In Grecia molti
profughi minorenni vendono il proprio corpo nelle piazze e parchi pubblici per
trovare i soldi necessari a proseguire il loro viaggio verso il Nord Europa. In
alcuni casi, la prostituzione diventa l’unico mezzo per riuscire a sfamarsi e
sopravvivere.
Per le migliaia
di adolescenti afghani, iracheni o siriani la fuga dalla guerra e dalla
persecuzione si ferma in Grecia, e lì inizia un inferno fatto di prostituzione,
violenze e abusi. Un’emergenza nell'emergenza, come l’hanno definita Vasileia
Digidiki e Jacqueline Bhabha autori di una ricerca per conto dell’università
nordamericana di Harvard sullo sfruttamento sessuale dei minori nel Paese
ellenico. Nel loro rapporto, i due ricercatori hanno raccolto le testimonianze
di pediatri, psicologi, personale di Ong e funzionari greci. Il quadro che ne
esce è desolante: bambini e adolescenti costretti a vendere il proprio corpo
per racimolare i soldi necessari a pagare i trafficanti e proseguire così il resto
del viaggio verso il Nord Europa. E, in alcuni casi, la prostituzione diventa
l’unico mezzo per riuscire a sfamarsi e sopravvivere.
Una situazione di
squallore diffusa sia nelle città sia nelle isole che ospitano i migranti: ad
Atene, Salonicco, Lesbo e Chios, lo sfruttamento sessuale dei minori avviene
alla luce del sole. Nella centrica piazza della Vittoria o nel Pedion tou
Areos, il più grande parco pubblico di Atene, ogni giorno giovanissimi afghani,
siriani o pachistani si prostituiscono per pochi spiccioli. “Ho visto
personalmente – ha raccontato uno dei volontari che si occupano dei minori –
gli adulti avvicinarsi ai ragazzi in modo sospetto”. In molti casi il
personale delle Ong nulla può fare per impedire questo avvilente mercato del sesso.
Gli adolescenti con più di quindici anni, infatti, possono muoversi
liberamente, senza accompagnatore, rendendoli però facile preda degli
sfruttatori: uomini disposti a pagare quindici euro per un rapporto sessuale,
consumato all'ombra di un albero dell'immenso parco o in qualche sordido hotel
della zona. “Non ho mai pensato che un giorno avrei fatto una cosa simile – ha
detto uno dei ragazzi obbligato a prostituirsi – ma quando ho finito i soldi,
sono stato costretto”.
Dopo la chiusura
della rotta balcanica, i contrabbandieri hanno aumentato i prezzi per
trasportare i migranti e così, per i tanti minori non accompagnati e senza
nessuna risorsa finanziaria, cadere nella prostituzione diventa inevitabile,
nella convinzione che sia la loro unica speranza. “Non lo faccio perché mi
piace – confida un altro minore – ma non ho più soldi, non ho altra scelta”. La
prostituzione – fanno notare Digidiki e Bhabha – non garantisce di guadagnare
abbastanza per lasciare la Grecia: rappresenta, piuttosto, l’unica forma di
sopravvivenza. E a questa situazione di degrado, si aggiunge anche la
dipendenza dalle droghe. “Volevo un futuro migliore – racconta un giovane – ma
con le droghe e con quello che sto facendo la mia mente ormai è distrutta”. Il
giro del sesso a pagamento dei giovani profughi è destinato ad aumentare
perché, come ha ammesso uno degli assistenti sociali citati nello studio: “Se
uno dei ragazzi racconta com'è riuscito a procurarsi i soldi, allora altri
faranno lo stesso”. Le conseguenze della prostituzione sui migranti minorenni
sono devastanti: la più immediata è l’aumento delle malattie sessualmente
trasmissibili poiché gli sfruttatori impongono di non usare preservativi. A
questo si aggiunge – secondo i pediatri e gli psicologi intervistati nel
rapporto – la depressione e un profondo senso di vergogna, comuni tra i bambini
sessualmente abusati.
Sono oltre
cinquemila i minori non accompagnati che vivono nelle strutture di accoglienza
greche in attesa che gli venga riconosciuto il diritto d’asilo. La maggior
parte di loro sono adolescenti provenienti dall'Afghanistan, dalla Siria e dal
Pakistan, costretti a vivere assieme agli adulti. Proprio questa promiscuità –
sostengono i ricercatori dell'università di Harvard – sarebbe l’origine dei
primi abusi sessuali. Il personale delle Ong ha dichiarato che è difficile
stimare la reale portata del fenomeno all'interno dei campi profughi greci, in
quanto molte delle vittime per paura non denunciano le violenze.
“E’ nostra
responsabilità come esseri umani affrontare questa emergenza e agire
immediatamente a ogni livello per mettere fine alla più atroce delle
violazioni della dignità e dei diritti umani", ha sottolineato
Digidiki. “Questo rapporto documenta un aspetto scioccante e dilagante
dell'attuale crisi dei rifugiati: l'esposizione di bambini molti piccoli allo
sfruttamento sessuale come strategia di sopravvivenza", ha rimarcato
Bhabha. “La mancanza di informazioni affidabili sul fenomeno – continuano gli
autori – rafforza la falsa percezione che gli abusi sessuali sui migranti
minori siano limitati e, come conseguenza, non diventino una priorità per i
governi e le organizzazioni umanitarie”. Digidiki e Bhabha auspicano interventi
urgenti a livello nazionale, regionale e internazionale in materia di
migrazioni. "Gli Stati membri dell'Unione Europea – concludono –
dovrebbero rispettare il loro impegno a trasferire immediatamente i rifugiati
che ne hanno diritto, in particolare i bambini". Ma la situazione è ben
diversa: il programma europeo di redistribuzione dei migranti, infatti, stenta
a decollare, soprattutto per la resistenza di alcuni Paesi.
Intanto, a poco
più di un anno dalla firma dell‘accordo tra Unione europea e Turchia sulla
gestione dei flussi migratori, come ha denunciato un rapporto di Save the
Children, tra i bambini rifugiati e migranti si registra un “aumento allarmante
dei casi di autolesionismo e tentativo di suicidio, aggressività, ansia e
depressione”. Alcuni bambini, anche di 12 anni, hanno tentato il suicidio generando
anche un meccanismo di emulazione tra i loro coetanei.
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