Beffa da
Bruxelles. Alfano aveva parlato di «successo senza precedenti»
Il clamoroso fallimento della ridistribuzione dei rifugiati giunti in Italia e Grecia verso altri Paesi europei è fotografato dal Censis.
Fausto Biloslavo - 02/12/2017
Al 18
settembre erano 8.598 i profughi ricollocati nella Ue dal nostro Paese (7.796
adulti e 802 minori). Un misero 21,7% di quelli che sarebbero dovuti partire
entro fine anno. Nel novembre 2015, due mesi dopo l'accordo raggiunto con i
membri Ue, l'allora ministro dell'Interno, Angelino Alfano, competente per la
pratica, aveva parlato di «successo senza precedenti».
In realtà
neppure se partissero i 3.500 ulteriori potenziai beneficiari in lista
d'attesa, secondo il rapporto del Censis, si potrebbe cantare vittoria. Anche
aggiungendoli si arriva al 39,8% dei ricollocamenti previsti. Il centro studi
evidenzia che 1.234 profughi con le richieste già approvate sono in attesa di
trasferimento. Altre 1.126 richieste inviate agli stati membri Ue devono ancora
ottenere risposta e per 1.284 casi va appena individuato il Paese di
destinazione.
A fine
settembre sui 160mila profughi da ridistribuire da Italia e Grecia sono stati
ricollocati circa 28mila, appena il 18%. Non a caso il ministro Alfano già nel
novembre 2016 aveva cambiato idea. Non si trattava più di un «successo», ma di
un «bidone dell'Ue». Un anno fa erano stati ricollocati appena il 2-3% dei
profughi.
I Paesi
dell'Est hanno puntato i piedi fin dall'inizio a cominciare da Polonia e
Ungheria, che sono stati recentemente «condannati» dalla Corte di giustizia
europea per avere chiuso le porte. I rispettivi governi hanno promesso che non
cederanno e daranno battaglia. Il Censis evidenzia che, oltre alle chiusure di
principio dei Paesi dell'Est, le difficili procedure e i criteri di
eleggibilità hanno favorito il collasso dell'accordo. In pratica si era concordato
che solo i migranti aventi diritto all'asilo provenienti da Siria, Eritrea e
Yemen potevano venire ridistribuiti. Da questi Paesi sono giunti in Italia nel
2016 appena 22.059 migranti, pari al 12,2% degli sbarchi. E nel 2017 stiamo
parlando del 7,3% degli arrivi da gennaio a settembre. Questo significa che il
«peso» degli oltre 100mila migranti sbarcati in Italia quest'anno rimane
intatto. Non a caso il titolo del rapporto del Censis sull'argomento è «Il
bilancio a perdere della relocation».
Un vero e
proprio buco nell'acqua provocato non solo da Paesi come Polonia ed Ungheria,
che non hanno preso in carico neppure un profugo del piano di ridistribuzione.
La Repubblica Ceca ha accettato il ridicolo numero di 12 rifugiati ridislocati
su 2.691. E la Slovacchia ha aperto le porte a 16 su 902. La Spagna ha
rispettato solo il 13,7% della quota stabilita. Il Belgio il 25,6% e l'Olanda
il 39,6%. Solo Malta ha rispettato gli accordi, ma i numeri sono minimi, e la
Finlandia che ha accolto il 94% dei rifugiati previsti. Lo scorso febbraio
Alfano, nominato nel frattempo ministro degli Esteri, ha ribadito che «la Ue
non ha mantenuto gli impegni sui ricollocamenti». Non ci voleva un genio per
capire che l'accordo era nato già morto in partenza, come il Giornale aveva
scritto ed è stato dimostrato dai numeri del Censis. Nel frattempo in Libia,
l'Onu stima che ci siano fra 700mila e un milione di migranti, ma solo 42mila
sarebbero profughi, che hanno diritto alla protezione.
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