Evelyn De
Morgan (1855 - 1919). La Pozione d’Amore
Sono appena
passati vent’anni dalla prima commercializzazione del Viagra, la pillola
azzurra che ha, in gran parte, risolto la disfunzione erettile. Fu una
rivoluzione epocale nel campo dell’andrologia che, prima del Viagra, basava le
terapie soprattutto su fastidiose iniezioni.
ANDREA CIONCI, 11/04/2018
«Oggi, ad
avvalersi di questo medicinale vasodilatatore a base di Sildenafil – spiega
l’urologo Alberto Pansadoro - sono soprattutto uomini sopra i 50, spesso
diabetici, o magari con 30 anni di fumo alle spalle. Il tabagismo è, infatti,
tra le principali cause di impotenza: rovina le arterie e siccome quelle del
pene sono molto piccole e delicate, sono fra le prime ad essere danneggiate.
Tuttavia, il medicinale è prescritto anche per quei giovani che hanno problemi
di natura psicologica. A volte, capita che di fronte a qualche primo “insuccesso”,
essi entrino in un circolo vizioso di inibizione. Il Viagra costituisce allora
un appiglio per la propria sicurezza».
L’ENERGIA
PSICHICA DI AFRODITE
Per quanto
la pillola blu agisca dal punto di vista puramente organico è interessante
notare come l’erezione maschile sia l’unica manifestazione del corpo umano che,
da sola, non dipende dalla volontarietà e, al tempo stesso, non è una funzione
spontanea come, ad esempio, la digestione o la respirazione. Essa è legata alla
più vitale fra le pulsioni umane, la libido, un’energia psichica, una spinta
vitale che esula dalla sfera sessuale e può esser sublimata e investita in
interessi come l’arte, la politica, lo studio, la ricerca, insomma, in tutto
ciò che è alla base della civiltà umana.
Diviene
particolarmente interessante scoprire come, nella storia, l’uomo abbia cercato
di conservare e potenziare questa energia vitale ricorrendo ai cosiddetti
afrodisiaci: cibi particolari, filtri e pozioni. Il nome deriva da Afrodite,
dea greca dell’amore, della bellezza, della sessualità e della lussuria.
Data la
forte componente psicologica nella funzione sessuale, questi rimedi – quando
non si rivelavano direttamente dannosi - potevano risultare efficaci grazie al
cosiddetto effetto placebo.
Afrodisiaco
poteva essere considerato un cibo dalle effettive proprietà vasodilatatorie,
oppure un frutto o un ortaggio la cui forma richiamava gli organi genitali
maschili o femminili, oppure si trattava semplicemente di un ingrediente
circondato da un’aura di misteriosa rarità, buono per scatenare la fantasia e
l’autosuggestione. In molti casi, tuttavia, le pozioni create da maghi e
fattucchiere erano venefiche per l’organismo o comunque dannose alla salute.
GLI
EGIZI
Finocchio,
melograno, giglio d’acqua, ninfea azzurra, mandragora erano considerati gli
afrodisiaci più raffinati dagli antichi Egizi, mentre le ricette stimolanti più
comuni erano a base di sapori piccanti: zenzero, vino al coriandolo e ravanelli
mischiati a miele. Ancor oggi l’aggettivo “piccante” usato metaforicamente, è
indissolubilmente legato all’eros.
La cipolla,
infatti, era considerata una vera “bomba” tanto da essere proibita ai sacerdoti
che avevano pronunciato voti di castità. Tra gli alimenti dalla forma vagamente
fallica, vi era la lattuga, pianta sacra del dio della fertilità Min. Ci sono
pervenute anche le preparazioni di unguenti specifici: «Pesta foglie di
giuggiolo e di acacia nel miele e applicalo poi come un impiastro».
Nel papiro
magico di Londra e Leida si consiglia invece un unguento di scorza di acacia
triturata mista a miele, mentre in un altro testo viene raccomandata, per lo
stesso uso, la spuma proveniente dalla bocca di uno stallone.
La «Bella
Festa della Valle» in onore di Hathor, la dea dell’amore, del sesso,
dell’ebbrezza, della nascita prevedeva riti orgiastici durante i quali si
faceva uso di bevande inebrianti, vino e birra mescolati ad additivi
rinforzanti o sinergici.
