Francesco
Sabatini, linguista, filologo e lessicografo, presidente onorario
dell’Accademia della Crusca, che ha presieduto dal 2000 al 2008, e professore
emerito all’Università degli Studi Roma Tre, in un lungo articolo per il
Corriere della Sera, sottolinea i mali del sistema dell’istruzione che ignora
il ruolo della nostra lingua nello sviluppo cognitivo:
Di Andrea Carlino - 24/09/2017
“I mali del
nostro sistema di istruzione vengono spesso denunciati pubblicamente non dalla
scuola, ma dall’Università e, a livelli più avanzati, dagli ordini
professionali. Non si contano le lamentele dei professori di Giurisprudenza
sull’incapacità degli studenti di quella Facoltà (la chiamo ancora così, anche
se questa struttura è stata cancellata) di redigere la tesi o anche solo una
tesina in un italiano accettabile. Alcuni docenti hanno deciso di eliminarle,
perché sarebbero tutte da riscrivere. Fanno seguito le lamentele dei presidenti
degli ordini forensi, nazionali e regionali, che denunciano l’impreparazione
linguistica di molti giovani avvocati. Sui concorsi che riguardano questa
categoria e anche quella degli aspiranti magistrati cali un velo pietoso (basta
leggere le cronache dei giornali a ogni tornata di tali concorsi). Non si contano
neppure le lagnanze per l’oscurità delle circolari ministeriali, dei testi
normativi (perfino lo schema preliminare del decreto per l’esame di italiano
nella maturità!), degli avvisi pubblici, criptici (che cos’è il «luogo dinamico
di sicurezza» negli aeroporti, se non un «percorso di fuga» in caso di
pericolo?) o pletorici (le Ferrovie dello Stato stanno consultando l’Accademia
della Crusca per migliorarli)”.
Francesco Sabatini
“Ogni tanto
lo si proclama, nella nostra scuola, come la disciplina centrale e trasversale
per tutti gli studi, ma di fatto non viene coltivato come tale, anche qui per
molti motivi, ma tutti riconducibili a una causa profonda: manca ampiamente nel
nostro mondo scolastico una cognizione scientifica del ruolo che ha la lingua
prima nello sviluppo cognitivo generale dell’individuo. Tutto il curricolo di
questo insegnamento (per l’uso parlato e ancor più per l’uso scritto) è
inficiato da errori di impostazione che le scienze del linguaggio hanno messo
da tempo in evidenza, ma che non vengono conosciuti e riconosciuti nelle sedi
responsabili: la formazione universitaria dei futuri docenti; la tradizione dei
nostri curricoli scolastici ispirati alle «Indicazioni» ministeriali, ogni
tanto ritoccate, ma mai veramente ripensate; di conseguenza anche l’impostazione
di molti dei libri di testo, che non osano scalfire l’esistente”.
“Nella
scuola Primaria «modernizzata» viene insegnata in maniera sempre più
approssimativa, per la mancata considerazione del complicato processo cerebrale
che consente il suo apprendimento, attraverso l’attivazione, a fini
linguistici, di un nuovo canale sensoriale, la vista, in aggiunta all’udito,
con l’apporto fondamentale delle operazioni della mano. Una sottovalutazione
che si accompagna da un lato alla convinzione che ormai serve solo la scrittura
elettronica (si dimostra di ignorare che lo scrivere a mano coinvolge tutto il
nostro corpo), dall’altro a un incontrollato desiderio di molti insegnanti di
«andare avanti», per insegnare quanto prima la «grammatica», che ritengono
necessaria fin dall’inizio (ma così non è) o per elevare il proprio ruolo e far
bella figura con i docenti della Media e con i genitori. Intanto il bambinetto
e la bambinetta leggono male e scrivono peggio, beccandosi a volte, a torto, le
qualifiche di dislessici e disgrafici, che distorcono tutto il loro percorso
scolastico successivo”.
“Il clima
generale è in fondo creato dalle attese frettolose delle famiglie: soprattutto
di quelle che chiedono di far studiare quello che, secondo loro, serve
direttamente a trovar lavoro, meglio se all’estero; tanto, si sente dire da non
pochi, «l’italiano prima o poi diventerà un dialetto europeo che non servirà a
nessuno». E in questo modo si toglie al cervello dei nostri studenti, dai 6 ai
19 anni, in un contesto già pieno di altre suggestioni, la possibilità di
sviluppare al meglio in sé la facoltà linguistico-cognitiva di base, propria ed
esclusiva della nostra specie, facoltà ulteriormente evoluta con l’invenzione,
estremamente significativa e impegnativa, della scrittura”.
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