Nuova puntata
dello stucchevole e allucinante atteggiamento turco riguardo il genocidio
armeno. Secondo la Comunità Armena d'Italia l'Ambasciatore Turco in Italia ha
spedito una lettera ai presidenti dei Consigli comunali di numerose località
italiane che in passato hanno votato documenti di solidarietà al popolo armeno e
di riconoscimento del genocidio.
Nella stessa
l’Ambasciatore fa riferimento a una sentenza della Grande Camera della Corte
Europea dei diritti dell’uomo e cerca di far credere ai suoi interlocutori che
la stessa abbia classificato il genocidio armeno come un falso storico.
La sentenza del
15 ottobre del 2015 (n° 27510/08) a cui fa cenno il diplomatico di Ankara
riguarda, come riportato nella dichiarazione fatta alla stampa dallo stesso
tribunale, “la violazione dell’art 10 (Libertà di espressione) della
Convenzione Europea dei diritti dell’uomo”. Pertanto, osserva la Comunità
Armena d'Italia in una nota, nulla ha a che vedere con i fatti storici e con
gli eventi drammatici che gli armeni dovettero subire per mano dell’impero
ottomano nel 1915, come la deportazione di massa ed i massacri, che la Corte
non esita a sottolineare distinguendo il tema della libertà di espressione da
quello storico e ribadendo ancora una volta la incontrovertibilità dei fatti.
E osserva:
“L’ambasciatore turco non pago delle immense sofferenze inflitte agli armeni da
parte dei suoi avi, non pago della politica negazionista che la Turchia conduce
da più di cent’anni mistificando i fatti storici, prova anche in questo caso a
manipolare la realtà storica e giuridica cercando di far credere che la
sentenza a cui fa riferimento è un “forte avvertimento giuridico” ed
“costituisce un precedente importante per casi simili agli eventi del 1915”
mentre come già accennato essa non ha alcun rilievo giuridico per quanto
riguarda la “storia” ma si riferisce sic et simpliciter “alla libertà di
espressione”, quella stessa “libertà” che oggi viene negata e calpestata nel
suo paese, dove migliaia di insegnanti, giornalisti, politici di opposizione e
scrittori sono processati e incarcerati, dove vige una politica di persecuzione
verso le minoranze etniche, e dove coloro che scappano dalle guerre sanguinose
dei paesi limitrofi subiscono ulteriori maltrattamenti e vengono spesso
sfruttati come merce di scambio.
Avendo ricevuto
evidentemente direttive al riguardo da colui che ormai comunemente etichettato
come “dittatore” o “sultano” (il presidente Erdogan) il rappresentante di
Ankara rinnova la tesi negazionista che da oltre un secolo è il filo conduttore
della politica del suo Paese. Osa etichettare come “illazioni degli armeni” le
verità storiche sul genocidio del 1915, classifica la vasta produzione
documentale come “informazioni distorte”.
Dimentica
l’Ambasciatore che il primo ad aver condannato in contumacia i diretti
responsabili del genocidio armeno fu proprio il tribunale militare turco il cui
atto d’accusa del 12 aprile 1919 affermava che “i crimini commessi durante la
deportazione degli Armeni, in luoghi e momenti diversi, non erano episodi
isolati e locali ma una forza locale e centrale organizzata, che ha premeditato
tutto ed ha fatto eseguire gli ordini con istruzioni riservate e verbali” come
si evince dalla montagna di documentazione prodotta a riguardo.
Non si poté usare
il termine giuridico “genocidio”, anche se la definizione dei fatti è
facilmente riconducibile ad esso, solo perché tale termine fu coniato in
seguito, ed in chiaro riferimento al genocidio degli armeni, da un giurista
ebreo-polacco di nome Raphael Lemkin, che era stato testimone di quanto avvenne
agli armeni.
Nel suo delirio
negazionista l’ambasciatore turco dimentica che fu proprio il Parlamento
Europeo nel 1987 a votare una risoluzione in cui si constatava che “durante la
Prima Guerra Mondiale i massacri perpetrati dalla Turchia costituiscono crimini
riconosciuti dall’ONU come genocidio. La Turchia è obbligata a riconoscere tale
genocidio e le sue conseguenze“. Risoluzione ribadita anche il 15 aprile del
2015 dove si deplorava “fermamente ogni tentativo di negazionismo”.
Secondo la
Comunità Armena d'Italia l’ambasciatore Esenli non manca di condire la sua
lunga epistola con la consueta ventilata “minaccia” sulle relazioni
diplomatiche ed economiche fra i due Stati, alludendo che “alcuni ambienti”
cercano di politicizzare la storia e trarre inimicizie dal passato per
danneggiare la collaborazione Italia-Turchia, ma lo stesso dimentica che il suo
paese, in barba alla politica di buon vicinato imposta dall’Unione Europea,
tiene chiusi unilateralmente i suoi confini con la vicina Armenia ed ha invaso
militarmente, dal 1974, la parte Nord dell’isola europea di Cipro. Finge
evidentemente di ignorare che la credibilità delle istituzioni e dei
rappresentanti turchi in questo momento storico è pressoché nulla ma vorrebbe
dare lezioni ai rappresentanti del popolo italiano sul rispetto delle opinioni
commettendo però un grave errore diplomatico nell’interferire nelle “attività”
di un paese sovrano. Un errore che meriterebbe un richiamo ufficiale da parte
della Farnesina.
Il “Consiglio per
la comunità armena” nel condannare, ancora una volta e con sempre maggiore
forza, il negazionismo di uno Stato che non riesce a far pace con la propria
storia, uno Stato che non esita a bombardare villaggi curdi nel nord della
Siria e in Irak, uno stato i cui governanti sono una minaccia per la stessa
popolazione della Turchia, ringrazia tutti gli italiani che hanno mostrato
vicinanza e solidarietà al popolo armeno e hanno scelto di stare dalla parte
della verità e della giustizia.
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