I GRECI
La vita
nacque circa quattro miliardi di anni fa nel mare, (secondo alcuni studi,
grazie alle sorgenti idrotermali sul fondo degli oceani). Con rara intuizione,
Esodo e altri poeti ellenici tramandavano che Afrodite fosse nata proprio dalla
spuma del mare fecondata dai testicoli di Urano scagliati in mare da suo figlio
Cronos.
Non a caso,
per gli antichi Greci, tutti i cibi di provenienza marina erano considerati
favorevoli a una buona performance erotica: pesci, tra cui lo storione e il suo
caviale; crostacei, come soprattutto le ostriche. Tra i vegetali, le carote, le
cipolle e i tartufi.
Nel mondo
ellenico, il traffico di prodotti afrodisiaci e talismani era florido, e i
rimedi più popolari venivano forniti principalmente dalle prostitute sacre e
dalle sacerdotesse. Curiosa rimane la prescrizione del medico Galeno che
consigliava i pinoli, mentre le lenticchie venivano ritenute un cibo utile alla
longevità della funzione sessuale.
I
ROMANI
«Amatoria
pocula»: così i Romani chiamavano i filtri d’amore, allora molto commerciati.
«Si trattava di una vera piaga sociale - spiega l’archeologo Carlo Di Clemente
- in quanto tali intrugli erano spesso tossici, se non letali per l’organismo.
Basti pensare che oltre a mandragora, noce vomica – contenente stricnina – si
utilizzavano ingredienti repellenti come cuori di rospo o perfino resti umani,
come il grasso di impiccato. Spesso il tutto veniva rimescolato in un
teschio.
Per
associazione, i Romani erano soliti cibarsi anche dei genitali di vari animali
dotati di temperamento selvaggio o “lascivo”, come asino, cervo o lupo. Anche
il poeta Ovidio metteva in guardia contro l’uso di questi veleni».
Il fenomeno
assunse le proporzioni di un’emergenza pubblica tanto da condurre l’imperatore
Vespasiano (69-79 d.C.) a emanare un decreto che condannava a morte chi fosse
stato colto a preparare o distribuire tali misture.
Svetonio
tramanda come l’imperatore Caligola, da uomo savio e morigerato, si fosse
trasformato in un folle proprio per l’uso di queste droghe: «Si crede che sua
moglie Cesonia gli fece bere un filtro d’amore, ma che ciò lo rese pazzo».
I medici
romani consigliavano, piuttosto, rimedi blandi e naturali, fra questi la rucola
che cresceva intorno alle statue di Priapo, la cannella, e ancora una volta,
cipolle, pinoli e ostriche.
«Il più
terribile degli eccitanti era però considerato il sangue umano – continua Di
Clemente – dopo i giochi gladiatorii, sovente gli spettatori sfogavano le loro
pulsioni nei lupanari. Non a caso il sangue dei gladiatori veniva raccolto e
venduto come afrodisiaco. Anche per questo, il verbo fornicare deriva da fornix
(fornice) in riferimento agli archi dei circhi e degli anfiteatri».
IL
CRISTIANESIMO
Al degrado
morale del periodo della decadenza di Roma pose un freno l’avvento del
Cristianesimo che tentò (e in parte vi riuscì) di ricondurre la sessualità
nell’alveo generativo e affettivo del matrimonio.
Dopotutto,
le comunità monastiche conservarono - con prudenza e segretezza - i precetti
degli antichi, ma sfruttarono le antiche conoscenze piuttosto per allontanare
le tentazioni e per supportare la castità dei religiosi. Un ruolo chiave era
quello attribuito all’alimentazione. Erano infatti scoraggiati il consumo di
carne rossa e cipolle.
Così
sentenziava San Girolamo: «All’avidità di cibo si accompagna sempre la
lascivia» e Sant’Ambrogio: «Come il satollarsi scaccia la castità, così la fame
è amica della verginità e nemica della lussuria».
Per sopire
gli istinti di nobildonne e uomini di chiesa, si consigliava l’uso di una pianta
officinale dotata di poteri sedativi: l’Agnocasto (Vitex agnus castus) chiamato
anche «il pepe dei monaci» per via dei semi rotondi e neri.
Una grande
novità, per i laici, fu quella dell’arrivo delle spezie dall’Oriente, che offrì
un vasto panorama di sostanze eccitanti spesso accompagnate da leggende
fantastiche sulla loro provenienza: chiodi di garofano, noce moscata, cannella,
zenzero, zafferano e coriandolo. Il loro costo era alto e quindi costituivano
uno status symbol molto ricercato.
