Se pensiamo alle ricchezze archeologiche della nostra terra, immediatamente ci vengono in mente gli scavi di Pompei ed Ercolano. Questi sono i più famosi, ma non certo gli unici. Infatti, nel comune di Ascea, in provincia di Salerno, si ergono ancora i resti di un’antica città: Velia.
23 settembre 2017
Domenico Ascione
Secondo gli
storici Erodoto e Strabone, la storia della città di Velia, il cui nome greco
era Elea, iniziò quando Focea, una città greca dell’Asia Minore, venne
conquistata dai Persiani. Moltissimi greci riuscirono a fuggire dalla città
prima dell’occupazione ed approdarono sulle coste dell’Italia meridionale, al
tempo sede di numerose colonie elleniche, e qui fondarono Elea. Quanto scritto
dagli storici antichi trova conferma in alcuni resti di un piccolo villaggio
rinvenuti sull’acropoli di Velia: forse quel che rimane dell’insediamento
greco.
Per oltre
quattro secoli i greci regnarono incontrastati sulla nuova colonia: la
posizione era ottima per gestire i traffici fra Etruschi, a Nord, e le altre
colonie circostanti. La supremazia economica e geografica della città la fece
resistere ai numerosi popoli confinanti, persino ai romani. Anzi, durante la
seconda guerra punica i greci fornirono un considerevole contributo alle
legioni romane, riuscendo ad ottenere ancora più autonomia.
Prima ancora
di essere una potenza commerciale, però, la colonia greca rappresentò un grande
polo culturale dell’antichità: la scuola eleatica, appunto di Elea, fu molto
importante nella storia della filosofia e i suoi principali esponenti furono
Parmenide, Zenone e Melisso di Samo. Ad Elea soggiornarono anche i filosofi
Senofane e Leucippo. Fino almeno al 62 d.C. operò una fiorente scuola medica e
di Velia furono i due grammatici Stazio, padre del più noto poeta latino, e
Palamede.
Tuttavia,
nell’88 a.C, Velia diventò a tutti gli effetti un municipio romano, pur
conservando il diritto di battere moneta e parlare greco. I più ricchi fra i
romani avevano una casa di villeggiatura nel nuovo municipio: un luogo ben
diverso da Roma, immerso nel verde, a pochi passi dal mare e con tutti gli agi
e le ricchezze della capitale. Le nuove strade costruite in età imperiale,
però, ridussero drammaticamente l’importanza di Velia, che andò presto incontro
ad un declino economico.
Ridotta a un
paesino di pescatori, nel medioevo venne abbandonata dai pochi abitanti che vi
rimanevano a causa di un’epidemia di malaria. L’unico baluardo di Velia rimase
l’antica acropoli, dove alcune famiglie si rifugiarono costruendo una poderosa
fortificazione per difendersi dai frequenti assalti dei pirati saraceni. Il
borgo prese il nome di Castellammare della Bruca, ma, nel XVII, anche quella
piccola fortezza restò disabitata.
Dopo un
lungo oblio i resti dell’antica città furono ritrovati nella metà del secolo
scorso all’interno del territorio comunale di Ascea e ne arricchiscono
l’offerta turistica legata alla balneazione estiva. Gli scavi, vicini alla
ferrovia e non lontani dal centro città, sono visitabili tutti i giorni,
eccetto il giovedì. Dell’antica città restano l’Area Portuale, Porta Marina,
Porta Rosa, costruzione risalente all’età greca, le Terme Ellenistiche e le
Terme romane, l’Agorà, l’Acropoli, il Quartiere Meridionale e il Quartiere
Arcaico.
Per maggiori
informazioni sul complesso archeologico e sugli orari di apertura è possibile
consultare il sito dedicato http://www.velia.it/
Fonti:
Giovanna Greco e Fritz Krinzinger – Velia. Studi e ricerche; Marcello Gigante –
Il logos erodoteo sulle origini di Velia
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