La Pasqua è
una delle Feste cristiane per eccellenza, ma incorpora tradizioni precristiane
legate alla primavera e alla fertilità.
Giusy Virzì, 16-09-2016
Per i greci antichi, infatti, il mito del ritorno dal mondo sotterraneo alla luce del giorno di Persefone, figlia di Demetra, dea della terra, simboleggiava il rinascere della vita a primavera, dopo la desolazione dell’inverno.
I frigi
credevano che la loro divinità principale si addormentasse all’arrivo
dell’inverno e durante l’equinozio primaverile celebravano cerimonie con
musiche e danze per risvegliarla.
Αποτέλεσμα
εικόνας για proserpina e pasquaIl nome “Pasqua“, deriva dal latino pascha e
dall’ebraico pesah, per effettuare un esame etimologico della parola Pasqua,
però, dobbiamo rifarci al termine inglese “Easter” che ci riporterebbe ad
antichi culti legati al sopraggiungere della primavera e in particolare ad una
antica divinità pagana, la Dea Eostre.
Questa
antica Dea della mitologia nordica, viene menzionata per la prima volta dal
Venerabile Bede (679-735) nel suo “De Temporum Ratione” dove è messa in relazione
alla primavera e alla fertilità dei campi.
Infatti il
nome sembrerebbe provenire da aus o aes e cioè Est, dunque è una divinità
legata al sole nascente e al suo calore, del resto il tema dei fuochi e del
ritorno dell’astro sarà un tema ricorrente nel proseguo delle tradizioni
pasquali.
johannes%20gehrts%20-%20ostaraIl
Grimm, noto studioso di mitologia nordica nel suo “Teutonic Mythology” descrive
Eostre come una divinità pagana portatrice di fertilità e la collega alla luce
dell’Est e in particolare all’equinozio di Primavera che veniva chiamato dai
popoli celti “Eostur-Monath” e successivamente di “Ostara“.
Anche nel
simbolismo della croce di Cristo si ritrovano elementi che rimandano a culti
antichi: la croce, come simbolo, è in relazione col numero 4, che è il numero
tradizionale dell’universo terreno, degli elementi, del quadrato, delle
stagioni, dei fiumi del Paradiso, delle virtù cardinali, degli evangelisti. La
croce rappresenta la doppia congiunzione di punti diametralmente opposti, è il
simbolo dell’unità degli estremi , come cielo e terra, in essa si congiungono
tempo e spazio, ancor prima di Cristo è il simbolo universale della mediazione.
Presso
diverse tradizioni la croce viene paragonata “all’albero del mezzo”, come
rappresentazione dell’asse del mondo, è la linea verticale a rappresentare
quest’asse, essa è rappresentata dal tronco dell’albero, mentre i rami
raffigurano l’asse orizzontale.
Secondo il
simbolismo biblico è “l’albero della Vita” ad essere nel centro del giardino
dell’Eden, insieme all’albero della Conoscenza del bene e del male.
Con la
caduta, all’uomo viene impedito l’accesso al centro, cioè all’albero della
Vita, l’uomo perde così il senso dell’eternità, ritornare al centro significa
riacquistare il senso dell’eternità.
Sul Golgota,
la croce di Cristo, ossia l’albero della Vita, è raffigurata fra le croci del
ladrone buono e cattivo ossia l’albero del bene e del male, la dualità.
Si schiude
come per incanto la spiegazione di un rituale creduto cristiano ma che affonda
le sue radici nel paganesimo, i “sepolcri“, realizzati il Venerdì Santo per il
Cristo con piante, spighe e fiori, sembrano veri “giardini” come quelli che
venivano realizzati sulla tomba del dio morto.
Anche la
simbologia dell’agnello o meglio del “capretto” sarebbe strettamente legata al
culto arboreo nello stesso significato della lepre per la Dea Eostre: la capra
infatti, errando nei boschi, rosicchia le cortecce degli alberi danneggiandoli
notevolmente, ma solo al dio della vegetazione era permesso nutrirsi della
pianta da esso personificata, e dunque lo stesso animale non può che essere
sacro.
