrambi i genitori erano vigorosi, anche la prole sarebbe stata più robusta”.

Le ragazze dovevano dunque esercitarsi come i ragazzi nella lotta, nelle gare di corsa, nel lancio del disco e del giavellotto. Grazie a questo allenamento, la forza e la predisposizione fisica delle donne spartane erano note in tutta la Grecia. A Sparta queste gare per donne e ragazze erano inserite nel quadro delle manifestazioni che si svolgevano in occasione delle feste religiose. In un punto tuttavia erano svantaggiate rispetto ai loro concittadini maschi: non potevano prendere parte ai giochi olimpici, nei quali non erano ancora previste gare femminili. Sappiamo però che desideravano concorrere a Olimpia. Intorno al 400 a.C. la svolta: una spartana di nome Cinisca, figlia del re Archidamo, fu la prima donna a vincere le Olimpiadi nella corsa con i carri. Cinisca tuttavia divenne olimpionica solo perché amministrava un famoso allevamento di cavalli e nella corsa dei carri gareggiava e veniva proclamato vincitore non l’auriga, che doveva comunque essere un uomo, ma l’allevatore e proprietario del tiro di cavalli.

L’educazione faceva delle ragazze donne consapevoli. Questa consapevolezza ne determinava anche la vita nel matrimonio e in famiglia. Una donna spartana si sposava a 19-20 anni, mediamente cinque o sei anni più tardi di una donna ateniese o cretese. Le mogli spartane non erano solo più mature delle loro simili nelle altre città: anche la differenza di età fra i coniugi era minore che altrove, dal momento che gli uomini a Sparta erano obbligati a sposarsi tra i 20-30 anni. Fin dall’inizio dunque la donna poteva dunque essere partner nel matrimonio su un piano paritario rispetto al marito.

Dato che gli uomini erano occupati nell’addestramento, nei sissizi, nella politica e nella guerra, le donne dovevano necessariamente incaricarsi del sostentamento delle famiglie, cioè della gestione dell’oikos. Il marito dipendeva dunque totalmente dalla capacità della moglie di sorvegliare gli iloti e gli schiavi, ma anche dalle sue conoscenze di economia che le permettevano di amministrare l’oikos in maniera adeguata.

La necessità di avere figli, e dunque di costituire un nucleo familiare per le esigenze dello stato, sta all’origine della possibilità di avere più prole da più uomini. Questo chiaramente dava la possibilità alle donne della conduzione di due o persino più patrimoni familiari. Senofonte, ne l’ordinamento politico degli Spartani, nel primo capitolo relativo ai modi di comportamento degli spartiati, giustifica così la questione: “poteva dunque accadere che un uomo anziano avesse una sposa giovane; anche in questo caso Licurgo, visto che mariti di tale età sono soliti custodire con eccesso di gelosia le proprie mogli, introdusse un comportamento antitetico: dispose infatti che il vecchio marito potesse ammettere nell’intimità della propria casa un uomo di cui ammirasse le doti fisiche e morali, allo scopo di ottenere figli per mezzo suo. Di contro, nel caso di un uomo che non intendesse avere ulteriori rapporti con la propria moglie ma che tuttavia provasse il desiderio di avere una bella prole, lo autorizzò a metter gli occhi su di una donna prolifica e nobile e a renderla madre dei propri figli, a patto di aver ottenuto il consenso del matrimonio legittimo. Licurgo sancì molte concessioni di tal genere. Alle donne spartane infatti piace avere due case da dirigere, mentre gli uomini vogliono guadagnare ai propri figli nuovi fratelli, che siano partecipi della vita e della ptenza della famiglia ma che non rivendichino diritti sulle sostanze dei familiari.”

In nessun’altra polis greca le donne erano tanto integrate nell’ordinamento pubblico e la loro collaborazione tanto indispensabile al funzionamento dello stato. Lo vedremo soprattutto per le questioni relative all’amministrazione dell’oikos, ovvero al sostentamento della famiglia. Per questo motivo anche dopo la morte venivano loro concessi onori degli uomini. Ricevevano un’iscrizione solo i defunti che avevano dato la vita servendo lo stato; le donne morte di parto venivano onorate come gli uomini caduti in guerra.

Veniamo dunque ad una analisi più specifica.

Nella tradizione antica ci sono due diversi approcci alle donne spartane.

In Plutarco trasmette tutta una serie di aneddoti in proposito, viene attribuita la figura eroica della donna spartana che deve crescere un eroe coraggioso pronto a difendere la città.

Famosa per esempio la frase dello spartano che deve tornare sullo scudo o con lo scudo, dunque vincitore o morto. Questa è una tradizione che troviamo sulle donne spartane, in linea con lo spirito licurgheo che viene enfatizzato nella biografia sulla vita di Licurgo di Plutarco.

