Uno dei
problemi più pressanti dell’economia globale è la crescente divaricazione tra i
numeri da un lato e la percezione di essi dall’altro: uno degli esempi più
lampanti lo abbiamo vissuto nelle elezioni presidenziali americane di più di
anno fa, quando – pur con un’economia con una solida crescita del 2,5% e
disoccupazione ai minimi da anni – Donald Trump ha puntato sul consenso degli
“esclusi”, di coloro che non percepivano abbastanza (perché i loro salari erano
fermi, perché erano inattivi da anni, o perché i figli erano dovuti emigrare in
un altro Stato per cercare lavoro) i frutti di una crescita economica che
appare più come una chimera che come una concreta realtà.
Le immagini
che si sono viste presso il Tribunale di Atene il 29 novembre scorso sono state
esemplificative dello scontro in corso: i proprietari morosi nei confronti
delle banche, mossi dalla disperazione, hanno tentato di bloccare le aste di
pignoramento – che sono una delle condizioni chiave previste dal terzo
pacchetto di salvataggio da 86 miliardi approvato per la Grecia dai creditori
internazionali.
Gli scontri
tra polizia e persone disperate per la perdita della loro casa hanno proiettato
un’ulteriore ombra oscura sulla presidenza di Alexis Tsipras, il leader di
Syriza che era asceso al potere nel luglio 2015 grazie a un programma
anti-austerità. Tra le promesse elettorali, Tsipras – che ormai è paragonato
per astuzia politica a George Papandreou, il fondatore del Pasok – aveva citato
proprio lo stop alla vendita delle case pignorate. Ancora una volta, però,
Alexis si è rimangiato la parola.
La Grecia
che prova il rimbalzo
In una
situazione politica per molti versi simile a quella italiana, dove la destra si
avvantaggia delle difficoltà incontrate dai governi di centro-sinistra, la
Grecia si affaccia all’anno nuovo con segnali contrastanti: il “Black Friday”
ha visto un incremento generale delle vendite dei negozi, testimoniato anche
dalle lunghe file che si potevano vedere ad Ermou, l’arteria commerciale di
Atene; tuttavia, i numeri che provengono dalla carne viva del Paese sono ancora
impressionanti, e ci parlano di un Paese dove il 37,5% dei bambini sotto i 10
anni è a rischio povertà.
Dal 2010 ad
oggi la Grecia ha perso circa un terzo del proprio Pil e mezzo milioni di
cittadini (specie giovani) sono dovuti emigrare all’estero; le sforbiciate alle
pensioni sono state innumerevoli, così come quelle ai sussidi e alla sanità
pubblica. La situazione sociale si è fatta così pesante che, come evidenziato
in una recente inchiesta condotta dal settimanale tedesco Der Spiegel, intere
categorie di lavoratori (in particolare i giovani) sono costretti a lavorare
per 10-12 ore al giorno con stipendi che si aggirano intorno ai 240 euro netti.
Tsipras, tra
numeri in positivo e l’avanzata della destra
A fronte di
stipendi da fame e di una disoccupazione ancora enorme, Tsipras vanta i risultati
contabili: una crescita prevista per il 2018 al 2,2%, il ritorno del Paese nel
mercato dei bond internazionali e (soprattutto) l’avanzo primario che si
attesta al di sopra del 2% – ciò significa che la Grecia sta spendendo meno di
quanto incassa, al netto degli interessi per il suo (ingente) debito pubblico.
Traguardi
non scontati, che dovrebbero permettere ad Atene di uscire dal piano di aiuti
internazionali già ad agosto 2018, giusto in tempo affinchè Tsipras possa
presentarsi alle elezioni del 2019 con in tasca la credibilità di colui che ha
portato la Grecia fuori dall’umiliazione. Il problema è che, similmente a ciò
che avviene in molte altre zone dell’Occidente, le priorità dell’opinione
pubblica siano in netto contrasto con le esigenze dei mercati finanziari e
della finanza pubblica.
La povertà
endemica, unita al sovraffollamento di migranti provenienti dalla Turchia e
“accampati” sulle isole di Lesbo e Chio, ha creato le condizioni ideali per
un’avanzata della destra di Nea Demokratia e dell’estrema destra di Alba
Dorata, il tutto in un contesto di forte astensione.
Potrebbero
essere loro, e non il furbo Tsipras, a cogliere i frutti di una ripresa che
molti greci faticano ancora a intravedere.
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