Le origini
Nell’antico
Salento, tra due mari, l’Adriatico e lo Jonio, culle tormentate e cruente della
civiltà occidentale, in uno spazio ormai ridotto a nove comuni contigui,
sopravvive la lingua greco salentina, testimonianza sensibile della radice
culturale unificante dell’identità salentina: la grecità.
L’area
grecofona, denominata Grecìa Salentina, è la parte residua di una enclave
culturale ellenica più vasta, che, in epoca medievale, caratterizzava quasi
l’intero Salento con particolare radicamento nelle diocesi di Otranto e di
Nardò. Comprende i nove comuni griki di Calimera, Castrignano dei Greci,
Corigliano d’Otranto, Martano, Martignano, Melpignano, Soleto, Sternatia e
Zollino che conservano, insieme alla lingua greca, tesori culturali unici,
dall’architettura alla musica, dalle tradizioni popolari alla gastronomia, a
testimonianza di una millenaria, pacifica osmosi culturale realizzatasi tra la
popolazione indigena ed i coloni provenienti dall’area egeo-balcanica.
Il paesaggio
è caratterizzato da un vasto altipiano, costellato da misteriose presenze
preistoriche, quali dolmen, menhir e men-an-tol, da antichi insediamenti
messapici e bizantini, da specchie, castelli e fortificazioni, da secolari
alberi di ulivo e da un’affascinante reticolo di muretti e ripari in pietra a
secco.
La lingua
grika e l’antica cultura ad essa collegata, diffuse in quasi tutto il Salento
almeno fino al XVI sec., connotano profondamente l’identità salentina. Sulle
loro origini, a partire dagli ultimi decenni del XIX sec., si è acceso un
vivace dibattito tra i sostenitori dell’origine magnogreca e gli assertori
dell’origine bizantina.
Nel 1870
Giuseppe Morosi, professore reggente di storia nel Regio Liceo-Ginnasio di
Lecce, dopo aver studiato per quattro anni la lingua greco-salentina grazie
alla cordiale disponibilità di amici e colleghi di Martano1, pubblicò un’opera
fondamentale per questo ambito di studi, dal titolo “Studi sui dialetti greci
di Terra d’Otranto”.
Il Morosi
esaminò i testi griki che era riuscito a raccogliere, comparandoli con la
lingua greca classica e con il greco moderno, e rilevò una sorprendente
somiglianza tra il griko e la demotica (δημοτική = volgare), la lingua volgare
comunemente parlata in Grecia (divenuta dal 1976 lingua ufficiale della
Repubblica Ellenica).
Le
successive ricerche, condotte dallo studioso presso le comunità grecofone
dell’Aspromonte, dove la lingua, pur presentando un lessico più ricco e forme
morfologiche più arcaiche, si rivelò anch’essa assimilabile al greco volgare
moderno, lo indussero ad affermare che le popolazioni grecofone del Salento e
della Calabria, poiché parlavano una lingua molto più affine al greco volgare
che ai testi della letteratura classica greca, non potevano che risalire a più
recenti colonizzazioni di epoca bizantina, compresa tra il VI e XII sec. d.C.
A queste
conclusioni si oppose vigorosamente l’illustre romanista tedesco Gerhald
Rohlfs. Nel 1922, l’allora giovane studioso svolgeva ricerche in Calabria sui
dialetti romanzi di quella regione. Fu colpito dalla ricorrenza molto frequente
di termini greci in un’area di gran lunga più estesa rispetto a quella occupata
dai grecofoni, ridotta, allora come oggi, sulle balze dell’Aspromonte. Lo
stesso fenomeno fu riscontrato dal Rohlfs nel Salento. Pertanto si chiese come
fosse possibile che gruppi limitati e circoscritti di coloni stranieri avessero
potuto imporre elementi tanto macroscopici della loro cultura e della loro
lingua alle popolazioni latine circostanti. Concluse che in Calabria ed in
Puglia la grecità della Magna Grecia non si era mai estinta ed aveva, anzi,
trovato nel dominio bizantino l’occasione per ravvivarsi e resistere fino ai
giorni nostri2.
