Questo
articolo in breve:
- Antiche
favole allegoriche con animali
- Tradizione
orientale di simili racconti
- Figura
semi-leggendaria di Esopo
- Morale amara
e anti-moderna di molte favole
- Favole più
vicine alla sensibilità moderna
- Gli “haters”
e la favola de “Il capretto che stava in casa e il lupo”
11/12/2017
La cultura
popolare greca tramandò per secoli, oralmente, delle favole in cui i
protagonisti erano gli animali. Ognuno di essi rappresentava uno stereotipo di
carattere: la volpe era sempre astuta, il lupo ingordo, il leone forte. Tali
semplici racconti servivano per costruire delle morali di pronto utilizzo, in
cui, attraverso la natura e le allegorie, si descrivevano le vicende umane.
Questo
genere di racconti erano diffusi in quasi tutte le civiltà antiche.
Probabilmente i Greci derivarono buona parte della loro tradizione dal Vicino
Oriente, da cui provengono diverse testimonianze su testi cuneiformi. Tuttavia
nell’antica Grecia, come era abitudine, fu identificato un creatore, un uomo
che avrebbe inventato l’insieme di quelle favole. Questo autore era Esopo,
citato per la prima volta nel V secolo a.C. dallo storico Erodoto.
Esopo era
dunque una figura semi-leggendaria, per molti versi accostabile a quella di
Omero: anche lui infatti rappresentava la congiunzione tra il mondo
dell’oralità (racconti tramandati a voce per secoli) e la cultura scritta
(selezione delle favole e creazione di un testo più o meno stabile).
Amarezza
delle favole esopiche
Esopo,
secondo quanto trasmesso dalle fonti, sarebbe stato uno schiavo vissuto nel VI
secolo a.C. Per Erodoto sarebbe vissuto nell’isola di Samo. La sua condizione
servile non è casuale: le favole a lui attribuite sono l’espressione di un
pensiero disincantato, provato dalla durezza della vita.
Leggendo i
titoli dei racconti esopici (“La volpe e l’uva”, “Il tonno e il delfino”, “Il
cane addormentato e il lupo”, ecc.) si potrebbe avere l’idea di un mondo
incantato, fatto di fiabe per bambini. Ed in effetti la semplicità della lingua
e dello stile fecero sì che le favole venissero usate ampiamente nelle scuole,
per insegnare a leggere e a scrivere. Del resto anche nei nostri corsi di greco
antico per principianti ne facciamo spesso uso!
Tuttavia non
bisogna lasciarsi ingannare: se proverete a sfogliare la raccolta esopica e a
leggere qualche favola proverete un senso di frustrazione. La struttura dei
racconti è spesso la stessa: un conflitto tra due parti che si risolve con la
vittoria non di chi è più giusto, ma di chi è più forte. La sopraffazione e la
violenza sono una costante. I protagonisti riescono talvolta a salvarsi solo
grazie all’astuzia, con cui anche il più debole può sperare di cavarsela. Ma la
maggior parte delle volte la favola si
limita a registrare la sconfitta del subalterno, con una mesta sentenza alla fine:
non bisogna cercare di ribellarsi o di cambiare il corso della natura, pena la
sconfitta o la morte.
La volpe e
il serpente
Ecco un
semplice esempio della morale del “meglio rimanere al proprio posto”:
Una volpe
vide un serpente addormentato: piena di invidia per la lunghezza del suo corpo,
si coricò accanto a lui con l’intento di eguagliarlo e cercò di tendersi,
finché, per la violenza eccessiva degli sforzi, senza neanche rendersene conto,
si squartò.
Questo tocca
a quanti si mettono in competizione con chi è loro superiore: soccombono prima
di riuscire a emularlo.
(Esopo,
Favole, 33, trad. C. Benedetti, Mondadori)
Συκέα παρ’ ὁδὸν ἦν. Ἀλώπηξ δὲ
θεασαμένη δράκοντα κοιμώμενον ἐζήλωσεν αὐτοῦ τὸ μῆκος· βουλομένη δὲ αὐτῷ ἐξισωθῆναι
παραναπεσοῦσα ἐπειρᾶτο ἑαυτὴν ἐκτείνειν, μέχρις οὗ ὑπερβιαζομένη ἔλαβε ῥαγεῖσα.