Come nel
caso delle uova, l’uomo antico mangiando la carne dell’animale crede di
acquistare e assorbire una parte di divinità, pertanto il cibarsi di animali
sacri per il dio è un sacramento solenne come la celebrazione di Gesù,
rappresentato da un Agnello che ancora oggi, in molte parti di Italia si
consuma”…io sono l’Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo…”.
L’uovo,
infatti, rappresenta la Pasqua nel mondo intero: c’è quello dipinto,
intagliato, di cioccolato, di terracotta e di carta pesta, ma mentre le uova di
cartone o di cioccolato sono di origine recente, quelle vere, colorate o dorate
hanno un’origine radicata nel lontano passato.
Le uova,
forse per la loro forma e sostanza molto particolare, hanno sempre rivestito un
ruolo unico, come simbolo della vita in sé, ma anche del mistero, quasi della
sacralità.
Già al tempo
del paganesimo in alcune credenze, il Cielo e la Terra erano ritenuti due metà
dello stesso uovo e le uova erano il simbolo del ritorno della vita, gli
uccelli infatti si preparavano il nido: a quel punto tutti sapevano che
l’inverno ed il freddo erano ormai passati.
I Greci, i
Cinesi ed i Persiani se li scambiavano come dono per le feste Primaverili, così
come nell’antico Egitto le uova decorate erano scambiate all’equinozio di
primavera, data di inizio del “nuovo anno”, quando ancora l’anno si basava
sulle le stagioni.
L’uovo era
visto come simbolo di fertilità e quasi di magia, a causa dell’allora
inspiegabile nascita di un essere vivente da un oggetto così particolare.
Le uova
venivano pertanto considerate oggetti dai poteri speciali, ed erano interrate
sotto le fondamenta
degli edifici per tenere lontano il male, portate in grembo dalle donne in
stato interessante per scoprire il sesso del nascituro e le spose vi passavano
sopra prima di entrare nella loro nuova casa.
Le uova,
associate alla primavera per secoli, con l’avvento del Cristianesimo divennero
simbolo della rinascita non della natura ma dell’uomo stesso, della
resurrezione del Cristo: come un pulcino esce dell’uovo, oggetto a prima vista
inerte, Cristo uscì vivo dalla sua tomba.
Nella
simbologia, le uova colorate con colori brillanti rappresentano i colori della
primavera e la luce del sole, quelle colorate di rosso scuro sono invece
simbolo del sangue del Cristo.
L’usanza di
donare uova decorate con elementi preziosi va molto indietro nel tempo e già
nei libri contabili di Edoardo I di Inghilterra risulta segnata una spesa per
450 uova rivestite d’oro e decorate da donare come regalo di Pasqua.
Ma le uova
più famose furono indubbiamente quelle di un maestro orafo, Peter Carl Fabergé,
che nel 1883 ricevette dallo zar Alessandro, la commissione per la creazione di
un dono speciale per la zarina Maria.
Il primo
Fabergé fu un uovo di platino smaltato bianco che si apriva per rivelare un
uovo d’oro che a sua volta conteneva un piccolo pulcino d’oro ed una miniatura
della corona imperiale. Gli zar ne furono così entusiasti che ordinarono a
Fabergé di preparare tutta una serie di uova da donare tutti gli anni.
L’uovo
diventa così un potente talismano di fertilità e vita come testimoniato dalle
usanze delle uova sacre Russe o Ucraine ove il cibarsi di questo alimento
celebrerebbe la rinascita del sole e il ritorno delle stagioni dell’abbondanza.
Inoltre
sappiamo che Pasqua può essere fino a tre settimane lontano dal Passover,
letteralmente “passare oltre” riferendosi all’Angelo della morte che “passò
oltre” le porte delle case che gli Ebrei avevano segnato col sangue.
Le nostre
Bibbie traducono semplicemente “Pasqua”, perché la festa pagana è regolata
sempre come la prima domenica successiva alla prima luna piena dopo l’equinozio
di primavera.
Una ricerca
di Giusy Virzì
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