La querelle,
che si protrasse a lungo (e non è ancora risolta), generò due agguerrite
fazioni di studiosi che, in assenza di documenti storici certi a favore
dell’una o dell’altra tesi, hanno continuato a scandagliare a fondo non solo la
lingua ma anche aspetti collaterali della cultura greca in Italia, spaziando
dalla religione alle arti figurative e dalle tradizioni popolari ai toponimi
più antichi.
Nel 1999,
con lo scopo di aggiungere una visione archeologica agli studi già disponibili
ed utilizzando un finanziamento finalizzato della Commissione delle Comunità
Europee, ho dato incarico agli illustrissimi professori Mario Lombardo e
Francesco D’Andria, dell’Ateneo leccese, di redigere, insieme alle loro
équipes, una relazione sullo stato delle conoscenze archeologiche in materia di
grecità nel Salento. Il volumetto che ne è derivato (I Greci in Terra
d’Otranto, Congedo, Galatina, 1999) a cura degli studiosi suddetti, propende
decisamente per l’origine bizantina della lingua grika dei salentini.
In estrema
sintesi, riporto le linee fondamentali del contributo dei due curatori e dei loro
collaboratori.
L’avvio
della penetrazione Ellenica in Terra d’Otranto, nella tradizione letteraria
antica3, viene fatta risalire alle epoche più remote, di solito collegata alle
gesta di eroi leggendari quali l’ateniese Teseo, i cretesi Jàpige ed Idomenèo,
l’argivo Diomède, il beota Messàpo. L’indagine archeologica conferma che verso
il XV secolo a.C., i naviganti micenei, provenienti dalla penisola greca,
diedero inizio ad un lungo periodo di contatti con le genti del Mediterraneo
occidentale. Il Salento rappresentò per loro una tappa inevitabile per poi
continuare verso Ovest. Il lungo e proficuo dialogo con i Micenei, portatori di
una civiltà più avanzata, produsse nelle genti indigene un rapido progresso
socioeconomico testimoniato dall’acquisizione di tecnologie produttive più
evolute nell’ambito della produzione vascolare e di quella agricola.
Nel VI
secolo a.C., la documentazione risulta più ampia, tanto che, talora, su vasi
rinvenuti negli insediamenti messapici si trovano nomi di individui greci. La
contiguità tra le due culture determina importanti fenomeni all’interno delle
comunità salentine, come l’adozione della scrittura, della moneta, della
raffigurazione delle divinità con caratteri antropomorfi. Interessante appare
anche la diffusione capillare del consumo di vino, spesso importato dalla
Grecia. Infine, tra gli individui di estrazione aristocratica, come presso i
greci, si diffonde la pratica delle attività atletiche.
A partire
dalla metà del IV secolo a.C., specialmente in seguito all’instaurarsi di un
clima di amicizia e collaborazione tra Taranto ed i Messapi, il Salento risente
con maggiore intensità dell’influenza greca. Gli insediamenti messapici,
ubicati prevalentemente in posizione sub-costiera, si cingono di mura di
fortificazione di tipo ellenico. La koinè artistica di età ellenistica, che
collega l’Apulia all’Epiro ed alla Macedonia, è documentata soprattutto in
ambito funerario, sia nell’architettura che nella pittura e nella scultura.
Nel
millennio successivo, la posizione del Salento determina una continuità di
flussi e contatti tra le opposte sponde dell’Adriatico. Gi antichi autori
latini descrivono ripetutamente le rotte di attraversamento del canale
d’Otranto e queste, singolarmente, appaiono coincidere con quelle ricostruibili
attraverso lo studio dei relitti. Sulle navi provenienti dall’Oriente, venivano
trasportate le anfore commerciali prodotte in Grecia, e rinvenute nei siti
salentini, insieme ad altre ceramiche greche da mensa e da fuoco.
Le fonti
disponibili ci consentono di affermare che la vera colonizzazione del Salento,
da parte dei greco-bizantini, avviene dopo la profonda crisi iconoclasta,
intervenuta a Costantinopoli a partire dal 726 d.C., a seguito del bando
dell’Imperatore Leone III Isaurico, contro la presenza di immagini umane nei
luoghi di culto. Da questo momento in poi si verifica l’esodo degli iconoduli
verso il Salento. Il movimento migratorio si intensifica a partire dalla presa
di Bari, nell’876 d.C., da parte dei bizantini di Basilio I Il Macedone – per
un ventennio Bari era stata sede di un Emirato Arabo – che dà l’avvio alla
seconda, massiccia, colonizzazione bizantina. A partire dal X secolo, il
Salento appare interamente grecizzato.
