Quando
ammiriamo una scultura dell’antica Grecia, spesso dimentichiamo come queste
fossero in realtà coloratissime, piuttosto che bianche candide come oggi le
vediamo nei musei. Finiamo così col derivarne un’immagine molto più astratta di
quanto non fosse in realtà. Il medesimo discorso può essere applicato alla
produzione poetica-letteraria degli antichi greci, di cui ammiriamo l’aspetto
testuale. Eppure, così ci perdiamo qualcosa: la loro musica.
Stefano Pitrelli - 08/11/2013
La BBC ha
recentemente intervistato Armand D’Angour, docente dell’università di Oxford
che, in pratica, fa l’archeologo della musica, e si è imbarcato in un progetto
finanziato dalla British Academy per riportarla in vita. “Immaginate che fra
2500 anni tutto ciò che resti delle canzoni dei Beatles siano alcuni testi –
spiega – e che lo stesso accada alle opere di Mozart e Verdi. Immaginate quanto
sarebbe entusiasmante ricostruirne il suono, riscoprirne gli strumenti e
ascoltarne le parole nel modo giusto”. Si dimentica spesso, spiega D’Angour,
che l’epica omerica, le poesie d’amore saffiche, così come le tragedie di
Sofocle ed Euripide, fossero tutte concepite in musica, composte per essere
cantate e accompagnate dalla lira, dalla zampogna e da strumenti a percussione.
ASCOLTATE "David Creese suona musica greca antica" QUI :
Come ricostruirle?
Innanzitutto si parte dal ritmo, che rimane incastonato fra sillabe lunghe e
corte. Poi gli strumenti: li ritroviamo descritti nei testi, e a volte
raffigurati sui reperti, e il loro aspetto permette di ricostruirne tono e
timbro. Adesso, annuncia il professore alla BBC, una serie di nuove scoperte
sulla musica greca antica sono state fatte grazie ad alcuni documenti risalenti
al 450 a.C: una miniera di lettere dell’alfabeto e simboli posti sopra le
vocali dell’alfabeto greco. I greci avevano stabilito le proporzioni
matematiche degli intervalli musicali: un’ottava è 2:1, una quinta 3:2, una
quarta 4:3, e così via. In più, grazie alle lettere si risale al tono: la
lettera A, ad esempio, rappresenta una nota musicale un quinto più alta della N,
che è a metà dell’alfabeto.
Quanto
all’effetto finale, la somiglianza è più con la musica popolare indiana e
mediorientale che con quella tradizionale occidentale. L’esempio che fa
D’Angour è quello dell'epitaffio di Sicilo. Ritrovato vicino Efeso nel 1883,
oggi si trova al Museo nazionale danese di Copenhagen, ed è la più antica
composizione musicale completa della storia umana: una canzone ellenistica
risalente a un periodo intorno al primo secolo a.C. Ciò che la rende unica è il
fatto che riporti una partitura intera.
Certo, ne
esistono di più antichi – fino a risalire al 18° secolo a.C., incisi su
tavolette cuneiformi – ma sono solo frammenti. A differenza degli altri, il
breve epitaffio presenta testo e partitura integri. Fu ritrovato inciso su una
tomba nella provincia turca di Aydın, insieme a questa frase: “Questa lapide è
un’immagine. Sicilo qui mi pose quale imperituro segno di memoria immortale”.
Qui di seguito, invece, il testo dell’epitaffio-canzone. La vera fortuna è che
non esistono solo le parole: c’è incisa la melodia.
Finché vivi,
splendi / non darti alcuna pena / la vita dura poco, / e il tempo chiede pegno.
All’Università
di Newcastle, David Creese si è impegnato a costruire uno strumento non
dissimile da una cetra. È sua l’interpretazione che oggi possiamo ascoltare. Ma
adesso ci sarà da capire: quali erano le “colonne sonore originali” di Euripide
e Omero?
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