Dall’altro lato abbiamo una visione molto diversa che troviamo nel secondo libro della politica di Aristotele, personaggio che è esente dal miraggio spartano che ha condizionato gli ateniesi nel IV secolo. Ha un atteggiamento critico dell’organizzazione costituzionale spartano molto dettagliato, in particolare in questo caso la sua critica si basa su due piani: Aristotele la interpreta confrontandola sulla costituzione ideale, la migliore possibile. In questo piano la critica perché mirante esclusivamente a promuovere le virtù militari, mentre il fine ultimo per Aristotele è la felicità, il dispiegamento di tutte le virtù che possono essere coltivate. In questa prospettiva di restringimento delle virtù in funzione solo militare.

Nel secondo piano è posta a confronto con la logica stessa del sistema spartano, a proposito dei suoi obiettivi, su quei punti in cui si può dire che la costituzione contiene degli elementi di debolezza in rapporto ai suoi obiettivi. Nella sua logica interna dunque.

Un punto centrale è proprio il ruolo della donna nella società spartana. Aristotele pone la questione della loro licenza e la loro sregolatezza, mette in evidenza che Sparta è una ginecocrazia, una società dominata da donne.

Anche in prospettiva militare ci presenta un quadro antitetico, della donna che si vergogna del figlio non all’altezza delle virtù spartane. Quindi da un lato mette in evidenza come le donne spartane hanno il potere in città (e dal punto di vista sociologico mette in evidenza che tutte le donne hanno potere nelle società guerriere perché gli uomini sono sempre occupati nella guerra), e dal punto di vista del comportamento in guerra la situazione antitetica delle donne che non sono abituate alla guerra perché di solito è sempre fuori dalla città.

L’esempio lampante è la situazione verificatasi dopo Leuttra, quando il territorio di Sparta è invaso e le donne sono prese dal panico.

L’attenzione di Aristotele si concentra sul ruolo economico della donna, giunte a controllare i 2/5 della città. Dunque procede sempre attraverso una scomposizione del tutto: così come in città ci sono gli uomini e le donne e quindi il legislatore che ha legislato in maniera conveniente per i maschi, in realtà ha tralasciato la metà della popolazione (cioè quella femminile) istituendo una costituzione che non può funzionare.

Fondamentale è il passo legato al II libro 1269 b e seguenti di Aristotele: per ricapitolare, valuta la costituzione di Sparta sia in rapporto alla costituzione ideale sia in base al carattere della costituzione stessa. Questa configurazione della società sarebbe la rappresentazione diretta della società dei maschi che in loro assenza avrebbe determinato il ruolo della donna.

A livello antropologico è stata confermata in qualche maniera questa visione, in quelle culture in cui i maschi hanno una organizzazione comunitaria, forme di vita lontane dalle famiglie, le donne tendono ad organizzarsi specularmente, a dar luogo a forme di vita parallele.

A proposito delle donne spartane è stato osservato che come i maschi sono sottoposti dai sette anni ad una indottrinazione civica, le donne venivano sottoposte ad una sorta di processo di formazione fisica giustificato con finalità eugenetiche, l’idea che la donna dovesse essere robusta e preparata per procreare figli robusti.

Per questa ragione sin da Senofonte sentiamo parlare delle spartane sottoposte a prove di resistenza, esercizi fisici, alla lotta.

Troviamo nella tradizione ulteriori attività come il lancio del disco, del giavellotto, la danza, il canto, la musica e l allestimento di cerimonie rituali. Di questo noi abbiamo un riflesso nella produzione poetica di Alcmane, intorno al 600. Un altro elemento che viene associato a queste notizie è che le donne avrebbero svolto queste attività con delle tuniche corte che lasciavano intravedere le cosce ed in certi rituali totalmente nude.

Le donne spartane vengono definite phainomerides, che mostrano le cosce, cosa che scandalizzava per esempio gli ateniesi, i quali avevano una concezione sociale dove le donne erano confinate in casa, a filare la lana.

C’è una prospettiva fortemente legata all’alterità spartana, sempre verso quel miraggio spartano dove le istituzioni vengono lette ed interpretate secondo la visione ateniese. Abbiamo però dei riscontri archeologici. Abbiamo anche una testimonianza di Euripide, in Andromaca ritorna l’idea della palestra, della ginnastica e dei vestiti corti che mostravano le gambe e le cosce, tutte cose che hanno una interessante conferma come per esempio una statuetta proveniente dal santuario di Dodona.

È un prodotto dell’arte laconica, probabilmente addirittura di Sparta stessa. Statuette simili son state trovate anche fuori dal Peloponneso. Questa statuetta che stiamo vedendo nello specifico è risalente al VI secolo, possiamo osservare la tunica corta e soprattutto la struttura muscolare molto in evidenza.