Tale
situazione è anche documentata dalla presenza nel Salento di numerose cripte bizantine,
databili tra il X ed il XIV secolo, ossia fino a tre secoli dopo la caduta
dell’Impero di Bisanzio (anno 1071, presa di Bari da parte di Roberto il
Guiscardo).
La presenza
dei coloni greci nella penisola salentina era capillarmente radicata ed assolutamente
egemone. Ciò ha consentito la sopravvivenza dell’arte bizantina fino al XIV
secolo e del rito liturgico fino al XVII secolo.
Da dove sono
venuti i coloni greci? Probabilmente dal Peloponneso, come starebbe dimostrando
l’indagine del prof. Stamatoyannopoulos, di cui parleremo tra poco, ma anche
dall’Anatolia, come evidenzia lo studio comparato delle immagini bizantine
presenti nel nostro territorio oppure dall’isola di Creta, come proverebbero
altri studi di carattere linguistico. È stato un movimento migratorio molto
ampio e complesso, la cui esatta provenienza non può essere stabilita, ad oggi,
con certezza.
Una decina
di anni fa, un gruppo di ricerca, insediato presso l’Università di Washington
(Seattle, WA, USA), coordinato dal prof. George Stamatoyannopoulos4, studioso
di genetica medica e presidente dell’Associazione Americana di Ematologia e
dell’Associazione Americana di Terapia Genica, ha avviato il progetto “Genoma
Ellenico” con lo scopo di preservare l’individualità genetica delle sottopopolazioni
greche. La ricerca ha riservato, nel 2011, un’importante capitolo nei comuni
della Grecìa Salentina dove il prof. Stamatoyannopoulos e la sua equipe,
affiancati dalla prof.sa Anna Rita Franco Migliaccio, professore di Medicina al
Mount Sinai School of Medicine e dal dott. Maurizio Muratore, direttore
dell’U.C. di Reumatologia presso l’Ospedale di San Cesario, con l’appoggio
delle Amministrazioni Comunali e del nostro Ufficio Lingua Minoritaria, ha
potuto prelevare, in tutti i comuni della Grecìa Salentina, campioni di sangue
di individui anziani, provenienti da famiglie di lingua grika che da più
generazioni abitano nello stesso comune.
Oltre a
conservare in biobanche il DNA per studi futuri, una piccola parte di campioni
prelevati viene attualmente utilizzata per valutare la presenza di circa un
milione di markers per ogni donatore. Tale numero è sufficiente per stabilire
le relazioni genetiche tra i griki del Salento e le popolazioni della Grecia.
È, dunque, possibile che nel prossimo futuro questa ricerca consentirà di
stabilire da quali regioni della Grecia provengono le popolazioni di lingua
minoritaria grika del Salento, ponendo, probabilmente, un punto fermo alla
vecchia querelle.
Il declino
Verso la
fine del XIX sec., cominciò a delinearsi il declino della lingua grika nel
Salento.
La legge
Coppino del 1887 sull’istruzione scolastica obbligatoria, che prevedeva
l’obbligo di frequenza scolastica fino a nove anni, la legge Orlando del 1904,
che estendeva tale obbligo, ed, in particolare, la riforma Gentile del 1923, se
da un lato ebbero il grande merito di avviare in maniera sempre più determinata
il processo di alfabetizzazione degli italiani, dall’altro ebbero il demerito
di osteggiare apertamente le minoranze linguistiche. Di tale ostilità si fecero
volenterosi interpreti molti insegnanti che, provenendo da comuni non griki,
già per propria disposizione mentale non avevano nessuna simpatia per una
lingua che non conoscevano e dalla quale si sentivano esclusi. Ne derivò una
situazione di forte disagio per una popolazione che si esprimeva comunemente in
griko: la propria lingua madre era ormai considerata sinonimo di arretratezza,
di ignoranza e di esclusione sociale.
