Πέμπτη 14 Δεκεμβρίου 2017

Grecia, una ripresa invisibile?

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Uno dei problemi più pressanti dell’economia globale è la crescente divaricazione tra i numeri da un lato e la percezione di essi dall’altro: uno degli esempi più lampanti lo abbiamo vissuto nelle elezioni presidenziali americane di più di anno fa, quando – pur con un’economia con una solida crescita del 2,5% e disoccupazione ai minimi da anni – Donald Trump ha puntato sul consenso degli “esclusi”, di coloro che non percepivano abbastanza (perché i loro salari erano fermi, perché erano inattivi da anni, o perché i figli erano dovuti emigrare in un altro Stato per cercare lavoro) i frutti di una crescita economica che appare più come una chimera che come una concreta realtà.

Giacomo Giglio  - 13 dicembre 2017    

Le immagini che si sono viste presso il Tribunale di Atene il 29 novembre scorso sono state esemplificative dello scontro in corso: i proprietari morosi nei confronti delle banche, mossi dalla disperazione, hanno tentato di bloccare le aste di pignoramento – che sono una delle condizioni chiave previste dal terzo pacchetto di salvataggio da 86 miliardi approvato per la Grecia dai creditori internazionali.

Gli scontri tra polizia e persone disperate per la perdita della loro casa hanno proiettato un’ulteriore ombra oscura sulla presidenza di Alexis Tsipras, il leader di Syriza che era asceso al potere nel luglio 2015 grazie a un programma anti-austerità. Tra le promesse elettorali, Tsipras – che ormai è paragonato per astuzia politica a George Papandreou, il fondatore del Pasok – aveva citato proprio lo stop alla vendita delle case pignorate. Ancora una volta, però, Alexis si è rimangiato la parola.

La Grecia che prova il rimbalzo

In una situazione politica per molti versi simile a quella italiana, dove la destra si avvantaggia delle difficoltà incontrate dai governi di centro-sinistra, la Grecia si affaccia all’anno nuovo con segnali contrastanti: il “Black Friday” ha visto un incremento generale delle vendite dei negozi, testimoniato anche dalle lunghe file che si potevano vedere ad Ermou, l’arteria commerciale di Atene; tuttavia, i numeri che provengono dalla carne viva del Paese sono ancora impressionanti, e ci parlano di un Paese dove il 37,5% dei bambini sotto i 10 anni è a rischio povertà.

Dal 2010 ad oggi la Grecia ha perso circa un terzo del proprio Pil e mezzo milioni di cittadini (specie giovani) sono dovuti emigrare all’estero; le sforbiciate alle pensioni sono state innumerevoli, così come quelle ai sussidi e alla sanità pubblica. La situazione sociale si è fatta così pesante che, come evidenziato in una recente inchiesta condotta dal settimanale tedesco Der Spiegel, intere categorie di lavoratori (in particolare i giovani) sono costretti a lavorare per 10-12 ore al giorno con stipendi che si aggirano intorno ai 240 euro netti.

Tsipras, tra numeri in positivo e l’avanzata della destra

A fronte di stipendi da fame e di una disoccupazione ancora enorme, Tsipras vanta i risultati contabili: una crescita prevista per il 2018 al 2,2%, il ritorno del Paese nel mercato dei bond internazionali e (soprattutto) l’avanzo primario che si attesta al di sopra del 2% – ciò significa che la Grecia sta spendendo meno di quanto incassa, al netto degli interessi per il suo (ingente) debito pubblico.

Traguardi non scontati, che dovrebbero permettere ad Atene di uscire dal piano di aiuti internazionali già ad agosto 2018, giusto in tempo affinchè Tsipras possa presentarsi alle elezioni del 2019 con in tasca la credibilità di colui che ha portato la Grecia fuori dall’umiliazione. Il problema è che, similmente a ciò che avviene in molte altre zone dell’Occidente, le priorità dell’opinione pubblica siano in netto contrasto con le esigenze dei mercati finanziari e della finanza pubblica.

La povertà endemica, unita al sovraffollamento di migranti provenienti dalla Turchia e “accampati” sulle isole di Lesbo e Chio, ha creato le condizioni ideali per un’avanzata della destra di Nea Demokratia e dell’estrema destra di Alba Dorata, il tutto in un contesto di forte astensione.

Potrebbero essere loro, e non il furbo Tsipras, a cogliere i frutti di una ripresa che molti greci faticano ancora a intravedere.


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