Maschera
tragica romana: mosaico proveniente da Pompei
La tragedia:
origini in Grecia
La tragedia
nacque nell’antica Grecia ed ebbe origini sacre: era infatti una
rappresentazione in cui sacrifici e preghiere legati al culto del dio Dioniso
prendevano forma scenica.
18/12/2017
La tragedia
greca raggiunse la sua configurazione definitiva nel V secolo a.C. Essa era
ripartita in cinque atti e prevedeva la presenza di un coro, ossia di un gruppo
di attori-ballerini di sesso maschile, vestiti con preziosi costumi e muniti di
maschere, che si esibivano in movimenti scenici e declamavano versi.
In Grecia le
tragedie erano presentate al pubblico durante vere e proprie gare tra
tragediografi, in cui una giuria popolare attribuiva premi alle opere migliori.
Durante tali competizioni pubbliche ogni autore presentava solitamente una
trilogia (ossia tre tragedie tra loro collegate nell’argomento) e una satira
(ossia una parodia della trilogia), che venivano rappresentate nell’arco di
un’intera giornata.
Nell’antica
società greca era infatti attribuita grande importanza al teatro, perché a esso
si riconosceva una funzione educativa di primaria importanza, tendente ad
esaltare nell’uomo i più alti valori individuali e civili.
Basata su
vicende capaci di suscitare un forte coivolgimento emotivo fra gli spettatori,
si riteneva che la tragedia favorisse la purificazione (catarsi) di coloro che
vi assistevano, attraverso la sublimazione dei sentimenti di terrore, pietà,
sacrificio e onore, trasmettendo così una profonda lezione di vita attraverso i
fatti rappresentati. Per questa ragione ad Atene gli spettacoli teatrali erano
finanziati dallo Stato e la partecipazione del pubblico era totalmente gratuita
(per un approfondimento leggi Spettacoli teatrali nell’antica Grecia) .
Le
caratteristiche della tragedia greca
Attraverso
una progressiva evoluzione nel tempo, la tragedia greca assunse i seguenti
caratteri definitivi:
nell’azione
drammatica erano coinvolti uomini e dèi;
i
protagonisti appartenevano a un rango sociale elevato;
la vicenda
rappresentata era nota a tutti, in quanto tratta dal patrimonio culturale
comune;
venivano
affrontati argomenti che mettevano in campo valori universali, comuni
all’esperienza di ogni uomo e alla vita di ogni società, quali l’amore, l’odio,
il rapporto fra bene e male, il contrasto fra pace e guerra, la necessità di
obbedire al volere degli dèi e del destino;
una
catastrofe ribaltava a un certo punto la vicenda inizialmente positiva e
rassicurante, provocando rovina, morte e laceranti conflitti fra i personaggi;
il
protagonista infrangeva un divieto divino e di conseguenza doveva espiare la
propria colpa; tale infrazione costituiva quasi sempre la causa della
catastrofe;
lo stile
poetico era molto elevato, caratterizzato da un registro linguistico alto e
dalla ricerca della perfezione formale.
I maggiori
autori della tragedia greca
I maggiori
autori greci che si espressero in questo genere furono tre tragediografi:
Eschilo
(525-456 a.C.), al quale si attribuisce l’intuizione di staccare dal coro due
primi attori, che acquistano identità di personaggi e dialogano tra loro e con
il coro, aumentando così le potenzialità drammatiche dello spettacolo;
Sofocle
(496-406 a.C.), che isolò dal gruppo del coro un terzo personaggio;
Euripide
(485-406 a.C.), che approfondì le personalità dei personaggi, ormai trattati
come individui dotati di un punto di vista soggettivo e di un carattere
autonomo.
La tragedia
nel tempo
Il genere
tragico greco fu ripreso e imitato dai latini, che ne seguirono pedissequamente
le linee generali. Il più importante tragediografo latino fu Lucio Anneo Seneca
(4-65 d.C.), le cui opere presentano spesso scene violente e orrificanti.
Pressoché
dimenticata durante tutto il Medioevo, la tragedia venne nuovamente praticata
dagli autori del Rinascimento.
Tra
Cinquecento e Seicento in Inghilterra, per merito del grande drammaturgo
William Shakespeare (1564-1616), essa raggiunse vertici di altissimo livello,
così come avvenne in Francia grazie alle opere di Pierre Corneille (1606-1684)
e di Jean Racine (1639-1699).
Durante il
Romanticismo la tragedia ebbe la sua ultima affermazione significativa: in
Italia, con Vittorio Alfieri (1749-1803) e Alessandro Manzoni (1785-1873) e in
Germania con Johann Wolfgang Goethe (1749-1832).
Nella
seconda metà dell’Ottocento questo genere perse definitivamente importanza e fu
sostituito dalla più scorrevole scrittura del dramma, che meglio si avvicinava
alla sensibilità della nuova società borghese.
Ultimi
tragediografi si possono considerare nel XX secolo l’italiano Gabriele
D’Annunzio (1863-1938) e il belga Maurice Maeterlink (1862-1949).
Oggi è un
genere non più praticato, mentre nei teatri si rappresentano ancora testi
antichi, soprattutto greci.
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