“Una pena ho
nel mio cuore”, scriveva Domenicano Tondi (Zollino 1885 – 1965) in un breve
racconto autobiografico5, “la nostra Grecìa. Vorrei che questa Grecìa la
conoscessero, l’amassero, l’aiutassero tutti. Questa vecchia e bella lingua
nostra, che da tremila anni risuona nei nostri luoghi e che trascina la vita
povera e negletta, spesso derisa; questa nostra lingua che nemmeno possiamo
scrivere con i suoi segni perché ci sono diventati stranieri, vorrei vederla
riconosciuta, apprezzata, nelle scuole e nelle chiese”.
Tra la fine
del XIX sec. e la prima metà del XX, molti uomini colti della Grecìa si
batterono appassionatamente con gli scritti e, talvolta, anche con le armi per
restituire piena dignità all’antica lingua e per fermare un declino che già
appariva inarrestabile. Proprio negli anni più difficili per la lingua grika,
durante il ventennio mussoliniano, la Grecìa conobbe l’opera instancabile e
lungimirante di Don Mauro Cassoni, priore presso il Monastero di Santa Maria
della Consolazione di Martano a partire dal 1928. Don Mauro, laziale di
nascita, si innamorò immediatamente della lingua grika e dedicò alla sua
salvaguardia oltre due decenni di studio appassionato fino alla morte, avvenuta
nel 1951.
Del suo
ultraventennale impegno rimangono due opere di straordinaria modernità,
fondamentali per la conoscenza della lingua grika: “Hellàs Otrantina”, disegno
grammaticale della lingua grika, la cui prima edizione è del 1937, e il
“Vocabolario del greco otrantino”, di cui Don Mauro Cassoni riuscì a pubblicare
la lettera alpha nel 1941. Il vocabolario è stato pubblicato integralmente nel
1999 a cura del concittadino prof. Salvatore Sicuro, grazie al costante impegno
dell’attuale priore Don Ilario D’Ancona, che della missione culturale
cassoniana è degno ed attento custode e prosecutore, e dell’intera comunità
monastica martanese.
L’impegno di
tanti intellettuali dei comuni griki non riuscì a cambiare significativamente
la percezione negativa che ormai gravava sulla lingua grika, ma, in compenso,
ci ha consegnato una preziosa produzione letteraria, grammaticale e filosofica.
Tuttavia, nonostante
le difficoltà di cui si è dato conto, gli sconvolgimenti portati dalle due
Guerre Mondiali ed il fenomeno dell’emigrazione, verificatosi, in particolare,
a partire dagli anni ’50 del secolo scorso, la lingua grika ha continuato a
manifestare una straordinaria vitalità presso le nostre popolazioni.
Le
rilevazioni ufficiali de1 901, 1911 e 1921 nei nove comuni griki superstiti
davano rispettivamente una percentuale di grecofoni dell’89,3%, dell’87,8% e
del 66,3% su una popolazione complessiva che passava dai 22.519 abitanti del
1901 ai 24.172 del 1921.
Una indagine effettuata da Benito Spano nel
1964 e pubblicata nel volume “La Grecìa bizantina ed i suoi riflessi geografici
nell’Italia Meridionale e Insulare” rivela come, in quell’anno, dei 38.160 cittadini
residenti nella Grecìa Salentina, 19.733, ossia il 51,7%, parlavano la lingua
grika. In termini assoluti, ben 3.700 cittadini grecofoni in più rispetto al
1921.
La
situazione attuale
A partire
dagli anni ’70 del secolo scorso, si è affermato un rinnovato interesse per
l’antica lingua6, numerose associazioni culturali grecofone (Argalìo, Astèria,
Chora-ma, Ghetonìa, Glossa-ma), e singoli studiosi, affiancati da diverse
istituzioni ed uffici pubblici (in particolare, il Distretto Scolastico di Martano,
la Scuola Elementare di Castrignano de’ Greci, il Centro Regionale per i
Servizi Educativi e Culturali di Martano-Calimera ed alcuni comuni dell’area)
si sono distinti nell’opera di recupero e valorizzazione di aspetti rilevanti
della lingua, della musica e della tradizione grika. Da Martano, Radio
Glossa-ma avvia le trasmissioni in lingua grika e presso alcune scuole medie
vengono istituiti corsi di griko.
Dagli anni
’80, due manifestazioni annuali (la Settimana italo-ellenica, promossa a
Calimera dal CRSEC nel mese di luglio, e Agorà, organizzata dal Comune di
Martano nel mese di agosto) riscuotono per molti anni uno straordinario
interesse puntando sulla peculiarità culturale dell’area.