Un’altra immagine interessante ci viene fornita da specchi di produzione laconica nel VI secolo, di produzione spartana. Quello che colpisce è la nudità femminile e la struttura muscolare molto sviluppata rispetto agli attributi femminili che non sono per nulla messi in evidenza. La nudità comunque doveva essere confinata a certe occasioni.

Il matrimonio a Sparta: bisogna partire dal matrimonio ateniese perché ci aiuta a fissare concettualmente le differenze nella società spartana.

Ad Atene non era caratterizzato da una cerimonia unica, ma avveniva in più tappe, la più importante delle quali era rappresentato dalla promessa (engysis), una sorta di contratto di matrimonio tra il padre della sposa ed il futuro marito. Si trattava di un impegno, di una promessa rituale nel quale il padre cedeva la sposa al marito sulla base anche di accordi economici, per esempio la dote.

In termini di dote veniva concessa in base alle capacità del padre, non aveva basi predefinite. Seconda fase, la cessione, il passaggio della sposa dalla casa del padre a quella del marito, quindi possiamo dire che il matrimonio iniziava con la convivenza segnata da tutta una sorta di cerimonie rituali tra cui un banchetto offerto.

Nella vita licurghea c’è la descrizione di un matrimonio spartano che viene presentato come matrimonio ratto, ovvero il rapimento della sposa dal marito dalla casa del padre, successivamente viene posta sotto il controllo di una madrina, le venivano tagliati i capelli, vestita con abiti maschili, messa sotto una sorta di pagliericcio, a questo punto il marito di ritorno dal sissizio la possedeva sul letto, per poi tornare al sissizio.

Lo scopo ultimo per il matrimonio era dunque la riproduzione. Le fonti dunque mettono in riscontro le differenze con Atene, dove la differenza di età tra moglie e marito era elevata, il secondo di solito aveva il doppio degli anni.

A Sparta invece, proprio perché le donne dovevano superare un periodo di educazione fisica il matrimonio avveniva più tardi, dunque minore differenza di età.

Leggendo Plutarco c’è dunque una rappresentazione folklorica del matrimonio spartano ma leggendo passi successivi possiamo dedurre che questo matrimonio ratto si sia sviluppato solo nel tempo.

Erodoto ci da un interessante esempio a proposito del Re Demarato (il quale abbiamo visto in compagnia di Serse durante le guerre persiane) che era stato esiliato dalla città perché la sua legittimità era stata messa in discussione.

Nel VI libro, capitolo 6, sappiamo che la sua legittimità era stata messa in discussione di un suo parente, Leotichida, il quale aveva subito il rapimento della sua fidanzata.

La cosa interessante è che il rapire la donna non è un riferimento generico ma una precisa modalità di contrarre il matrimonio a Sparta. Sono eventi tra la fine del VI ed inizio V secolo, dunque abbiamo un precedente del periodo di Plutarco. La veridicità degli eventi di Plutarco sono dunque confermati.

Interessante è anche un altro passo di Erodoto, sempre del VI libro, riguarda il capitolo 56 e 57 dove Erodoto descrive le prerogative dei re nei tempi di pace e di guerra. Si parla delle prerogative dei re anche in materia giudiziaria, nei quali erano competenti anche per i diritti familiari.

Si dice appunto che i re rendono giustizia da soli, cioè autonomamente senza la gerusia, nei casi seguenti: nei casi della figlia ereditiera, nel caso non sia stata promessa (dunque compare l’engyesis come quella ateniese) e per i casi di adozione. Interessante perché evidenzia l’esistenza di tre istituti giuridici all’interno della società spartana.

Il primo è la figlia ereditiera, nel caso di Atene per esempio veniva sposata da un parente del padre perché l’obiettivo ultimo era conservare il patrimonio integro. La donna ad Atene dunque non aveva un diritto di proprietà, era un veicolo attraverso cui i beni paterni venivano trasmessi ai figli.

Dunque era Epikleros (il lotto di terra/il patrimonio) dunque colei che insiste sul patrimonio. Per Sparta troviamo un altro termine, patrouchoi, letteralmente colei che ha i beni paterni. È interessante che questo termine utilizzato da Erodoto deve essere un termine tecnico che però sembra alludere al fatto che la donna spartana avesse dei diritti di eredità più sviluppati che ad Atene.

Noi abbiamo un confronto delle istituzioni spartane a Creta, interessante che quest’isola dal punto di vista legislativo sia sempre legata a Sparta, una somiglianza anomala tra le istituzioni spartane e cretesi.

Sulle legislazioni cretesi siamo molto informati ed in particolare per la città di Gortina abbiamo il codice di Gortina, una lunghissima iscrizione che contiene un corpus di leggi che risale tra il 480-460 a.C.

