Sacrificio di Isacco (Caravaggio)
Nell'Antica
Grecia e nell'Antica Roma l'infanticidio e l'abbandono erano liberamente
consentiti, vediamo come e perchè.
Rebecca Romano - 07/12/2017
Infanticidio
e abbandono sono pratiche che si riscontrano già dalla notte dei tempi. In
tutti i miti di tutte le epoche c’è almeno un episodio che descrive il
sacrificio di un figlio o una brutale uccisione. Vediamone alcuni.
Infanticidio,
i miti
Per quanto
riguarda la mitologia greca si possono facilmente riscontrare episodi di
infanticidio all’interno della “Teogonia” di Esiodo. Al suo interno vengono
descritti episodi nei quali vengono sacrificati i figli nelle maniere più
orribili. Nella Teogonia è descritta la storia e la genealogia di tutti gli déi
greci. Uno degli esempi più famosi è quello di Saturno-Kronos al quale era
stato profetizzato che sarebbe stato ucciso da uno dei suoi figli. Egli è deciso
a non perdere il suo potere per cui decide di divorare i suoi figli. Uno di
questi però si salva, Zeus. Figlio che successivamente prenderà il suo posto.
Anche
Eschilo e Seneca uno nell’Agamennone e l’altro nel Tieste raccontano la tragica
vicenda di Tieste che a sua insaputa magiò le carni dei suoi tre figli. Queste
gli vennero date dal fratello Atreo che per lui provava profondo odio. Il mito
di Medea inoltre vede la stessa come cannibale dei suoi stessi figli. Anche la
tradizione Medio-Orientale racconta episodi di infanticidio. Ad esempio
l’usanza di sacrificare i bambini al Dio Moloch, per placare la sua ira. I
Celti, gli Scandinavi, i Galli, gli Egizi e moltissime altre civiltà
praticavano l’infanticidio. Al di là dei miti ora vediamo cosa accadeva nella
realtà.
Infanticidio,
la storia
La
legislazione imposta da Lucirgo e Solone consentivano l’infanticidio e
l’abbandono come pratica comune, per questo era notevolmente diffusa. I primi a
rimetterci la pelle erano le figlie femmine che per la famiglia costituivano
una spesa. La situazione si aggravava se la figlia non riusciva a trovare
marito, in questo caso i genitori erano liberi di venderla come schiava per
evitare che sulla famiglia ricadesse la vergogna.
In una
famiglia una sola femmina solitamente sopravviveva o continuava a far parte
della famiglia. Anche le menti più illustri approvavano l’infanticidio. Platone
e Aristotele erano particolamente ferrati sull’infanticidio in caso di gravi
malformazioni. Se un bambino nasceva debole o malformato veniva condotto in una
voragine nelle pendici del Taigeto. Ma le atrocità non sono ancora finite.
L’infanticidio, in alcuni casi, era considerato anche un divertimento. In
alcune commedie si narra infatti che i neonati venivano fatti a pezzi e
arrostiti davanti ad un pubblico in preda alle risa.
Nell’Antica
Roma
Anche
nell’Antica Roma vigevano le stesse regole che venivano contemplate in Grecia.
Il neonato veniva considerato “nihil” che in latino significa “una cosa da
nulla“. Il suo destino inoltre dipendeva dalla “patria potestas” che indubbiamente
era esercitata dal padre di famiglia. Secondo le leggi di Romolo il padre
poteva vendere i figli per un massimo di tre, se il numero veniva superato il
padre perdeva la patria potestas. Romolo inoltre aveva imposto un’altra regola,
i figli non potevano essere uccisi in età inferiore ai tre anni.
I luoghi di
Roma dove venivano abbandonati i figli erano le rive del Tevere e il Foro
Olimpico. Quest’ultimo ospitava al suo interno la “Colonna Lattaria” intorno
alla quale si aggiravano un gran numero di personaggi. Donne che offrivano del
latte ai bambini, maghe che prelevavano i bambini per preparare filtri e
veleni, nutricatores che raccoglievano i piccoli per poi farne dei gladiatori,
schiavi, prostitute e fenomeni da baraccone dopo averli prima mutilati e
storpiati. Insomma nell’atichità l’infanticidio era purtroppo considerato
“normale” e ci vorrà del tempo prima che i bambini vengano tutelati dalla
legge.
Prime tutele
Una delle
prime leggi che si è preoccupata di tutelare in qualche modo la vita dei
bambini è la legge Tutela Italiae istituita da Traiano nel 53 d.C. La legge
proibiva di trattare come schiavi tutti i bambini nati liberi, mentre per
coloro che nascevano schiavi non c’era nulla da fare.
La legge
inoltre puniva con la morte tutti coloro che rapivano i bambini per due motivi
essenziali. Uno perchè veniva violata la patria potestas e secondo perchè i
rapitori utilizzavano i bambini per scopi commerciali.Solo nel Corpus Iuris
Civilis, redatto da Giustiniano nel 529, il bambino ottiene finalmente una
personalità giuridica. Da quel momento non è più un oggetto di proprietà ma un
individuo con dei diritti.
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