EPOCA
MODERNA
Nel
Rinascimento vi fu una prima presa di coscienza da parte dei medici – e non
solo - circa il fatto che il potere di questi rimedi fosse in gran parte di
natura psicologica. «La mandragola» è infatti la celebre commedia di Niccolò
Machiavelli, capolavoro del teatro italiano del Cinquecento che, per l’appunto,
prende in giro i creduloni. Lo sciocco Messer Nicia, nel desiderio di avere un
erede dalla giovane moglie, accetta di essere cornificato dando retta alle
ingannevoli prescrizioni del giovane Callimaco il quale, travestito da medico,
gli consiglia proprio la radice di mandragora.
«Secondo una
macabra superstizione – spiega il neuropsichiatra Giuseppe Magnarapa – la
mandragora era una pianta che cresceva dalle secrezioni rilasciate dagli
impiccati. Ricorrono spesso nel ricettario stregonesco turpi ingredienti legati
a questi condannati a morte. Anche nel Macbeth, le streghe gettavano nel fuoco
“grasso colato giù dalla corda di un impiccato”. Tali credenze si dovevano al fatto
che durante l’impiccagione il corpo del condannato reagiva spesso con
un’erezione provocata dallo stiramento meccanico del midollo lombare che
sollecitava i centri preposti al funzionamento dell’apparato urogenitale».
IL “SECOLO
DEI LUMI” E L’OTTOCENTO
Nel
Settecento la fanno da padrone le carni rosse e la selvaggina, (prediletta era
la carne di pavone) spesso cucinate e servite nelle case di tolleranza insieme
a elaborate salse piccanti. Si affermano i cibi provenienti dalle Americhe:
pomodori, patate del Perù e il cioccolato.
Più tardi
entra in gioco la chimica, con un uso massiccio della polvere di cantaridina,
ricavata dalle elitre di un insetto, la Lytta vescicatoria, che però provocava
irritazione e congestione di vie urinarie e genitali. La sostanza è fatale se
si oltrepassa una certa quantità. La si è usata – male - anche in tempi
relativamente recenti: nel 1987 un giovane cuoco di Forlì è morto fra dolori
atroci per averne assunto una dose dodici volte superiore a quella letale.
DROGA E
ALCOL CONTROPRODUCENTI
Soprattutto
dal secondo dopoguerra, la diffusione delle droghe ha soppiantato gli antichi
rimedi magici e i cibi ritenuti, a torto o a ragione, stimolanti. “In generale
– continua il Dott. Pansadoro – l’effetto delle droghe, oltre a creare
assuefazione e ad essere devastante per l’organismo e per il cervello comporta
l’effetto di rendere più facile l’abbandono dei freni inibitori ma, di
converso, trattandosi spesso di principi vasocostrittori, inibiscono l’erezione.
Anche l’alcol produce disinibizione, ma essendo depressivo del sistema nervoso
centrale ha effetti negativi sui centri nervosi che regolano i meccanismi
erettili».
IL POTERE
DELLE PAROLE
Suscita
quasi compatimento questo affannarsi dell’uomo, nella storia, a cercare rimedi
e pozioni, nell’illusione di fermare e trattenere un attimo di paradiso.
Molti
intellettuali, con considerazioni più o meno sarcastiche hanno identificato nel
potere, nel denaro, nella fama, nel successo, nella varietà, nel proibito,
nella gelosia i più potenti afrodisiaci.
Ce n’è
ancora un ultimo, potentissimo, di cui non abbiamo ancora trattato, che ha
attraversato la storia dell’uomo fin dall’antichità: le parole, dette, o
scritte. Dai papiri nilotici, al Cantico dei Cantici, alla poesia di Catullo,
ai carmina medievali, alle pergamene e alle lettere scritte col pennino e la
biro, fino alle email e alle chat di oggi, le parole, anch’esse dosate
attentamente come in un laboratorio alchemico, calibrate attraverso l’istinto e
la consapevolezza, hanno prodotto un’infinità di portentose ricette generate
dal sentimento e dall’attrazione fra i sessi.
Tra attesa e
fantasia, tra pulsione fisica e comunicazione verbale, le parole amorose hanno
suscitato e nutrito il desiderio in miliardi di unioni, aiutando uomini e donne
ad abitare l’uno nell’immaginario dell’altro e confermando che la sessualità
umana è un mistero ben più grande di un atto meccanico.
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