A tutti
quelli che sono venuti almeno una volta in Grecia è capitato sicuramente di
vedere uomini di ogni età tenere in mano una specie di “collana” formata da
piccole pietre e passarla ritmicamente tra le dita.
Questo
elemento così particolare della cultura greca- molti di voi lo sapranno- si
chiama komboloi (κομπολόι, plurale κομπολόγια komboloya). Si tratta di una fila
di perle passate su una sottile corda le cui estremità vengono legate tra di
loro e spesso sormontate da un’altra perla.
Ai più
questo oggetto più sembrare solo uno strumento contro la noia, un anti-stress o
un metodo per evitare di fumare troppo. Il komboloi ha sicuramente tutte queste
funzioni ma è comunque, nel suo complesso, molto di più.
Il komboloi
non è semplice passatempo per i greci, ma una filosofia; li accompagna in ogni
momento della giornata, nei momenti di gioia e di dolore. E’ un fedele compagno
che addolcisce la loro anima, li solleva dallo stress, soffre e festeggia
insieme a loro.
Il komboloi
è composto da perle di diversi materiali (legno, ceramica, vetro, osso) ed è
presente in diverse gradazioni di colori. I komboloya più prestigiosi sono
comunque quelli in ambra.
L’origine
del komboloi è tuttora incerta poichè assomiglia a strumenti di preghiera
presenti in molte religioni e ciò rende difficile l’attribuzione univoca ad una
cultura di provenienza. A differenza di questi però il numero delle pietre del
komboloi può variare e le perle possono scorrere lungo il filo che le tiene
insieme.
Il komboloi
è stato dapprima un simbolo di potere delle alte classi sociali: i signori
locali portavano con loro un pesante e prezioso komboloi che terminava con
un’estremità di seta da poter accarezzare.
Il
trascorrere del tempo lo ha reso però un accessorio ad appannaggio di
particolari categorie di uomini che vivevano ai margini della società come i
rembetes (musicisti di musica rembetika) e di altri personaggi che una volta si
guadagnavano il sospetto se non il disprezzo delle classi più elevate. Tra
questi i manghes* (μάγκες), che utilizzavano il rumore prodotto dallo schiocco
delle pietre le une sulle altre per annunciare in maniera scenografica la loro
presenza.
I manghes
elaborarono a questo scopo un loro tipo di komboloi togliendone la parte finale
in seta in quanto rendeva più difficoltoso il poter girare e far colpire le
pietre fra di loro. Questa variante, più funzionale, è quella tuttora più
diffusa in commercio.
Il
trascorrere del tempo ha fatto in modo che il komboloi conquistasse tutte le
classi sociali divenendo molto popolare ma restando comunque un accessorio
prettamente maschile.
Acquistare
un komboloi è spesso un piccolo investimento, monetario e sentimentale. Non
solo perché si tratta di un oggetto che spesso accompagna il proprietario per
molto tempo e in ogni situazione ma perché alcuni di questi oggetti possono
arrivare a costare cifre non indifferenti se realizzati a mano e con materiali
pregiati.
I komboloya
più elaborati, prodotti artiginalmente con pietre semi-preziose o metalli di
valore si trovano in appositi negozi chiamata kombologàdika. Questo tipo di
sono diffuse in tutta la Grecia ma la città che detiene il primato della
produzione è sicuramente Nafplio dove è possibile visitare addirittura il
“Museo del komboloi”.
*Μάγκες
(manghes)= si tratta di personaggi dell’Atene degli anni ’70-80 dell’800
provenienti delle classi sociali più basse e caratterizzati da un’esagerata
sicurezza di sè mista a prepotenza. Tipico del mangha era l’aspetto che
prevedeva lunghi baffi, scarpe con la punta e immancabile komboloi. Alla
cintura portavano spesso piccole armi (non erano rari, tra manghes, episodi di
violenza). Sono figure molto colorite e hanno lasciato comunque un segno nella
cultura greca moderna.
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