Τοῦτο πάσχουσιν οἱ τοῖς κρείττουσιν ἀνθαμιλλώμενοι· θᾶττον γὰρ αὐτοὶ διαῤῥήγνυνται
ἢ ἐκείνων ἐφικέσθαι δύνανται.
Per noi
moderni questa rassegnazione è fastidiosa. Ogni persona che lo desideri, ha il
diritto ad aspirare a una vita migliore! Ma evidentemente lo schiavo Esopo – e
la cultura dei ceti subalterni di cui era portavoce -, aveva un approccio alla
vita molto diverso. Studiare la letteratura greca significa anche questo:
prendere coscienza di sé attraverso le differenze con il mondo antico.
Esopo e gli
haters dei social network
A questo
punto abbiamo messo a fuoco quali differenze dividano la morale esopica dal
nostro sentire moderno. Ora possiamo fare l’inverso, ovvero trovare delle
analogie col mondo attuale. Non si tratta di incoerenza. Come abbiamo detto gli
animali allegorici di Esopo descrivono il vivere degli uomini. Ora, dal momento
che la vita dei poveri non doveva essere semplice, è naturale che moltissimi
racconti si concentrino sui rapporti di potere e sul disincanto. Tuttavia
l’esistenza era ed è fatta anche di altro: relazioni tra individui di pari
rango, interventi imprevedibili della sorte, caratteri psicologi peculiari di
ciascuno.
Le favole
incentrate su questi temi sono quelle che riescono a comunicarci un’emozione
immediata. In esse rivediamo dipinto, attraverso immagini vivide, qualcosa che
ci è familiare. La vicinanza può essere tale da creare un collegamento tra il
mondo campestre di duemilacinquecento anni fa e la cultura digitale dei nostri
giorni. Sembra paradossale, ma leggendo il racconto de “Il capretto che stava
in casa e il lupo”, salta subito in mente la figura dello “hater”.
Questo termine
inglese di fresca importazione è un prodotto di Facebook, Twitter, Youtube e
altri social network. La rete ha fatto emergere un risentimento violento,
sputato fuori da parte di persone che, nella vita di tutti i giorni, appaiono
educate e tranquille. Se infatti la gente comune si comportasse per strada come
gli “odiaotri” di Facebook, bisognerebbe uscire di casa armati e pronti a
difendersi. Senonché questa arroganza è condizionata alla protezione offerta da
uno schermo e da una tastiera. In questo vile atteggiamento c’è qualcosa di
primordiale: se il pericolo è percepito come lontano e si è sicuri in casa
propria, si può dare libero sfogo alle pulsioni più aggressive. E allora, visto
che parliamo di regressione allo stato animale, quale migliore immagine di una
favola di Esopo?
Il capretto
che stava in casa e il lupo
Un capretto
che se ne stava in casa, visto passare un lupo, si divertiva a insultarlo e a
beffeggiarlo. Ma il lupo gli disse: “Caro mio, non sei tu a insultarmi, ma il
posto dove ti trovi”.
La favola
dimostra che spesso il luogo e le circostanze rendono sfrontati di fronte ai
più forti.
Esopo,
Favole, 106
Ἔριφος ἐπὶ τινος δώματος ἑστώς, ἐπειδὴ λύκον παριόντα εἶδεν, ἐλοιδόρει
καὶ ἔσκωπτεν αὐτόν. Ὁ δὲ λύκος ἔφη· Ὦ οὗτος, οὐ σύ με λοιδορεῖς, ἀλλ’ ὁ τόπος.
Ὁ μῦθος δηλοῖ
ὅτι πολλάκις καὶ ὁ τόπος καὶ ὁ καιρὸς δίδωσι τὸ θράσος κατὰ τῶν ἀμεινόνων.
Δεν υπάρχουν σχόλια:
Δημοσίευση σχολίου