Non sono un granché da decenni, ma oggi sono ancora meno intensi del solito: c'entrano le risorse naturali, ma anche il tentato colpo di stato contro Erdoğan.
All’inizio di dicembre dello scorso anno Recep Tayyip
Erdoğan fece una visita storica in Grecia, la prima di un presidente turco in
più di 60 anni. In diversi parlarono della possibilità che il viaggio di
Erdoğan potesse contribuire a migliorare i rapporti tra i due paesi, da sempre
tesi per questioni storiche, politiche e territoriali, ma fondamentali per la
stabilità del Mediterraneo orientale e per la gestione di diversi grandi
problemi europei, come quello dei flussi migratori.
Le aspettative dei più ottimisti, però, sono state presto
disattese. Negli ultimi tre mesi non solo non sono stati risolti i vecchi
problemi, ma ne sono venuti fuori di nuovi, che hanno complicato ancora di più
le relazioni tra Grecia e Turchia.
Che le intenzioni di Erdoğan non fossero completamente
pacifiche era emerso fin da subito, per la verità. Prima di arrivare in Grecia,
Erdoğan aveva dato un’intervista al quotidiano greco Kathimerini in cui
chiedeva che venisse rivisto il Trattato di Losanna del 1923, quello che alla
fine della Prima guerra mondiale aveva stabilito i confini territoriali della
Turchia e aveva sancito la nascita della Repubblica turca al posto dello
sconfitto Impero ottomano. Erdoğan aveva ripetuto la sua richiesta durante una
conferenza stampa congiunta con il presidente greco Prokopis Pavlopoulos, che
con molto disagio aveva risposto che il trattato «non era negoziabile»; aveva
citato in particolare la situazione di alcune isole date alla Grecia nonostante
fossero al largo delle coste turche, e aveva parlato di quella che lui e molti
altri politici nazionalisti turchi definiscono la “minoranza turca” in Grecia,
invece che “minoranza musulmana”, suggerendo l’esistenza di aspirazioni
territoriali precise (la Turchia è un paese a stragrande maggioranza musulmana,
la Grecia ortodossa). Erdoğan aveva per esempio chiesto alle autorità greche di
ampliare i diritti dei musulmani nella Tracia, una regione del nord della
Grecia, permettendo loro di eleggere un proprio leader religioso.
Nelle ultime settimane la situazione è diventata ancora
più tesa. Il 27 marzo un tribunale turco ha negato la possibilità di cauzione a
due soldati greci che diverse settimane prima erano stati arrestati per avere
superato il confine tra Grecia e Turchia. I soldati hanno raccontato di essere
finiti in territorio turco per sbaglio, a causa della neve e della nebbia, ma
la giustizia turca li ha accusati di spionaggio.
Mentre il primo ministro greco Alexis Tsipras comparava
Erdoğan a un sultano e lo accusava di trattare i soldati greci come ostaggi, la
Turchia chiedeva alla Grecia che venisse accettata la richiesta di estradizione
di otto soldati turchi fuggiti attraverso il mar Egeo e arrivati in Grecia dopo
il tentato e fallito colpo di stato contro Erdoğan del 2016. La questione dei
turchi scappati in Grecia è diventata uno dei punti di maggiore discordia tra i
due paesi. Dal luglio 2016 i cittadini turchi che hanno chiesto asilo politico
in Grecia sono stati circa 2mila: lo hanno fatto per lo più civili vicini a Fethullah
Gülen – il religioso in auto-esilio negli Stati Uniti e accusato dal governo
turco di avere organizzato il colpo di stato contro Erdoğan – ma anche docenti
universitari, attivisti di sinistra e curdi. La Grecia, ha scritto Zia Weise su
Politico, è diventato una specie di inaspettato “santuario” per i cittadini
turchi scappati dalla repressione del governo di Erdoğan.
I momenti di tensione sono stati anche altri. Pochi
giorni fa, hanno detto funzionari greci, un aereo da guerra greco è precipitato
nel mar Egeo mentre stava tornando da una missione per intercettare un aereo
turco che aveva violato lo spazio aereo greco. Il pilota che guidava l’aereo è
morto nello schianto. La Grecia non ha comunicato pubblicamente le cause
dell’incidente e la Turchia ha negato che nell’area ci fossero suoi aerei da
guerra. Come hanno notato diversi analisti, però, nelle ultime settimane gli
incontri sopra il mar Egeo tra aerei da guerra greci e turchi sono stati sempre
più frequenti: il 9 aprile la Grecia ha detto che i suoi soldati avevano
sparato come segno di avvertimento diversi proiettili traccianti contro un
elicottero turco che aveva le luci spente e aveva sorvolato l’isola greca di
Ro, nell’Egeo meridionale.
È difficile dire se le tensioni delle ultime settimane
porteranno a uno scontro più aperto tra Turchia e Grecia, o se in qualche modo
saranno riassorbite. Sembra comunque improbabile che i rapporti tra i due paesi
si normalizzino nel breve periodo, soprattutto perché il conflitto non riguarda
solo questioni politiche contingenti, ma anche la gestione delle risorse
strategiche e la sovranità di Cipro, isola del Mediterraneo orientale che dalla
metà degli anni Settanta è divisa in due, turchi a nord, greci a sud.
All’inizio del 2018 è stata scoperta una nuova riserva di gas nel Mediterraneo
orientale, ma la Turchia ha bloccato fin da subito i tentativi di Cipro greca
di sfruttare il giacimento. L’Economist ha scritto che la Turchia potrebbe
pagare il suo progressivo isolamento e ha aggiunto che un confronto violento con
la Grecia – voluto o risultato di un incidente – potrebbe essere solo questione
di tempo.
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