Un complesso di norme estremamente sviluppato. Nell’ambito del diritto familiare viene regolato anche il tema delle figlie ereditiere, dove la figlia ereditiera ha il termine di patroiokos, un termine molto vicino al patrouchoi spartano. Sappiamo anche che a Gortina queste figlie avevano aspettative ereditiere molto ben sviluppate: veniva riconosciuta un diritto di proprietà della metà del patrimonio, quindi superiore ad Atene.

A Gortina per esempio se la vedova si teneva i beni, rimaneva detentrice di beni personali e non tornava nella casa del padre.

Interessante, ma é un discorso lungo che non possiamo fare, è che nel mondo greco ci sono forti variazioni locali nel diritto greco. Tornando al passo di Erodoto dobbiamo immaginare che se il padre non aveva già stretto un contratto con un futuro marito a questo punto dovevano esserci personaggi all’interno della famiglia con ordine di precezione sul matrimonio con l’ereditiera. In questo caso interveniva il re per stabilire chi andava in sposa. Anche a Sparta esisteva il primo momento del contratto matrimoniale e lo sappiamo grazie a questo passo, dunque in questa prospettiva il matrimonio spartano diventa meno folklorico di come ci era stato presentato perché il ratto era solo il secondo momento. Il primo passaggio era uguale a quello ateniese.

A Sparta di folklorico abbiamo la presentazione maschile della donna al matrimonio, il taglio dei capelli è tipico di un rito di passaggio in occasione della donna dalla condizione di giovinetta all’età adulta. Per i maschi invece il rito della maturità era inverso, ovvero far crescere i capelli.

Il terzo istituto, sul quale non ci soffermiamo, è quello dell’adozione. Nel mondo greco l’adozione risponde sempre ad una strategia successoria, l’adozione è un modo di indicare un erede a cui trasmettere il patrimonio proprio perché la logica patrimoniale è quello di conservare il patrimonio all’interno di una famiglia. Dobbiamo immaginare che in origine, a livello cronologico di Erodoto, la patrouchoi andava in sposa all’interno della famiglia secondo criteri ben definiti, ma nel IV secolo le cose cambiano verso un regime più liberalizzato. Ciò determina la fusione di patrimoni, la contrazione del numero di cittadini e le differenziazioni all’interno della società con la concentrazione delle proprietà fondiarie. Questo ci porta al termine di questo discorso su Sparta in cui cercheremo di individuare delle conclusioni, linee guida interpretative.

Il primo punto da considerare è che a differenza da quanto non traspaia dal mito licurgheo, cioè l’immagine di una città rimasta uguale a se stessa, quello che emerge in realtà è completamente diversa.

La società spartana è stato un flusso continuo che si è evoluto nel tempo, e si può vedere anche a proposito delle istituzioni politiche con la progressiva riduzione del potere dei re a favore di un aumento del potere degli efori, che si manifesta con il controllo reciproco tra re ed efori. Da questo punto di vista, lungi dall’essere una creazione di VIII-VII secolo, la società spartana è il prodotto di un lungo sviluppo. La trasformazione di Sparta come polis produttrice di cittadini soldato fu un processo che avvenne in funzione dell’obiettivo primario di perpetuare il dominio degli iloti.

Lo sviluppo militaristico della città dunque è avvenuto più grazie a minacce interne che a quelle esterne. Un altro aspetto da mettere in evidenza è che emerge come la società spartana fosse meno anomala e diversa rispetto a quello che appare nelle fonti. Lo abbiamo visto anche nel matrimonio dove ci sono molti paralleli. Ultimo punto, quello più impegnativo ma fondamentale dal punto di vista metodologico, è la difficoltà di elaborare un discorso organico su Sparta. La tradizione su Sparta è una tradizione scarsa e che si distribuisce su un lungo arco di tempo in cui vi sono diverse prospettive deformanti che agiscono sempre nelle interpretazioni dei fatti. Una prospettiva deformante è quello del cosiddetto miraggio spartano, ovverosia molte notizie che abbiamo su Sparta sono deformate secondo le prospettive di ateniesi anti democratici che idealizzavano la città, oppure in base alle esigenze delle riforme di Agide e Cleomene che volevano impostare le loro riforme come un ritorno al passato. Emerge come questo mito licurgheo è suscettibile di essere reinterpretato, questo pone per lo storico moderno oggettive difficoltà. Da questo punto di vista le informazioni più interessanti ci vengono da autori che operano ai livelli più alti della tradizione, in età classica e prima delle riforme del III secolo come per esempio Erodoto (che ha fonti molto tecniche), Aristotele e Senofonte, quest’ultimo sicuramente riflette del miraggio spartano ma ha il vantaggio di collocarsi ad un livello cronologico ancora classico.

Scritto da Giuseppe Giordano


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