A partire da
1995, il Distretto Scolastico di Martano, grazie ad un accordo di
collaborazione con il Ministero Ellenico alla P.I. e Culto, organizza corsi
comparativi di lingua grika e neogreca in tutte le scuole della Grecìa e presso
circoli culturali ellenofoni. I corsi hanno accolto fino ad oggi migliaia di
studenti e centinaia di adulti.
Nel 1990, il
CRSEC di Martano pubblica, presso l’editore Congedo di Galatina, Ad Ovest di
Bisanzio – il Salento medievale a conclusione di un importantissimo seminario
internazionale di studi sulla grecità salentina e nel 1996 il Distretto
Scolastico di Martano pubblica, presso lo stesso editore, Grecìa Salentina –
Arte, Cultura e Territorio, volume divenuto fondamentale per gli studi sulla
Grecìa. Nei due anni seguenti, quest’ultimo, d’intesa con il Provveditorato
agli Studi di Lecce, realizza anche due affollatissimi seminari per docenti
sulla lingua e sulla cultura grika e neogreca.
Nel 1996,
nasce l’Associazione dei Comuni della Grecìa Salentina (poi divenuta Consorzio
ed, infine, Unione) con l’intento di promuovere e sostenere le iniziative
culturali più rilevanti per il recupero e la valorizzazione della lingua e
della cultura dei griki. L’associazione si impegna subito nella realizzazione
della Festa della Taranta che riprende la tradizione ed i ritmi dei gruppi di
pizzica tarantata, inizialmente sorti con finalità terapeutiche, e riesce ad
imporre la tipica cultura musicale griko-salentina all’attenzione
internazionale. Altre spettacolari manifestazioni, che recuperano la tradizione
locale, in particolare le Passioni in lingua grika, durante la Settimana Santa,
trasmettono un piccolo florilegio di ritmi, di versi e di termini griki ad un
numero crescente di giovani.
A partire
dal 2002, grazie ai finanziamenti erogati dalla Legge di Tutela delle Minoranze
Linguistiche Storiche (482/99), vengono istituiti, con alterna fortuna, gli
sportelli linguistici presso tutti i comuni griki e vengono attivate numerose
iniziative presso le scuole elementari e medie della Grecìa.
L’insieme
delle iniziative suddette e di molte altre meno visibili, ma altrettanto
importanti, se non hanno riportato, come era ampiamente previsto, il Griko al
ruolo di lingua madre di Grecìa Salentina (il Griko è usato come seconda
lingua, o lingua della memoria, dalle generazioni più anziane e da qualche
centinaio di giovani), certamente hanno cambiato profondamente la percezione di
una lingua e di una cultura che sono divenute, anche per chi ne possiede solo
pochi elementi, motivo di attenzione, di ricerca e, perfino, di orgoglio.
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1 G. Morosi, Studi sui dialetti greci di Terra d’Otranto, Lecce, 1870: «E per mia fortuna ebbi modo di entrare in amichevole relazione con gente greca di Martano con la quale continuamente conversando potei farmi addentro nel suo dialetto… »
1 G. Morosi, Studi sui dialetti greci di Terra d’Otranto, Lecce, 1870: «E per mia fortuna ebbi modo di entrare in amichevole relazione con gente greca di Martano con la quale continuamente conversando potei farmi addentro nel suo dialetto… »
2 Si veda G.
Rohlfs, Scavi linguistici nella Magna Grecia, Galatina, 1975
3 Per una
trattazione più ampia sulle fonti letterarie antiche e sulle risultanze
archeologiche nei periodi considerati, si veda il contributo di L. Orlando, Gli
elleni in Terra d’Otranto in Puglia Rurale - Il territorio della Grecìa
Salentina, pp. 32-47, Bari, 2000
4 Si veda
l’articolo di G. Stomatoyannopoulos, Alla ricerca delle radici perdute in
Salento Medico, Anno XXXV, Num. 6, Nardò, 2012
5 D. Tondi,
La lingua grika del Salento, Noci, 1935
6 Si veda il
contributo di L. Orlando, Una politica culturale per la Grecìa Salentina, nel
volume Grecìa Salentina arte, cultura e territorio, pp. 9-12 Galatina, 1996
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