Bruxelles è
stata e resta il crocevia di tensioni e problemi di un'Unione europea, che tra
crisi economiche e sfide al terrorismo non ha ancora trovato la strada del
consolidamento politico e culturale
di FRANCESCA VENTURI - 31 dicembre 2017
Dopo otto
anni molto intensi trascorsi come corrispondente dell'Agenzia Italia da
Bruxelles, Francesca Venturi rientra in questi giorni in Italia, dove assumerà
l'incarico di responsabile della redazione milanese. Quello che segue è il suo
ultimo post del 2017 dalla capitale belga.
Nel gennaio
del 2010 Bruxelles era coperta da uno strato di ghiaccio e le istituzioni
europee si preparavano ad affrontare uno dei periodi più difficili della loro
storia. Stava infatti per esplodere in tutta la sua gravità la crisi del debito
sovrano in Grecia. Dal modo in cui, proprio a partire dal 2010, i partner
dell’Euro avrebbero gestito la crisi sarebbe dipesa una drammatica conseguenza:
l’allontanamento dei cittadini dall’Unione europea.
Dalle prime
proteste in piazza ad Atene contro le drastiche misure chieste dal governo in
cambio dei necessari aiuti finanziari, alla crescita in tutti i paesi Ue dei
consensi per i movimenti populisti ed euroscettici fino, in ultima analisi,
alla Brexit: tutti effetti della stessa causa.
Non si
contano le riunioni di emergenza dell'Eurogruppo (il consiglio dei 19 ministri
delle Finanze della moneta unica) durate anche tutta la notte per concludersi
con decisioni non sempre all'altezza delle attese. Ma da tante nottate sono
anche scaturiti elementi di rafforzamento dell'Eurozona. Da qualche tempo, con
il contributo della politica monetaria espansiva della Bce di Mario Draghi, si
cominciano a vedere i primi risultati: l'economia è tornata a crescere, anche
se troppo lentamente perché tutte le fasce della popolazione europea se ne
accorgano. Un altro elemento da considerare è che dagli errori commessi
all'inizio della crisi, in particolare l'eccesso di austerità voluto
soprattutto dai paesi del nord e sostenuto dalla Germania, qualcosa i decisori
di Bruxelles hanno imparato e negli ultimi tempi si sono cominciate ad
applicare con “flessibilità” le norme del patto di stabilità e crescita (che
lega i partner euro con limiti come il debito al 60% del Pil o il deficit al
3%). Si è inoltre finalmente affrontato
il tema “sociale”, trascurato negli anni dell'emergenza, con una maggiore
attenzione alla povertà e alla disoccupazione, che cala in Europa ma non
abbastanza in Italia.
In questi
anni i 28, ormai quasi 27, paesi dell'Unione si sono scontrati su tante
questioni, prima fra tutte la solidarietà sull'accoglienza dei migranti, spinti
da guerra e povertà sulle coste
meridionali del continente: le italiane, quindi, e le greche. Anche in questo
caso ai dissidi e alle decisioni poco solidali da parte di alcuni paesi si
contrappone il dato positivo di una nuova spinta alla cooperazione allo
sviluppo per i principali paesi di origine dei flussi migratori economici,
quindi soprattutto in Africa, politica sostenuta dall'Italia.
Ma 8 anni a
Bruxelles non hanno significato solo seguire l’Ue. Osservatorio purtroppo
privilegiato sul fenomeno del terrorismo jihadista e dei combattenti stranieri,
la capitale europea è stata a sua volta duramente colpita. Una prima volta,
quando si è saputo che proprio da Molenbeek, quartiere a due passi dalla Grand
Place, erano stati organizzati gli attentati del 13 novembre 2015 a Parigi
(compresa la strage al Bataclan).
La seconda,
direttamente e drammaticamente, il 22 marzo 2016, quando tre kamikaze
all'aeroporto di Zaventem e nel metrò Maalbeek, proprio a due passi dai palazzi
Ue, hanno provocato 32 morti e centinaia di feriti. A questo trauma la città ha
reagito in modo composto, nonostante la paura e la consapevolezza
dell'esistenza di nuclei di islamismo radicale in alcune aree. Pochi mesi dopo,
i locali dei quartieri più internazionali (Place Luxembourg, Flagey, Chatelain)
si sono nuovamente affollati e, fatta salva l'ingombrante presenza di soldati
armati fino ai denti (ormai una realtà familiare anche nelle altre grandi città
europee), all’apparenza tutto è tornato come prima, mentre i magistrati della
procura federale continuano a indagare e i sopravvissuti fra i responsabili
delle stragi saranno presto processati.
Restano i
tanti problemi da risolvere, l’Unione bancaria da completare, i divari fra
paesi nel digitale, la condivisione dell'accoglienza dei migranti, la
collaborazione nel settore della sicurezza. Ma la Brexit, così come la presenza
dell'antieuropeo Trump alla Casa Bianca, hanno provocato una maggior coesione
fra i 27, che hanno anche rispolverato, finalmente avviandolo, il vecchio
progetto di una Unione della difesa, rendendola compatibile con una maggiore
cooperazione con la Nato.
Nel dicembre
2017, dopo anni di inverni più miti, si è
rivisto sui laghetti cittadini il ghiaccio oltre a qualche fiocco di
neve. Ma le sfide da affrontare a Bruxelles sono diverse rispetto a 8 anni fa.
E se allora si parlava di “rischio Grexit”, finalmente scongiurato nell'estate
2015, oggi c’è la non meno impegnativa
certezza della Brexit, da affrontare al
meglio perché nel marzo del 2019 la separazione non sia troppo traumatica per
le due parti.
La città che
sto lasciando è cosmopolita e piacevole, e può rivelarsi sorprendentemente
accogliente nonostante la scarsa integrazione di intere comunità e il duro
passato coloniale del Belgio, oltre alla triste storia dell'immigrazione
“mineraria” italiana. In ogni caso, c'è
moltissimo da raccontare: l'ideale per un giornalista.
Δεν υπάρχουν σχόλια:
Δημοσίευση σχολίου