Κυριακή 3 Δεκεμβρίου 2017

Il flop dei ricollocamenti Ue dei migranti: solo due su 10 trasferiti nel resto d'Europa

Beffa da Bruxelles. Alfano aveva parlato di «successo senza precedenti»


Il clamoroso fallimento della ridistribuzione dei rifugiati giunti in Italia e Grecia verso altri Paesi europei è fotografato dal Censis.

Fausto Biloslavo - 02/12/2017

Al 18 settembre erano 8.598 i profughi ricollocati nella Ue dal nostro Paese (7.796 adulti e 802 minori). Un misero 21,7% di quelli che sarebbero dovuti partire entro fine anno. Nel novembre 2015, due mesi dopo l'accordo raggiunto con i membri Ue, l'allora ministro dell'Interno, Angelino Alfano, competente per la pratica, aveva parlato di «successo senza precedenti».

In realtà neppure se partissero i 3.500 ulteriori potenziai beneficiari in lista d'attesa, secondo il rapporto del Censis, si potrebbe cantare vittoria. Anche aggiungendoli si arriva al 39,8% dei ricollocamenti previsti. Il centro studi evidenzia che 1.234 profughi con le richieste già approvate sono in attesa di trasferimento. Altre 1.126 richieste inviate agli stati membri Ue devono ancora ottenere risposta e per 1.284 casi va appena individuato il Paese di destinazione.

A fine settembre sui 160mila profughi da ridistribuire da Italia e Grecia sono stati ricollocati circa 28mila, appena il 18%. Non a caso il ministro Alfano già nel novembre 2016 aveva cambiato idea. Non si trattava più di un «successo», ma di un «bidone dell'Ue». Un anno fa erano stati ricollocati appena il 2-3% dei profughi.

I Paesi dell'Est hanno puntato i piedi fin dall'inizio a cominciare da Polonia e Ungheria, che sono stati recentemente «condannati» dalla Corte di giustizia europea per avere chiuso le porte. I rispettivi governi hanno promesso che non cederanno e daranno battaglia. Il Censis evidenzia che, oltre alle chiusure di principio dei Paesi dell'Est, le difficili procedure e i criteri di eleggibilità hanno favorito il collasso dell'accordo. In pratica si era concordato che solo i migranti aventi diritto all'asilo provenienti da Siria, Eritrea e Yemen potevano venire ridistribuiti. Da questi Paesi sono giunti in Italia nel 2016 appena 22.059 migranti, pari al 12,2% degli sbarchi. E nel 2017 stiamo parlando del 7,3% degli arrivi da gennaio a settembre. Questo significa che il «peso» degli oltre 100mila migranti sbarcati in Italia quest'anno rimane intatto. Non a caso il titolo del rapporto del Censis sull'argomento è «Il bilancio a perdere della relocation».

Un vero e proprio buco nell'acqua provocato non solo da Paesi come Polonia ed Ungheria, che non hanno preso in carico neppure un profugo del piano di ridistribuzione. La Repubblica Ceca ha accettato il ridicolo numero di 12 rifugiati ridislocati su 2.691. E la Slovacchia ha aperto le porte a 16 su 902. La Spagna ha rispettato solo il 13,7% della quota stabilita. Il Belgio il 25,6% e l'Olanda il 39,6%. Solo Malta ha rispettato gli accordi, ma i numeri sono minimi, e la Finlandia che ha accolto il 94% dei rifugiati previsti. Lo scorso febbraio Alfano, nominato nel frattempo ministro degli Esteri, ha ribadito che «la Ue non ha mantenuto gli impegni sui ricollocamenti». Non ci voleva un genio per capire che l'accordo era nato già morto in partenza, come il Giornale aveva scritto ed è stato dimostrato dai numeri del Censis. Nel frattempo in Libia, l'Onu stima che ci siano fra 700mila e un milione di migranti, ma solo 42mila sarebbero profughi, che hanno diritto alla protezione.


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