Il fotografo
Giovanni Santi, ha visitato questa terra incantata, con particolare attenzione
ad Atene e Salonicco, estrapolandone con i suoi scatti i segreti e le visioni
più nascoste. Un viaggio nel tempo tra bar contemporanei, street art e
classicità.
18/12/2017
Nel suo
itinerario non poteva ovviamente mancare il simbolo per eccellenza della
letteratura turistica greca: l’Acropoli di Atene. In una serie di scatti
Giovanni Santi la include nella cornice della quotidianità cittadina, la
osserva a distanza, imprigionata nelle prospettive architettoniche del suo
omonimo museo, oppure la fotografa dalla Collina di Strefi, rivelando il suo
inserimento ottico nel caotico disordine urbanistico di Atene. La stessa città
viene rivalutata quando dalla rocca dell’Acropoli, con il Partenone alle
spalle, mette a fuoco lo spazio che si estende dal tempio di Atena Nike fino
alla corona di colline che delimitano il bacino di Atene; la città e la sua
indistinta periferia, sotto la luce attica, sembrano la continuazione del sito
archeologico. Questo insieme costituisce il nuovo paesaggio «classico» con
epicentro la Pnice, simbolo diacronico della democrazia diretta.
Il mondo
classico però, che sia reale o rappresentazione, non ha la precedenza nei temi
di Giovanni Santi. Gli anonimi frequentatori della quotidianità s’imprimono
nelle sue immagini come soggetti supplementari. Vediamo i passanti per il
Lungomare di Salonicco e l’innevato monte Olimpo sullo sfondo, oppure le
piccole figure nere dietro e fra le verghe verticali d’acciaio sotto la vasta
scultura architettonica de Gli ombrelli. Ma se a proposito di questa opera di
Georghios Zongolopulos, il fotografo si sincronizza con la capacità dello
scultore di sfruttare la luce rispetto ai volumi e alla trasparenza dei
materiali, nell’opera convenzionale di un altro autore, la statua di Alessandro
Magno, il ruolo del protagonista è assegnato al giovane skateboarder che, con
leggerezza e flessibilità spensierata, decolla dall’austero lastricato,
sfuggendo dall’ombra dello stratega di bronzo. Altrove, nelle Meteore, con il
pretesto del paesaggio naturale, commenta l’industria del turismo e la
riproduzione di massa delle sue immagini; la grandiosità delle rocce e la luce
apocalittica che investe i monasteri sono il fondo naturale al protagonismo dei
turisti che affrontano il paesaggio come scenografia del loro irripetibile
momento.
Sebbene
Giovanni Santi eviti simili riprese, ciò non gli impedisce di cedere al fascino
della spontanea espressione umana, ricercandola nell’ambiente della strada, del
quartiere, del divertimento, perfino nel culto religioso, quando, nella
Salonicco Bizantina, incrocia il suo sguardo con quello della Vergine: rifugio
della contemporanea supplice dal travaglio quotidiano. Ponendo le sue figure al
centro del quadro cerca di recuperare la fiducia di chi si affaccia
all’obbiettivo: di quello con la fronte rugosa e il misterioso sguardo
consensivo, del pensoso oste nel Mercato Modiano e dei vecchietti nel Mercato
Vlali. Altre volte, le espressioni delle persone riprese rispecchiano il
rapporto con il loro ambiente di lavoro o ludico: il gioioso venditore di libri
usati nel quartiere turistico di Plaka, il sorriso caloroso per la promozione
di un prodotto in un Caffe Bar di Salonicco, l’indifferente malinconia del
ragazzino che lavora nel Mercato dei pesci di Atene e, tutto ciò, in contrasto
con lo sguardo rilassato della ragazza che al ristorante di Atene sta godendo
il culto della sigaretta dopo cena.
Mi commuovo
quando lo sguardo di Giovanni Santi si ferma dinanzi alla nuova forma
d’affreschi urbani, la street art. Ad Atene e in particolare ad Exarchia,
quartiere socialmente e politicamente anticonvenzionale per antonomasia, questo
tipo di arte agisce come palinsesto di poesia icastica per le facciate
diroccate degli edifici neoclassici, mentre, dovunque, appropriatosi di spazi
urbani, pubblici o privati, spesso anche con iscrizioni affrescate, esprime il
malessere sociale per il dominio di un sistema economico globale.
L’obiettivo
di Giovanni Santi imprime immagini istantanee dell’effimero in attimi e pose
semplici e naturali: l’autenticità di un paese che, da sette anni, in un
contesto di continua crisi economica, e con l’incertezza del futuro, si rifiuta
di adottare comportamenti claustrofobici.”
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