Noam Chomsky è fra i
massimi linguisti dell’ultimo secolo. I suoi studi sul linguaggio hanno aperto
nuove prospettive, sia in ambito linguistico sia nel campo della ricerca sulla
mente.
Martina Dell’Annunziata, 11/12/2017
Al nome del pensatore
americano è legata la riscoperta di posizioni innatiste in sintonia con le più
recenti osservazioni condotte sul sistema nervoso. Le sue riflessioni
attraversano aree di studio che vanno dalla neurobiologia alla genetica, dalle
scienze cognitive alla filosofia della mente.
L’obiettivo di
Chomsky è allora quello di indagare il funzionamento della mente e delle lingue
naturali al fine di dedurne una teoria linguistica generale.
Il linguaggio:
normatività e creatività
Ogni lingua è
costituita da un sistema di regole. Queste ultime definiscono la corretta
produzione del discorso, sia dal punto di vista fonetico che dal punto di vista
semantico. Saper parlare una lingua significa interiorizzare e padroneggiare
queste norme. La corretta associazione di rappresentazioni fonetiche (suoni) e
rappresentazione semantiche (significati), però, non esaurisce tutta la
complessità dell’espressione linguistica.
Ciò che Chomsky ha a
cuore è l’aspetto creativo del linguaggio, il mistero della sua inesauribilità.
Com’è possibile generare un numero potenzialmente infinito di frasi a partire
da un numero finito di elementi?
Per rispondere a
questa domanda è necessario estendere lo studio sulla lingua anche a fattori
non linguistici e alle strutture cognitive dei parlanti-ascoltatori.
Esecuzione
linguistica e competenza linguistica
Chomsky distingue fra
due aspetti del linguaggio, chiamati rispettivamente esecuzione linguistica e
competenza linguistica. La prima indica la performance linguistica, cioè l’uso
effettivo della lingua parlata in un dato contesto. La competenza linguistica,
invece, rimanda ad un “parlante-ascoltatore ideale in una comunità linguistica
completamente omogenea“. In maniera più semplice, la competence è l’insieme
delle strutture e dei principi che rendono ogni volta possibile l’esecuzione
linguistica da parte di un parlante ideale. Essa costituisce una specie di
istinto, un patrimonio biologico di capacità innate proprio della specie umana
nella sua attuale fase evolutiva.
Chomsky: il Menone di
Platone
Chomsky si appropria
così del nucleo tematico del Menone di Platone, proponendo una versione
aggiornata dell’innatismo. In Linguaggio e problemi della conoscenza (1986)
leggiamo:
NEL MENONE SOCRATE
DIMOSTRA CHE UN GIOVANE SCHIAVO PRIVO DI ISTRUZIONE CONOSCE I PRINCIPI DELLA
GEOMETRIA, CONDUCENDOLO, ATTRAVERSO UNA SERIE DI DOMANDE, ALLA SCOPERTA DI
ALCUNI TEOREMI DI GEOMETRIA. QUESTO ESPERIMENTO SOLLEVA UN PROBLEMA CHE RIMANE
TUTTORA INSOLUTO: COME HA FATTO IL GIOVANE SCHIAVO A TROVARE LA VERITÀ DELLA
GEOMETRIA SENZA ISTRUZIONI O INFORMAZIONI?
Nel dialogo platonico
Socrate intrattiene una conversazione con uno schiavo. Incalzato dal metodo
maieutico, questi perviene alla soluzione di un problema geometrico pur essendo
privo di istruzione. Platone spiega che ciò è possibile perché Socrate ha
risvegliato nel giovane conoscenze innate. Chomsky respinge la cornice mitica
del discorso platonico, proponendone una lettura moderna:
COME POSSIAMO
ESPRIMERE QUESTA PROPOSTA IN TERMINI MODERNI? UNA VARIANTE MODERNA SAREBBE CHE
CERTI ASPETTI DELLA NOSTRA CONOSCENZA E DELLA NOSTRA COMPRENSIONE SONO INNATI,
CIOÈ PARTE DEL NOSTRO PATRIMONIO BIOLOGICO, GENETICAMENTE DETERMINATO.
Nelle tesi di Chomsky
l’innatismo classico si fonde con conoscenze di natura biologica. La facoltà
del linguaggio, infatti, è interpretata come un organo mentale. Come tutti gli
altri organi del nostro corpo, anche il linguaggio svilupperebbe le sue
funzioni in base a istruzioni codificate dal patrimonio genetico.
L’apprendimento del
linguaggio e la critica al comportamentismo
L’interpretazione del
linguaggio come un sapere innato consente a Chomsky di offrire una soluzione al
problema dell’apprendimento del linguaggio. Il bambino che impara a parlare non
si limita alla ripetizione di frasi dette dai propri genitori. Egli acquisisce
in breve tempo la capacità di comprendere e formulare un numero infinito di
espressioni. Alla fine del suo percorso di apprendimento, il soggetto parlante
dimostra di poter far un uso del tutto autonomo della lingua. La competenza
linguistica, quindi, si estenderebbe molto oltre i limiti dei dati appresi
dall’esterno.
Queste osservazioni
conducono Chomsky ad avanzare una critica al comportamentismo. Per gli
psicologi comportamentisti l’apprendimento del linguaggio può essere spiegato
nei termini di un meccanismo di stimolo-risposta. Secondo Chomsky questa teoria
non sarebbe in grado di render conto dell’aspetto creativo del linguaggio.
Parlare non significa semplicemente attingere ad un repertorio di frasi già
disponibili. Secondo il filosofo l’apprendimento del linguaggio è possibile
grazie alla presenza nella nostra mente di un dispositivo innato: il Language
Acquisition Device.
Chomsky: la
linguistica generativo-trasformazionale
Chomsky definisce la
competenza linguistica una Grammatica universale. La Grammatica universale è
quella struttura mentale che consente di generare frasi sempre nuove nella
propria lingua. Come in un congegno matematico, ciò avviene partire dalla
combinazione e trasformazione di elementi minimi acquisiti. Queste
considerazioni sul carattere generativo-trasformazionale della lingua sono al
centro della teoria di Chomsky. La linguistica deve indagare le condizioni che
rendono possibile l’attivazione di queste funzioni mentali. Dunque, risulta fondamentale
l’apporto di altre scienze, come la neurofisiologia e l’informatica.
Linguaggio e
cibernetica
Indagando l’aspetto
creativo del linguaggio, Chomsky approfondisce la sua teoria linguistica
attraverso un’interpretazione cibernetica dei soggetti parlanti.
L’uso del linguaggio
non è determinato da stimoli esterni, ma da funzioni interne ai parlanti. La
linguistica deve indagare questi meccanismi autoregolativi. Per questo motivo,
essa deve stringere un rapporto collaborativo con la la scienza che studia i
principi di autoregolazione delle intelligenze artificiali: la cibernetica.
Per la sua capacità
di autoregolare le proprie prestazioni dall’interno, il soggetto parlante opera
come un vero e proprio soggetto cibernetico. Pertanto, secondo Chomsky l’intelligenza
artificiale, che consente di simulare l’attività mentale attraverso programmi
informatici, aprirebbe nuove prospettive sul funzionamento della mente.
Bibliografia
Platone, Tutti gli
scritti, a cura di G. Reale, Bompiani, Milano 2001
Chomsky, Il
linguaggio e la mente, Bollati Boringhieri, 2001
Chomsky, Linguaggio e
problemi della conoscenza, Il Mulino, 1986
Fonte:
Δεν υπάρχουν σχόλια:
Δημοσίευση σχολίου